Startup, Pmi, innovazione, investitori, ecco le nuove proposte e normative

“Siamo a un passaggio importante, ci sono alcune proposte che sono state condivise da tutto l’ecosistema che accolgo e a cui voglio dare seguito, ma faccio una considerazione un po’ amara su cui invito a riflettere: oggi lo Stato sul mondo startup ha fatto una scommessa importante, ha investito, tra risorse statali e regionali, cifre non lontane da 600 milioni di euro. Guardo al privato e vedo ancora troppo poco. Se non riusciamo a mobilitare risorse private perdiamo delle occasioni. Com’è possibile che abbiamo banche che non investono nel Venture Capital?” con queste parole – riportate da Corriere InnovazioneStefano Firpo, capo della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo economico ha concluso l’incontro che la scorsa settimana a Roma ha raccolto i rappresentanti dell’ecosistema italiano delle startup insieme a quelli del governo e del parlamento. La cronaca dell’incontro – organizzato dall’instancabile Gianmarco Carnovale di Roma Startup con il supporto di EconomyUp – è sinteticamente riassumibile nella presentazione delle nuove misure per le Pmi innovative che si ispirano a quelle già definite per le startup innovative con diverse modalità di attuazione e valutazione. Misura questa inserita nel decreto denominato ‘Investment compact’ e che Stefano Firpo insieme a Mattia Corbetta hanno illustrato in modo preciso e puntuale (si veda qui ) incassando con tale operazione il favore di Confindustria che, rappresentata all’incontro da Alvise Biffi, vice presidente Confindustria Piccola Industria ha messo in luce come sarà importante che il decreto mantenga la sua impostazione anche in fase attuativa. Anche Marco Gay, presidente Gruppo giovani imprenditori di Confindustria in una battuta con Startupbusiness ha definito l’operazione “ottimo passo avanti e benché vi siano ancora alcuni punti da definire appare come un importante segno di modernità a riconoscimento per chi investe in ricerca e sviluppo”. Nell’ambito di queste nuove misure che aggiungendosi a quelle a favore delle startup lo stesso Firpo ha precisato essere “misure che nascono per sostenere l’innovazione e non semplicemente le imprese”, sintetizzando così i risultati ottenuti fino a oggi: 3.200 startup innovative; 150 milioni di euro di finanziamenti bancari garantiti dal FCG; 32 incubatori certificati; emanati i primi 12 visti d’ingresso startup; 13 portali di equity crowdfunding con 4 campagne concluse con successo con 1,3 milioni di euro raccolti; concessi i primi incentivi fiscali per il personale altamente qualificato e per gli investimenti in equity; evento Italia Restarts Up con 53 investitori provenienti da 23 Paesi per incontri B2B con top 50 startup italiane. policy workshop   Sul tema si sono confrontati Claudio Giuliano, presidente operatori venture capital per conto di Aifi (Associazione italiana del private equity e del venture capital), Paolo Anselmo, presidente di Iban (Italian business angel network), Marco Cantamessa, presidente di PniCube (l’associazione degli incubatori universitari) e lo stesso Carnovale. Spunti e proposte non sono mancate. Iban ha presentato un Libro bianco startup realizzato con la collaborazione di CBA Studio Legale e Tributario che si articola in una serie di proposte di diritto tributario, diritto societario e diritto del lavoro che per la maggior parte mirano a migliorare la legislazione sulle startup ma che in alcuni casi si rivolgono anche agli attori che di mestiere fanno gli investitori. Tra tali proposte vi sono: Esclusione delle startup innovative dall’obbligo di apposizione del ‘visto di conformità’: si è proposto che le startup innovative disapplichino la disciplina che impone di apporre il ‘visto di conformità’ per l’utilizzo in compensazione dei crediti Iva di importo superiore a 15mila euro. La normativa, nata con finalità anti-evasiva (evitare indebita compensazione di crediti inesistenti), penalizza (aggravio di burocrazia e costi) le imprese che strutturalmente si trovano in posizione creditoria come tutte le società all’inizio della loro attività. Gratuità prima vidimazione libri sociali in Camera di Commercio: esonero, per le startup innovative, dal pagamento dei diritti di segreteria connessi alla prima vidimazione dei libri sociali in Camera di Commercio, fino a mille pagine. Agevolazioni per le startup innovative per il rimpatrio di personale qualificato dall’estero: applicazione di agevolazioni per il rimpatrio di personale qualificato dall’estero, garantendo benefici sia ai lavoratori (tassazione agevolata premi e straordinari), sia alle imprese (sgravio contributi previdenziali obbligatori). Riduzione di imposte e tasse per le nuove imprese: alleggerimento della pressione fiscale sulle aziende neo costituite attraverso la riduzione di tasse e oneri che porti ad avere una spesa fiscale per la fase di avvio dell’attività nell’ordine di 100, 150 euro. Detassazione