VC, investimenti, lo scenario globale

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Negli ultimi mesi si sta assistendo a un cambiamento del mercato globale degli investimenti nelle società quotate che riguarda anche colossi del tech come per esempio Netflix e Meta. C’è chi ha paura che tale momento possa comportare un rallentamento degli investimenti anche nel mercato privato: private equity e venture capital quindi a rischio, e, per effetto domino, anche le startup. Non ultima notizia, il via libera della Fed, la banca centrale statunitense, al maggior rialzo dei tassi di interesse degli ultimi quarant’anni per mitigare l’exploit inflazionistico. I rumor che girano sui social impazzano e richiedono un continuo fact-checking: all’inizio di quest’anno Tiger Global e D1 Capital stavano ritirando gli investimenti nel late-stage. Poi un mese fa è stato il caso di SoftBank che ha annunciato che sarebbe diventata molto più selettiva nei deal dopo una perdita di 27,7 miliardi di dollari sugli investimenti nel suo Vision Fund del 2021. Infine, la notizia di qualche settimana fa del più grande acceleratore di startup della Silicon Valley, Y combinator: “nessuno può prevedere quanto andrà male l’economia, ma le cose non sembrano buone”, ha scritto YC in una lettera inviata ai fondatori del suo portafoglio intitolata “Recessione economica”. Sommando altri elementi come Gorillas che licenzia il 50% dei suoi dipendenti e Klarna che ne lascia a casa il 10%, secondo alcuni si potrebbe trattare del fallimento del mercato startup, secondo altri invece il ridimensionamento di alcuni investimenti su business model molto capital intensive e con valutazioni legate troppo al fast scaling: aziende con poco tech alle spalle e focalizzate soprattutto su leve di tipo finanziario. Se fosse vera la seconda ipotesi, l’ecosistema innovativo si ripulirebbe dagli eccessi del mercato di riferimento, personaggi e situazioni improbabili, lasciando spazio finalmente alle realtà più solide e meno vulnerabili. Risulterebbero quindi compromesse tutte quelle realtà poco sostenibili con un core business di prodotti o servizi che costano all’azienda più di quanto incassi, e anche quelle realtà facilmente replicabili, ovvero che hanno ossigeno solo grazie a grossi investimenti in marketing e politiche aggressive di lead generation e mancanti di una vera tecnologia o soluzione innovativa difficilmente replicabile. Fallirebbero così le startup, per esempio, di food delivery o intrattenimento, perché il loro prodotto/servizio non offrirebbe una necessità mancante a un problema, bensì un bisogno. Tutto questo se la bolla fosse davvero scoppiata e il periodo di recessione fosse davvero iniziato anche nel private equity  Guardiamo all’ Europa, per poi focalizzarci sul nostro Paese. In merito il fattore, circostanza che darebbe adito a queste teorie sulla recessione del private equity sarebbe dovuta proprio all’interpretazione sullo sviluppo delle strategie di investitori non tradizionali, come gli hedge fund, che possono essere in un momento la soluzione (investono più di tutti) e in un altro momento la preoccupazione (investono cambiando da un giorno all’altro strategia investendo solo in fasi seed e early stage, come starebbe succedendo). è quanto viene riproposto in continuazione dall’attuale dibattito, ovvero se le loro strategie di investimento potrebbero compromettere le valutazioni delle startup europee. Chi controbatte queste interpretazioni, fonda invece la sua analisi sulle valutazioni attuali delle startup: esse non sarebbero scese di round, né per i livelli seed, né tantomeno per serie A, B, C e così via. Non sarebbero mutate né le dinamiche di mercato  né la tipologia di startup in cui si investe, ma sarebbero solo scesi i valori dei round late-stage pre-collocamento in Borsa, perché la stessa è scesa a causa della pandemia e guerra in Ucraina.

