Tre startup dell’idrogeno verde ‘decentralizzato’ da tenere d’occhio

C’è l’italiana, la statunitense e l’olandese e hanno alcune caratteristiche chiave in comune, che sono valse loro la vittoria della seconda edizione del GreenHydrogenTech Accelerator lanciato lo scorso marzo e conclusosi a luglio, da Deloitte Officine Innovazione, insieme ai partner Acea, Istituto Italiano di Tecnologia e Smau L’obiettivo era individuare le soluzioni offerte dalle startup più innovative lungo l’intera value chain dell’idrogeno verde. Le tre startup vincitrici, tra le oltre 260 realtà internazionali partecipanti, hanno tutte un vantaggi: la decentralizzazione, ovvero la possibilità di produrre localmente idrogeno in maniera indipendente dalla rete, e la modularità, cioè la possibilità di comporre facilmente le dimensioni dell’impianto in funzione delle proprie esigenze. Proprietà fondamentali che presentano grandi potenzialità in termini di scalabilitàefficienza e diffusione delle soluzioni sul territorio.

Ecco chi sono:

– la startup italiana è Green Independence: sta sviluppando un pannello solare che, in contemporanea, è capace di produrre energia elettrica, acqua potabile da acque e idrogeno verde. È stata fondata nel 2020 da Alessandro Monticelli, che dice: “Immaginate un mondo dove le stazioni ferroviarie, gli aeroporti, i porti, le nostre case possono produrre, stoccare, distribuire idrogeno verde. La nostra tecnologia proprietaria, che consiste in un pannello solare di nuova generazione, permette di raggiungere tale scopo”. La nuova tipologia di pannelli solari, denominata NAL, ideata da Green Independence, integrando una cella elettrochimica e un sistema di purificazione delle acque di scarto, è in grado di produrre idrogeno verde. Secondo le stime della startup, sarebbe sufficiente installare 50 mq di pannelli NAL per ciascun abitante per rendere l’Italia indipendente energeticamente dai combustibili fossili;

– è statunitense Ways 2h, che sta sviluppando un impianto in grado di produrre idrogeno da svariate tipologie di rifiuti (biomassa, fanghi di depurazione, rifiuti sanitari, rifiuti alimentari, plastica, legno, carta, rifiuti urbani). La startup ha sviluppato un processo proprietario che permette di decomporre la materia prima trasformandola in syngas, miscela di gas essenzialmente composta da CO e H2, da cui viene poi estratto l’idrogeno. Il processo, così, sarebbe in grado di auto-alimentarsi dal punto di vista energetico con emissioni molto limitate rispetto ai requisiti normativi europei. Questo sistema permetterebbe di produrre idrogeno a basse emissioni, in maniera continua e pianificabile, risolvendo un problema rilevante da punto di vista ambientale ed economico: quello dello smaltimento dei rifiuti. L’impianto standard possiede una taglia ridotta (20m X 20m) e un design modulare, rappresentando quindi una soluzione flessibile che permette di produrre idrogeno in maniera decentralizzata rispetto alla rete. Inoltre, la possibilità di realizzare soluzioni modulari e di piccola scala può favorire la diffusione di comunità integrate, riducendo anche i vincoli relativi al trasporto di questo vettore energetico. La comunità diverrebbe indipendente anche per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, i quali verrebbero riutilizzati appunto per la produzione dell’idrogeno in ottica di economia circolare;

– la startup olandese Hyet E –Trol ha elaborato un elettrolizzatore  capace di produrre idrogeno già ad alta pressione, permettendo di ridurre il costo di produzione dell’idrogeno verde, barriera che oggi lo rende poco competitivo rispetto ai combustibili fossili. Secondo le stime fornite dalla startup, l’utilizzo di questo elettrolizzatore ridurrebbe fino al 35% i costi di investimento per la produzione di idrogeno verde ad alta pressione e migliorerebbe l’efficienza di conversione del sistema del 15%. L’elettrolizzatore di HyET E-Trol comporterebbe costi di investimento e operativi inferiori alle soluzioni tradizionali, accelerando così la transizione verso l’utilizzo di idrogeno verde soprattutto nelle industrie “Hard-to-Abate”, che comprendono settori molto inquinanti e difficili da decarbonizzare, come quello dell’acciaio, della produzione chimica, della carta, della ceramica e del vetro.

L’idrogeno verde è una delle soluzioni su cui si punta sia in ottica di transizione ecologica, sia in relazione all’emergenza ‘energia’ accesa dalla guerra russo-ucraina.

Lo sviluppo di tecnologie rinnovabili come l’idrogeno verde offrirebbe all’Italia un chiaro vantaggio in termini di indipendenza energetica, data la relativa scarsità di risorse come il petrolio o il gas naturale e l’abbondanza di sole, vento, risorse idriche e di altro tipo. “Per accelerare le innovazioni necessarie alle sfide già in essere, bisogna focalizzare l’attenzione innanzitutto sulle trasformazioni che possono cambiare significativamente il nostro modo di vivere e le nostre abitudini come cittadini. Tra queste, lo sviluppo dell’idrogeno verde è un abilitatore chiave della transizione sostenibile – sostiene in una nota Andrea Poggi, North-South Europe Innovation leader di Deloitte – . Il tempo di investire nell’innovazione è adesso: solo con più innovazione concreta e basata sul trasferimento tecnologico tra startup e imprese consolidate potremo vincere la sfida energetica e posizionare l’Italia in prima linea nell’acquisizione di competenze e leadership in nuovi ambiti, come quello della produzione dell’idrogeno. L’obiettivo? Andare verso un’Italia e un’Europa più sostenibili, competitive e inclusive”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Iscriviti alla newsletter