StreetEat è la prima app in Europa a occuparsi di street food, un settore della ristorazione che negli ultimi anni sta conquistando nuovi spazi di mercato in tutto il mondo. Il cibo da strada non è in se una novità in nessuna cultura, così come sono molto diffusi da diversi anni i “truck” ovvero i furgoncini che in Italia, tipicamente, offrono un menu a base di panini con salamella e porchetta fuori da stadi, concerti, feste paesane, discoteche. Ma oggi lo street food è passato dall’essere un’esperienza succulenta ma un pò trash, a esperienza più sofisticata, glamour e gourmet: i menù si sono arricchiti, l’esperienza gastronomica abbraccia quella culturale, i truck si sono abbelliti, il target di clienti si è allargato. Dietro questo fenomeno c’è, naturalmente, l’aumentare di persone che decidono di buttarsi su questo business, vuoi per via della crisi che spinge molti a reinventarsi, vuoi per una scelta di vita libera, alternativa, legata alla passione per il cibo e la ristorazione. Ristorazione facile 8anche dal punto di vista investimenti di partenza, veloce, ma senza rinunciare al gusto. Tra i nuovi imprenditori dello street food vi sono persone con alle spalle lavori di qualsiasi genere, dal musicista al broker, dal manager all’architetto. E così, forte dell’apertura di Expo, viene lanciato proprio in Italia il primo aggregatore di food truck italiani, StreetEat, fondato da Giuseppe Castronovo (CEO). “Guardando il panorama della nostra penisola, vediamo che i food truck sono arrivati a quota 300 e nei prossimi mesi è prevista un’ulteriore crescita – spiega Giuseppe – Partendo da questa considerazione, da un’analisi dettagliata e, complice anche una casualità, è nata l’idea di dare vita al progetto StreetEat. Si tratta, nello specifico, di un’applicazione (per iOS e Android) che geolocalizza i truck italiani e che a questo strumento affianca anche una serie di servizi che hanno lo scopo di supportare i nuovi imprenditori di questo settore nello sviluppo della loro idea di business”. Attraverso l’app (che per l’utente è gratuita) gli utenti avranno la possibilità di scoprire e geolocalizzare il truck più vicino al punto in cui si trovano e di visionare una scheda dell’attività, con menù in italiano e in inglese, foto, descrizione e i contenuti che vengono pubblicati dal ristoratore sui social. L’utente, inoltre, ha possibilità di lasciare delle valutazioni riguardanti i vari truck e di scrivere delle recensioni. “L’obiettivo – prosegue Giuseppe – è coprire tutto il territorio nazionale, anche se le aree principali sono Milano, Roma e Torino, e continuare ad ampliare i servizi collegati all’applicazione e rivolti proprio agli imprenditori che realizzano queste nuove attività. Per i truck, infatti, StreetEat rappresenta un nuovo canale di vendita innovativo.” Il modello di business al momento prevede una fee d’ingresso per il truck, ai quali viene fornito anche un supporto consulenziale per migliorare la propria attività.
“E molto importante la consulenza che forniamo a chi desidera intraprendere un percorso imprenditoriale in questo campo, quando si decide di avviare un’attività di questo genere, bisogna rispondere a diverse domande, tra cui “Qual è il cibo più adatto in una determinata area?” “Qual è il pubblico che si andrà a colpire in una precisa zona geografica?” ed è necessario avere tra le mani uno studio di geomarketing, che consente di comprendere al meglio le aree territoriali in cui si va ad operare. Abbiamo partnership con alcuni tra i migliori allestitori e designer di interni specializzati sui truck, ci permettono di dare un ulteriore contributo allo sviluppo del business di queste attività. – continua Giuseppe – Siamo pronti anche a supportare i gestori di truck più intraprendenti, qualora ci fossero le condizioni, a sviluppare una propria rete di franchising, magari anche all’estero, in Europa. Non ultimo infine, la nuova opportunità di business per i truck che il nostro team è strutturato a gestire sul fronte catering: le aziende, attraverso Streeteat, in occasione di eventi aziendali o semplicemente per dare un altro servizio ai propri dipendenti, possono ordinare il proprio truck, indicando anche la tipologia di cucina desiderata.” Il progetto si è finora sviluppato in regime di autofinanziamento, conta su un team di circa 10 persone tra full time e collaboratori, ed è partito quasi per caso. “Come spesso accade, tutto è partito da un incontro casuale e da una chiacchierata – continua Giuseppe. Dopo aver realizzato che in Italia mancava completamente uno strumento di mappatura e aggregazione dei food truck, così prendendo come esempio ciò che succede negli Stati Uniti, ho deciso di dare vita a Streeteat, con Daniele Carettoni, mio socio, che ha sposato da subito l’iniziativa. Ora abbiamo un team di 10 persone, tra collaboratori interni ed esterni e ognuno di noi ha una specializzazione (marketing, social, ufficio stampa), per consentire all’azienda di svilupparsi in modo equilibrato. In tutto questo io mi occupo personalmente della parte di gestione e coordinamento delle attività, focalizzandomi sullo sviluppo del business, avendo già vissuto precedentemente esperienze imprenditoriali in prima persona”. Negli States, dove il fenomeno dello street food è esploso già da almeno 4-5 anni (e, come ben sappiamo, lo sviluppo di applicazioni web e mobile è velocissimo), vi sono già esperienze positive per questo genere di progetti, una fra tutte Roaming Hunger, fondato addirittura nel 2009 a Los Angeles, con la missione dichiarata di “promuovere il movimento street food”. Roaming Hunger è oggi diffuso in tutte le principali città US e aggrega circa 6000 truck. Il suo modello di business si avvicina molto a quello che anche StreetEat sta adottando, e punta molto sul catering, nel supporto a novelli food trucker e sull’advertising, ovvero hyper-local marketing (per intenderci: hanno investito in pubblicità sui truck anche realtà come Warner Bros, DreamWorks,NBC, Spike TV, FOX Broadcasting Company, Saks Fifth Ave, ecc). La crescita di Roaming Hunger è del tutto controtendenza: mai ricevuto un centesimo dai venture capitalist, perchè il business dello street food era ritenuta una moda passeggera. Il suo fondatore Ross Resnik, non si è certo perso d’animo. (La storia di Roaming Hunger in quest’articolo del LA Times.) (immagine di copertina: il food truck di Fuori di Mente, già affiliato StreetEat)© RIPRODUZIONE RISERVATA