Startup Genome

Il report di Statup Genome sul 2021, uscito qualche giorno fa, conferma i dati del late-stage nell’anno precedente:

In Europa

L’ammontare del capitale investito nelle startup, il volume delle transazioni e le exit hanno raggiunto i massimi storici nel 2021. Nel 2021 l’Europa ha registrato oltre 10mila operazioni di venture, per un totale di quasi 103 miliardi di euro (quasi 2.900 operazioni sono state finanziate per la prima volta, per un totale di 9,9 miliardi di euro.) Per mettere queste cifre in prospettiva, nel 2020 l’Europa ha registrato circa 2.400 operazioni di venture deal, per un totale di 3,6 miliardi di euro. Il 2021 ha portato quasi cinque volte il numero di operazioni e oltre 28 volte la valutazione dell’anno precedente. Il 2021 ha portato anche il più grande valore totale di capitale proprio che le startup tecnologiche europee abbiano mai visto. Secondo Dealroom e Atomico, per la prima volta nel 2021 il valore totale delle azioni ha superato i 3mila miliardi di dollari (considerando le startup sia nel mercato pubblico sia in quello privato). Uno dei motori della crescita sta proprio nell’interesse di quelle società di investimento internazionali, come SoftBank, Tiger Global, ma anche Coatue, e Balderton Capital, i quali hanno cercato le startup europee e la sola Balderton Capital si è assicurata circa 1,3 miliardi di dollari circa per due nuovi fondi nel 2021. Nel 2021 i funding VC europei  sono stati superiori del 128% rispetto al 2020, con aumenti in tutte le fasi. L’importo dei finanziamenti early-stage è aumentato del 47% dal 2020 al 2021.

In Nord America

Con la Silicon Valley, New York e Boston, il Nord America rimane ancora leader mondiale nella produzione di startup, con il 47% della quota sul totale globale. Questa quota, in termini di investimenti in early-stege è scesa dal 25% nel 2012 al 13% nel 2021. Poiché i finanziamenti in early-stage sono un indicatore di primo piano del futuro della tecnologia, questa tendenza suggerisce che la crescita della tecnologia altrove continuerà a essere più veloce di quella della Silicon Valley. Nello stesso periodo, rispetto al 2020 nel 2021 i finanziamenti in late stage sono aumentati del 137% in termini di importo e del 39% in termini di numero di round, mentre quelli in early-stage hanno registrato una crescita del 43% in termini di importo, ma i serie B+ ha registrato un incremento molto maggiore, pari al 140% nello stesso periodo. Dunque il report di Startup Genome evidenzia come rispetto al 2020, si è assistito a un aumento generale della crescita delle exit e a un rallentamento generale della crescita dei round di serie A. L’aumento della crescita delle exit ha aiutato gli investitori a conservare i titoli negoziabili altamente liquidi e considerati come contanti, come dimostra il record di investimenti in VC.

