Troiani (Bip): grandi aziende italiane lontane dalle startup

“Il vero problema da noi è una cultura startup troppo orientata a modelli di tipo business to consumer, diversamente da quanto per esempio avviene in Francia dove è più spiccato il business to business, e ciò rallenta il processo di avvicinamento alle startup da parte delle grandi aziende italiane le quali, per parte loro, tendono inoltre ad avere un atteggiamento piuttosto superficiale, più legato alla comunicazione e al fare vedere che al fare e al creare valore quando si tratta di interfacciarsi con il mondo delle startup”, così esordisce Fabio Troiani, amministratore delegato di Bip, neo membro del board di Endeavor Italy e attivo anche con alcuni di fondi di investimento italiani come United Ventures, 360Capital Partners e P101.

Fabio Troiani

“Stiamo assistendo a un fenomeno di servification dell’economia di cui pochi si stanno rendendo conto e anche il governo appare distratto in tal senso altrimenti non avremmo una legge su industria 4.0 che incentiva l’acquisto robot ma non i software che i robot li gestiscono. Il problema è che l’establishment economico italiano fatto da organizzazioni come grandi aziende, banche, compagnie di telecomunicazione, non partecipa attivamente quanto dovrebbe e potrebbe al movimento dell’innovazione e quindi all’investimento in idee che non possono essere cercate all’interno di tali organizzazioni, ma devono essere cercate sul mercato, i grandi attori che mancano nello sviluppo dell’ecosistema delle startup sono quindi le grandi aziende”. “Il motivo per cui partecipiamo a Endeavor e anche all’iniziativa B Heroes è perché voglio investire capitale umano per trovare skill da portare sia in Bip sia nelle grandi aziende nostre clienti per aiutare i manager a comprendere come i nuovi paradigmi possono cambiare i loro modelli di business. Ciò che voglio fare è mandare le mie persone in questi contesti per fare mentoring, per diffondere la cultura dei prodotti user centric e non technology centric, e nel frattempo far in modo che tali persone conoscano da vicino come ragionano le startup, per me partecipare all’attività di mentoring a B Heroes significa anche fare formazione per i miei e così anche per Endeavor e quindi fare poi in modo che i miei così formati possano portare la cultura dell’innovazione dentro alle aziende più grandi con le quali lavoriamo”. Questo mentoring a due direzioni è una delle leve sulle quali Troiani intende costruire la sua strategia per avvicinare le grandi imprese al mondo delle startup ma non è il solo canale: “Con Fausto Boni di 360 Capital Partners abbiamo creato un programma di ricerca finanziamenti dentro le grandi aziende facendogli vedere la pipeline delle opportunità e facendogli vedere le aziende innovative che 360 Capital Partners ha in portafoglio”, spiega e aggiunge: “le corporation devono capire, selezionare e comprendere i vantaggi di questo processo, ovviamente c’è molta resistenza dovuta a rendite di posizione e relazioni con i fornitori perché le startup rompono anche il sistema di fornitori e di outsourcing”. Le corporation hanno una capacità ancora relativa di interrogarsi su come le nuove cose possono accrescere il loro business, ma la consapevolezza sta crescendo ed è per questo che ritengo molto positivo che sia in B Heroes sia in Endeavor siano attivamente partecipi molti imprenditori di organizzazioni consolidate, ciò perché sono loro, insieme ai manager, gli elementi sui quali lavorare. Non voglio parlare della ‘corporate Italia’, ma della community dei manager e degli imprenditori italiani, è a loro che io vendo i nostri servizi ed è a loro che intendo rivolgermi nell’accrescere la sensibilità verso l’innovazione delle startup, sono queste comunità di esperienza trasversali rispetto sia al settore sia alla presenza geografica che rappresentano per noi l’interlocutore ideale”. Questo processo di accelerazione del cambiamento della mentalità necessario per ottenere il meglio dal momento e dal contesto attuale si innestano secondo Troiani in un ambito che deve essere di respiro quantomeno europeo e che dovrebbe essere supportato da normative maggiormente lungimiranti con un sostegno all’investimento in intelligenza e non solo in macchine perché a fare la differenza sarà sempre di più la creatività e ciò soprattutto in un Paese come il nostro dove questi sono elementi strutturali da sempre del tessuto economico. “Dobbiamo investire i soldi nelle tecnologie digitali e nell’uso che di esse se ne deve fare per accrescere la competitività in ogni settore e a ogni livello, compreso per esempio quello degli artigiani, dobbiamo investire sulla formazione permanente e su modelli di business innovativi di tipo B2B che sono quelli che meglio attecchiscono nel mondo delle grandi imprese e sono quelli che meglio le società di consulenza come la nostra conoscono e quindi possono implementare e tradurre in valore”. @emilabirascid

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