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Il founder & CEO di una startup è una figura d’imprenditore innovativo variegata, con diverse sfumature di grigio che si posizionano su una scala che va dal “Resiliente” “all’Ottusangolo”, passando per il “Resistente”. Che cosa sia la resistenza lo sanno tutti. E’ la capacità di sopportare le avversità e perseguire i propri obiettivi. Invece il termine “Resilienza” è definito come “la capacità di affrontare i continui cambiamenti riuscendo sempre a venirne fuori in modo positivo (Janine Waldman e Paul Z Jackson, “Resilienza Pocketbook”, Giunti Editori). Resilienza è sopportazione + capacità di adattamento. Diceva Darwin: non è la specie più forte a sopravvivere ma quella che si adatta più velocemente all’ambiente Ottusangolo invece è una definizione televisiva. “L’ottusangolo” era un personaggio del “Grande Fratello”, che non brillava certo per le sue capacità intellettive. Non me ne voglia chi elogia ogni evento, fatto o inezia che ruota intorno al mondo delle startup. Un po’ di ironia e autoironia non guasta. Lo startupper Ottusangolo è l’antitesi di quello resiliente: non si adatta ai cambiamenti, persiste ossessivo nella propria convinzione. Puntando ad adattare l’ambiente a se’ stesso e non viceversa. Non cerca il confronto con la realtà, ma lo evita con grande abilità. Thomas Edison disse: “Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato”. Tutto vero, ma a meno che non ci sia JPMorgan a finanziarti, ad un certo punto bisogna fermarsi. Già proprio qui sta il punto. Fino a quando la Resilienza non si tramuta in bruta resistenza e questa degenera nella compulsiva ostinazione dell’Ottusangolo? Ho conosciuto startupper resilienti. La maggior parte appartiene però alla categoria dei “resistenti”, veri e propri incassatori. E non è di per se’ un male. Edison docet. Dietro a una startup c’è sempre una visione, un paradigma. E come diceva il filosofo Kuhn, i paradigmi non si sgretolano facilmente. Li ripariamo continuamente per rendere conto delle eccezioni, dei fatti che non si spiegano, delle confutazioni. Lo startupper “resistente” è un po’ dogmatico. I paradigmi perdurano però perché oltre a essere continuamente riaggiustati hanno un qualcosa di vero. E poi ho conosciuto gli startupper ottusangoli, che hanno una convinzione ossessiva, compulsiva. Una fede incrollabile e irrazionale. Non una mera idea di business. Ma una filosofia intera. Una nuova visione del mondo. Generalmente offrono in sacrificio la propria vita privata e professionale al loro demone. E anche se partono con buone intenzioni, ad un certo punto perdono l’equilibrio. Ho creato una mappa che permette di distinguere i founder resilienti, dai resistenti e dagli ottusangoli. Sulla base del differente approccio che questi hanno rispetto all’idea di business, con gli investitori, con il team, con lo stile di management.
Startupper Resilienti
· L’idea di business è il pretesto per una grande opportunità commerciale. Non perdono tempo con le idee che si dimostrano fallaci e provvedono velocemente a revisionarle, se il mercato non risponde adeguatamente. Talvolta nel corso di un percorso imprenditoriale, mollano tutto per un’offerta economica “irresistibile” · L’approccio con gli investitori è pragmatico. Raccolgono abilmente risorse e capitali perché parlano il linguaggio degli investitori: crescita, fatturato, exit. Non parlano di prodotto, idea, visione e filosofia · Il team è spesso un gruppo di loro ex compagni o ex colleghi. Un team brillante che si aggrega intorno alla brillantezza del founder e all’opportunità di business a breve medio termine · Metodologicamente sono innatamente vicini alla filosofia “lean startup”. Non sono dogmaticamente legati alla propria idea, quindi non perdono inutilmente tempo se i risultati non sono evidenti. Non amano il perfezionismo, si buttano e cercano di capire la reazione alle proprie azioni. Cambiano strategia. Se proprio dovessero ricollocarsi sarebbero ottimi “direttori commerciali” · Se proprio dobbiamo trovare un difetto, non eccellono in “abnegazione” e talvolta sono più dei buoni commerciali che dei veri imprenditori
Startupper Resistenti
· L’idea di business è la conseguenza di una convinzione teorica, una visione. Lo startupper “resistente” cerca conferme, più che risposte del mercato. Ma non è cosi dogmatico da ignorare i fatti. · Con gli investitori sa muoversi abilmente. Il misto di razionalità e convinzione gli permette di raccogliere facilmente capitali dagli investitori, che lo vedono determinato e focalizzato. A differenza del “resiliente”, il founder resistente è più interessato al prodotto che alla parte commerciale. · Rispetto al team è un leader visionario, ma anche molto concreto, determinato, occasionalmente ossessivo sugli obiettivi di crescita e delle KPI. Perché cerca nella crescita conferme alla propria visione · Metodologicamente ha un impostazione di strategia classica e sistematica (le 4P, l’analisi SWOT, Oceano Blu, etc). Ma di fronte all’evidenza sa fare marcia indietro. Anche se lentamente e non del tutto in modo “indolore”. Al momento del ricollocamento potrebbe essere un buon direttore marketing
Startupper Ottusangoli
· L’idea di business è un loro dogma personale. Una convinzione profonda, etica, un’idea a cui sono approdati tramite un percorso personale. · Con gli investitori il rapporto è ambivalente. Da un lato cercano investitori che condividano la loro visione, dall’altro non vogliono intromissioni. Ad un certo punto il potere per loro è molto importante. · Il team è generalmente formato da persone problematiche, forse remissive. Con le stesse convinzioni del loro leader, ma senza la sua forza e carisma. · Metodologicamente non sono impeccabili. Si circondano di consulenti per colmare lacune manageriali e deliberatamente ignorano l’esistenza di metodologie finalizzate a validare o falsificare l’idea originaria. Non possono ricollocarsi. Sono tutt’uno con la propria visione.
Pierluigi Casolari – Startupper, Imprenditore seriale, CEO di YoAgents
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