Pitchbook

Nei report relativi al 2021secondo Pitchbook i finanziamenti in VC sono stati garantiti grazie al numero degli investitori non tradizionali, che continuano ad iniettare capitali, grazie ai tassi di interessi ridotti e al public equity, ma grazie anche alle startup nate nel 2020/2021 e a quelle già in essere che sono state in grado di far crescere gli utenti, aumentare i ricavi mensili ricorrenti e migliorare i Cagr, il che ha aiutato le loro valutazioni e attratto capitali. I tassi di interesse ridotti, i bassi profili di rendimento in altre strategie di investimento e la volatilità del public equity, hanno spinto i finanziatori a iniettare capitale nel VC. Inoltre, l’incertezza macroeconomica e la potenziale stagflazione creata dalla pandemia non hanno smorzato gli investimenti in venture capital da fonti non tradizionali. Le valutazioni mediane pre-money nella fase early-stage e in quella late-stage stabilivano un ritmo sostenuto nel primo semestre del 2021, indipendentemente dal tipo di investitore coinvolto, e stavano superando le cifre del 2020. L’espansione delle opzioni di capitale da canali nuovi e non tradizionali era stato un fattore enorme che aveva consentito la crescita delle startup negli ultimi anni. Nel report relativo Q1 2022 sembra rappresentare uno scenario simile In EuropaI tassi di inflazione record hanno iniziato a soffocare le economie in Europa e potrebbero dimostrare un ostacolo impegnativo per imprese e consumatori che cercano di crescere. I tassi di interesse sono aumentati negli Stati Uniti e nel Regno Unito per combattere l’inflazione e potrebbero aumentare ulteriormente; questo potrebbe in definitiva porre fine alla disponibilità di capitale a basso costo che è sempre stato presente nel settore (VC) per diversi anni. Relazioni tese ostacoleranno la crescita a lungo termine e investimenti che si basano sulla globalizzazione e sulla libertà dei confini europei. Sebbene il VC sia relativamente isolato dal mercato pubblico, una politica fiscale più restrittiva e una situazione macroeconomica debole, ridurrà la propensione al rischio degli investitori e li ostacolerà nei flussi di investimento”. Eppure più avanti si legge nel report:   “Nonostante i rialzi dei tassi di interesse per combattere la pressione inflazionistica, nel 1° trimestre (2022) le transazioni di capitale di rischio sono rimaste sostenute. Tuttavia, con l’emergere degli effetti economici della pandemia e l’aumento del costo della vita in tutta Europa, e mentre l’invasione dell’Ucraina continua a causare incertezza, il 2022 potrebbe essere un anno impegnativo per le aziende e i privati in tutta Europa. Il VC late-stage ha continuato a sostenere le cifre del valore delle operazioni in tutta Europa nel 1° trimestre del 2022, con 19,7 miliardi di euro di investimenti, pari al 71,6% del totale complessivo. L’apporto di capitale in late-stage si è sviluppato negli ultimi anni, grazie alla maturazione degli ecosistemi regionali e all’attrazione di investimenti da parte di una serie di ricchi finanziatori internazionali e non tradizionali. In generale, le aziende in late-stage si sono sviluppate in modo impressionante durante il 2022”. Passiamo a quanto Pitchbook ha evidenziato proprio sugli investitori non tradizionali, in questo caso sia gli hedge fund sia CVC: “Negli ultimi anni, gli investitori non tradizionali, compresi gli investimenti banche, società di PE, hedge fund, fondi pensione, SWF (sovereign wealth fund) e i CVC hanno rafforzato il loro investimenti all’interno dell’ecosistema VC europeo. Nel primo trimestre 2022, VC è rimasto il valore dell’operazione con il coinvolgimento degli investitori non tradizionali forte a 21,3 miliardi di euro, al passo con il record annuale stabilito 2021. Società sostenute da VC che utilizzano tecnologie innovative hanno fornito un’interessante opportunità per i non tradizionali. Dal punto di vista degli investitori, i finanziatori non tradizionali hanno puntato su società a forte crescita operanti in settori con ampi margini economici a lungo termine. Le società all’avanguardia sostenute da VC sono potenzialmente in grado di fornire rendimenti superiori ai portafogli che potrebbero risentire di rendimenti inferiori derivanti da allocazioni di asset orientate verso obbligazioni o azioni pubbliche. Sviluppo tecnologico o di nuovi mercati, fanno spesso parte di una strategia di investimento lungimirante. Dal punto di vista delle startup, il capitale, combinato con l’esperienza di investitori non tradizionali come i CVC, può essere fondamentale per il successo di una nuova impresa. Le profonde sinergie, le partnership strategiche e le vaste reti hanno aiutato le società in portafoglio e gli investitori aziendali sottostanti a proteggere i flussi di reddito dalla volatilità futura, a promuovere la crescita sottostante in nuovi settori e a trattenere i talenti. Inoltre, gli investitori non tradizionali, comprese le istituzioni finanziarie, hanno creato team di investimento in VC per generare rendimenti più elevati sugli investimenti rispetto ad altri prodotti finanziari”. Rimarchiamo il tema sugli hedge fund che al momento tanto dibattuto immetterebbero più capitale nella fase seed ed early-stage, ritirando gli investimenti in fase late-stage e dalle società pre-IPO, prendendo direttamente l’analisi di PB sul VC Valutation Q1 2022.

