Tutto ciò che serve sapere per fare un venture builder, o startup studio. Farhad Alessandro Mohammadi, Manuela Maiocco e Ferdinando de Blasio di Palizzi hanno scritto un vero e proprio manuale che si intitola ‘Startup Studio Manifesto’ in cui condividono tutto ciò che hanno imparato dopo avere fondato Mamazen che è uno dei principali startup studio italiani. Il libro è ben scritto, a tratti divertente, ed è soprattutto bene organizzato perché spiega per filo e per segno tutti gli aspetti, sia motivazionali, sia pratici, sia operativi di cosa serve sapere per fare uno startup studio capace di crescere e svilupparsi, cosa non fare imparando dagli errori fatti da altri, quali modelli applicare per trovare il perfetto equilibrio tra gli aspetti operativi e quelli finanziari, quali gli elementi da considerare per decidere se avviare e quindi portare sul mercato una idea e quindi una startup.
Perché, come, chi
Il libro è quindi uno strumento che dopo la prima lettura viene voglia di tenere sempre a portata di mano per usarlo come riferimento quando si affrontano i diversi aspetti della costruzione di un venture builder. La narrazione è divisa in tre parti denominate ‘perché’, quindi quali sono le ragioni per fare uno startup studio, ‘come’ e quindi come lo si imposta, come lo si modella, come lo si sviluppa, e ‘chi’, quindi cosa serve quali competenze bisogna avere a bordo, come si impostano le relazioni con gli investitori, con il mercato, con gli imprenditori. Gli autori hanno anche fatto una serie di interviste a fondatori e manager di startup studio di tutto il mondo per offrire al lettore una visione più ampia possibile e per condividere le esperienze di realtà come Idealab, High Alpha, Aimforthemoon, eFounders, Builders, PSI e la stessa Mamazen . Realtà che operano tra gli USA e l’Europa e che, come si scopre leggendo il libro, hanno costruito centinai di startup, hanno fatto decine di exit, creato unicorni e guadagnato milioni di dollari ed euro dimostrando che il modello dello startup studio è di gran lunga più efficace secondo tutti i principali parametri: fundraising, crescita, tempi di sviluppo, percentuale di successo, exit, raggiungimento dello status di unicorno, rispetto al metodo di creazione di startup più tradizionale. Certo, sottolineano gli autori, non è una cosa facile, è una grande sfida e bisogna essere molto determinati nella scelta del modello, nella scelta dei partner, nell’individuare le persone con le giuste competenze e nell’analizzare il potenziale delle idee che si intende trasformare in startup e quindi portare sul mercato e all’attenzione di investitori per i round successivi. Serve poi anche una buona dose di capitali per partire, per dare vita alla struttura, per finanziare i primi passi delle startup, per fare conoscere lo startup studio nell’ambito degli ecosistemi e quindi stabilire potenziali partnership sia con investitori sia con aziende di medie e grandi dimensioni che possono essere parte dell’equazione che porta al successo della startup nata in seno al venture builder. Il libro, arricchito dalle prefazioni di Tom Dare, co-fondatore del venture builder Science e diventato di recente partner di Mamazen e Paola Pisano, sviluppa in modo dettagliato ciò che Mohammadi aveva già anticipato a Startupbusiness qualche tempo fa , e descrive le ragioni per cui lo startup studio ha senso come aveva già rilevato in uno studio che pubblicammo qui . Oltre alle informazioni pratiche e una giusta dose di ironia, il libro racconta anche la storia degli startup studio e, si sa, conoscere la storia è sempre qualcosa che fa la differenza soprattutto, come recitano le conclusioni, se si viole avere una visione ottimistica del futuro, in questo caso degli startup studio che, secondo gli autori, sono destinati ad aumentare in modo esponenziale perché capaci di portare quell’approccio sistematico, scientifico, strutturato al concetto di creazione di startup.
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