Early stage

Rimane sorprendente che la valutazione mediana pre-money della fase seed ha raggiunto gli 11,5 milioni di dollari nel 1° trimestre. Gli investitori in fase di seed stanno pagando un prezzo più alto di quello degli ultimi anni. La quota mediana acquisita è diminuita negli ultimi due trimestri, probabilmente a causa di un aumento della concorrenza nella fase di seed, che sta facendo aumentare i prezzi e un ambiente più favorevole ai fondatori. Le operazioni early-stage sono un po’ più isolate dalle turbolenze dei mercati pubblici di quanto non lo siano quelle late-stage all’inizio. Quanto più a lungo persistono questi venti contrari, tanto più i cambiamenti nel ciclo di vita delle imprese si faranno sentire. Nel 1° trimestre, molte tendenze in early-stage hanno continuato a muoversi come se nulla fosse cambiato. Il numero di operazioni è stato forte, se non il più alto mai visto, e le dimensioni e le valutazioni delle operazioni hanno continuato a crescere. Il secondo trimestre potrebbe essere molto diverso. Le società early-stage hanno aggiunto valore quasi allo stesso ritmo delle società late-stage che hanno raccolto round nel 1° trimestre, con la mediana della velocità di creazione del valore (VVC), ovvero la cifra in dollari annualizzata della crescita della valutazione – ha raggiunto gli 83,0 milioni di dollari. Ben al di sopra del 2021, la VVC indica che gli elevati multipli di valutazione visti in early stage degli ultimi anni non hanno ancora risentito l’impatto dei tassi d’interesse, dell’inflazione o di altri venti contrari del mercato.  Su base percentuale, la creazione di valore per le operazioni early-stage ha raggiunto il 231,2% nel trimestre.  La disponibilità di capitale in early-stage potrebbe attenuare il repricing”.

Late stage

“Il ritardo riscontrato nei dati privati manterrà gran parte dell’impatto immediato della volatilità pubblica e dell’aumento dei tassi di interesse dei dati complessivi del 1° trimestre. Tuttavia, nelle valutazioni in late-stage, l’impatto di questi venti contrari si sta manifestando come ci aspettavamo. La valutazione media pre-money in late-stage è diminuita dai massimi del 2021, insieme al dato del primo decile. Le aziende più vicine ai mercati pubblici hanno riscontrato un sentimento molto diverso da parte degli investitori, dato che i titoli tecnologici hanno subito il peso della volatilità del mercato negli ultimi mesi. Anche la dimensione mediana delle operazioni di late-stage è scesa rispetto ai massimi del 2021. La cifra di 14,0 milioni di dollari del 1° trimestre è una delle più alte che abbiamo visto per qualsiasi trimestre del nostro set di dati; in effetti, è più alta di qualsiasi altro trimestre oltre a quelli del 2021. Anche in questo caso, ci vorrà del tempo prima che i venti contrari continuino a filtrare completamente nei dati. C’è anche una grande quantità di dry powder nei mega-fondi VC (di dimensioni 500 milioni di dollari o più) pronti a sostenere il late-stage, e gli stepup sono rimasti elevati. Una diminuzione della valutazione mediana non riguarderà necessariamente le società che hanno raccolto negli ultimi trimestri, all’apice del mercato. Pertanto, riteniamo che le società late-stage che raccolgono in questo contesto di rallentamento possano ottenere ancora aumenti elevati rispetto alle loro precedenti valutazioni”. Secondo la loro analisi il VC europeo in late-stage nel primo trimestre del 2022 è stata una conferma rispetto ai dati dell’anno precedente, con 19,7 miliardi di euro di investimenti, pari al 71,6% del totale. Si sono sviluppate infusioni di capitale in late-stage fortemente negli ultimi anni come hanno fatto gli ecosistemi regionali maturato e attratto investimenti da una gamma di ricchi finanziatori internazionali e non tradizionali. Le società in late-stage si sono sviluppate in modo impressionante durante la pandemia quando l’attività di VC è salita a nuovi livelli nel 2021: società basate su applicazioni di settori disruptive come food delivery, retail, fintech e healthcare. Allora, perché tanto rumore sul late-stage? Uno dei problemi alla base di questo fenomeno è riconducibile al fatto che molti investimenti del 2021 nell’early-stage sono stati fatti proprio da quei grossi hedge fund che negli ultimi tre anni hanno spostato la loro strategia in modo aggressivo in questo settore – esempio Tiger Global, con perdite per circa 17 miliardi di dollari durante la svendita delle azioni tecnologiche di quest’anno. Non solo ma aveva già quasi abbandonato gli accordi di venture capital in late-stage all’inizio di febbraio. E così anche l’altro colosso che ha investito in molti round di investimento in late-stage negli ultimi anni, SoftBank: secondo PitchBook, in seguito alle perdite di 27 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2022, ha deciso di rallentare il ritmo degli investimenti.  Gli hedge fund, i così detti investitori non tradizionali, secondo PitchBook, rappresentato il 78% di dollari investiti nel 2021. Questa loro strategia sta davvero intaccando le valutazioni delle startup? È risaputo che il venture capital che investe in società private è de-correlato dai mercati pubblici e il più delle volte anti-ciclico rispetto all’andamento dell’economia. C’è chi è dell’idea quindi che tutto ciò potrebbe porsi come l’opportunità di recuperare un po’ di strada rispetto ai competitor europei, accorciandosi le distanze su valutazioni, tipologie e dimensioni dei round. A dar maggior conforto a questa visione di valutazioni incontrollate è proprio la situazione attuale in cui i grandi VC si stanno interessando alla fase seed con fondi dedicati. Centinaia di milioni da investire solo in società seed potrebbero spingere le valutazioni ancora più in alto nel 2022? Basterebbe guardare la valutazione delle società quotate al Nasdaq: da dicembre a oggi, quelle di società big tech, come Apple, Google e Amazon, sono crollate (tra il 20-30% del valore di mercato); le tecnologiche che si sono quotate nell’ultimo anno come Affirm sono arrivate a perdere il 90% del loro valore. Startup valutate miliardi cominciano a licenziare personale e a ridurre le ambizioni. Per non parlare di fondi che hanno investito in società tecnologiche, come citato prima i casi di Softbank o Tiger, che hanno registrato perdite miliardarie.

Global Corporate Venturing

Negli Stati Uniti, le valutazioni azionarie sarebbero molto elevate: come espresso nel report di James Mawson, editor in chief, Global Corporate Venturing, l’attuale Cape ratio è pari a 38, un livello che era più alto solo durante il picco della bolla delle dotcom del 2000. Non sorprende quindi che un “muro di denaro” sia entrato nell’economia del capitale innovativo alla ricerca di rendimenti. L’anno scorso sono stati battuti record in tutti i settori, dagli investimenti alle exit e al fundraising, e un numero sempre maggiore di aziende ha avviato i propri programmi di venture.  La seconda sfida è che, nonostante questi sforzi, il “muro di denaro” e la concorrenza degli investitori per lavorare con i migliori imprenditori rimangano intensi. Per aggiudicarsi i deals, il CVC tende a rivolgersi sia all’early-stage sia a fornire round più consistenti al late-stage con un chiaro allineamento strategico. Quest’ultimo è più facile se hanno un track record, come Boeing, Telstra, Swisscom o Sapphire di SAP, che consente loro di raccogliere capitali di terzi. Le buone società di venture stanno anche sfruttando maggiormente i loro talenti interni per incubare o costruire imprese, potenzialmente con funding esterni per sostenere le società in portafoglio e convalidare le opportunità che vedono. Alla fine dell’articolo infatti proponiamo proprio questa soluzione anche per il venture italiano. Ecco dove trova spiegazione il cambio di strategia degli hedge fund: come si legge nell’articolo di aprile sempre del Global Corporate Venturing, i mercati delle IPO, merge e M&A hanno già subito un forte rallentamento nel primo trimestre 2022 e sembrano destinati a rimanere sottotono nel secondo. Le emissioni delle IPO si sono fermate a fine febbraio per l’escalation della guerra in Ucraina. Ma il crollo dei volumi delle IPO è dovuto principalmente al calo del 90% del numero di società di acquisizione a fini speciali (SPAC) che hanno potuto quotarsi negli Stati Uniti nel primo trimestre 2022. Ora, le acquisizioni target di SPAC erano spesso startup in perdita, e questo prosciugamento della liquidità potrebbe quindi mettere in crisi l’M&A come via d’uscita e aumentare la pressione su queste società per raccogliere ulteriori round, anche se a valutazioni inferiori. Inoltre, il calo delle valutazioni del mercato pubblico si è ripercosso sulle valutazioni corrette degli investimenti in venture capital. «L’hedge fund di punta di Tiger Global Management – secondo l’articolo di GCV – ha subito un calo di quasi il 34% nel primo trimestre, a causa delle scarse performance dei titoli e delle svalutazioni delle partecipazioni private, secondo una lettera agli investitori visionata dai giornalisti di Bloomberg. Con il senno di poi, nel 2021 avremmo dovuto vendere un numero maggiore di azioni del nostro portafoglio”, scrive la società nella lettera. “Stiamo rivalutando e perfezionando i nostri modelli utilizzando tutti gli input a nostra disposizione”. Passiamo a SoftBank.  Ha una liquidità stimata di 23 miliardi di dollari e si è detta fiduciosa di continuare a investire, anche se a un ritmo più lento rispetto alle circa 200 operazioni effettuate nel 2021. Parlando a una conferenza sul venture capital a Los Angeles nel mese di marzo, Nagraj Kashyap, socio dirigente del Vision Fund di SoftBank, ha affermato che il fondo intende effettuare meno investimenti, ma con maggiore convinzione. “C’è un lento reset delle aspettative che si sta diffondendo nei mercati privati”, ha detto Kashyap come riportato dal Financial Times. “È chiaro che non hanno raggiunto i mercati pubblici”. Logan Bartlett, partner della società di venture capital Redpoint, nella sua relazione sullo stato del mercato attuale ha concordato che “i mercati privati non hanno ancora subito una correzione significativa”. Ha sottolineato che le transazioni a 100-200 volte i ricavi ricorrenti annuali (ARR) avvengono ancora regolarmente. Bartlett ha aggiunto in sintesi: “Possiamo cercare di trarre spunto dalla bolla internet e dalla crisi immobiliare per capire come potrebbe avere un impatto sui mercati privati. Ciascuna di esse ha impiegato circa 10 trimestri per passare dal picco al minimo. Ciò significa che siamo ancora a 2,5 anni dal fondo”. Ma, se pensiamo che i mercati dei capitali privati oggi sono molto più grandi di quanto non lo fossero nel 2000 o nel 2008, un mercato in fermento come quello del private equity avrà un impatto maggiore rispetto agli effetti della bolla delle dot com 20 anni fa. Ragioniamo: le società di investimento non registrate – che comprendono fondi di venture capital, hedge e private equity – detengono un patrimonio netto di oltre 14 miliardi di dollari, mentre l’intero settore bancario statunitense detiene solo poco più di 20 miliardi di dollari di attività. La natura dei fondi dovrebbe comportare quindi un rischio sistemico ridotto rispetto ai derivati tossici delle banche, ma la distruzione di una grande quantità di denaro farà comunque male e causerà cicatrici.

Il ruolo del CVC

Tornando all’Italia, una delle strategie – non unica – potrebbe essere, non tanto l’investimento in early-stage o late-stage, quanto soprattutto farlo nel CVC. Gli investimenti dei CVC a livello globale l’anno scorso sono stati circa 169,3 miliardi dai 70,1 miliardi del 2020. È vero che nel 2021 il totale dei round è stato di 317 per un valore di circa 992 milioni di euro (dati VeM 2021), che comunque ha rappresentato quasi il doppio degli investimenti del 2020 (543 milioni), ma investire in questo canale venture nel medesimo periodo (pandemia e guerra) vorrebbe dire andare incontro non solo al nostro ecosistema di startup, ma anche alle nostre corporate. Se è vero che il gap italiano nel venture è non accelerare il mercato dei capitali (investire poco) ma l’innovazione (nascita di nuove startup ogni anno), un’altra frattura sta nelle nostre corporate e grandi gruppi industriali che di fronte al crescere dell’innovazione e ora di fronte alla digital trasformation e transizione energetica, dovranno per forza riconvertire i propri processi: pensiamo al dibattuto tema che vede i gasdotti essere riconvertiti per trasportare presumibilmente idrogeno. Questo gap potrebbe essere colmato dal CVC, senza ripercorrere gli errori del passato, ovvero cercare di avere manager interni che conoscano l’azienda dando allo stesso tempo fiducia all’azienda, partecipazione di imprenditori (magari nuovi) nell’equity e soprattutto andando a portare anche le PMI – debolezza e allo stesso tempo forza del nostro Paese – a fare innovazione investendo nelle startup. Lo stesso sta avvenendo per esempio con la PA tramite i fondi del PNRR. Negli ultimi mesi infatti in Italia sono state lanciate  tantissime “call for idea” per startup, indette dalle corporate per andare a snellire, contaminare e velocizzare i propri processi. (Photo by David Watkis on Unsplash )

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