delle plusvalenze da disinvestimenti per reinvestimento in startup: incentivazione per gli investitori privati, detentori di investimenti già avviati e profittevoli, a trasferire capitali in startup innovative mediante la detassazione delle plusvalenze realizzate sui ‘vecchi investimenti’, qualora esse siano reinvestite nella sottoscrizione di quote di startup innovative entro un biennio. Regolamentazione del diritto di recesso dei soci fondatori della startup: introduzione di una precisa disposizione normativa che disciplini e regoli il divieto per i soci fondatori di recedere dalla società, anche in deroga all’art. 2437 c.c., durante i due anni successivi alla data di costituzione. La proposta consente di: a) tutelare gli investitori, i quali costituiscono il vero impulso che permette alla startup di diventare operativa e competitiva sul mercato, garantendo che l’idea, gli ideatori, e i promotori del progetto, rimangano, per un certo lasso di tempo, nell’impresa oggetto di investimento e b) garantire un’indiscutibile stabilità all’investitore che desidera impiegare parte delle proprie disponibilità finanziarie nel progetto. Esclusione delle startup dall’ambito di applicazione della normativa in materia di contratto a progetto: esclusione delle startup dall’ambito di applicazione della normativa in materia di contratto a progetto che impone una serie di requisiti stringenti. In particolare la collaborazione a progetto deve essere funzionalmente collegata a un determinato risultato finale. I fondatori di startup si collocano in un mercato difficile, spesso senza un’esperienza forte alle spalle. Essi hanno bisogno di crescere avvalendosi molto spesso di collaboratori dotati di esperienza, con i quali vengono instaurate relazioni paritarie. PniCube ha invece puntato le sue proposte su: necessità di rendere semplice ed efficace il Public technology procurement; l’incentivazione M&A (al fine di favorire le exit); favorire la strutturazione del sistema degli incubatori; strumenti per finanziare proof of concept sui progetti più innovativi (es. Horizon 1° fase); esonero iscrizione Inps per soci amministratori; chiarire legame tra Pmi e startup innovativa; esenzione Iva su acquisti in fase iniziale; sistema di attrazione startup estere in Italia. Mentre le proposte di Roma Startup sono così sintetizzabili: istituzione del talent visa perché Il problema non sono i giovani che partono, ma quelli che non arrivano, il 50% delle startup in Silicon Valley hanno uno o più immigranti come key founder; incentivare le concentrazioni perché il campanilismo congenito del Paese diluisce il sistema e si rischia che le startup italiane si concentreranno a Berlino e Londra; fare maggiore cultura perché non è ancora diffusa la conoscenza delle best practice, molti media veicolano messaggi errati e vi sono troppe “competition” focalizzate sulla comunicazione dando così l’impressione di un sistema improvvisato e non serio, allarmando chi sarebbe disposto a mettersi in gioco. In relazione al capitale Roma Startup propone per l’Early Stage di: mutuare il modello TAX Credit e TAX Shelter del Cinema per privati e Pmi che investano in startup; consentire una struttura snella a gestori che raccolgano fino a 20 milioni di euro (per fondi sidecar di acceleratori, fondi seed, syndication di business angel); modificare il crowdfunding equity introducendo un ‘listino’ unico a cui si interfaccino le diverse piattaforme autorizzate e sottoscrizione in carta di credito. Per il venture capital istituire un Fondo di fondi nazionale consistente come hanno fatto per esempio la Cina che ne ha appena annunciato uno da 6.5 miliardi e il Portogallo da un miliardo di euro; veicolare per Legge lo 0.1% del risparmio gestito in fondi di venture capital che investano in Italia; riconoscere il credito d’imposta da ricerca e sviluppo alle corporate anche per acquisizioni di startup innovative al fine di favorire le exit e, infine, attuare alcune misure per migliorare lo scenario di contorno come: introdurre un regime dei minimi per le startup innovative fino a 60 mila euro di fatturato; estendere la permanenza nel Registro speciale di tre anni a ogni round di investimento VC (anche se si supera la soglia di fatturato); accentrare la procedura di selezione Registro speciale delle startup innovative; obbligare i bandi regionali a paperless ed erogazioni anticipate; fissare una aliquota fiscale univoca e chiara sull’utile d’impresa; premere su UE per l’istituzione della ‘Ltd europea’; rivedere aliquota capital gain su VC, crowdfunding e P2P lending. Come si evince, le proposte di chi ogni giorni si occupa di startup, di fondarle, sostenerle, finanziarle, aiutarle a crescere,  sono precise e puntuali e cercano di fare leva su quanto fatto fino a qui anche a livello legislativo puntando a miglioramenti e a maggiore efficacia nonché trasparenza e agilità del sistema. Alcune di queste proposte vanno nella direzione dei dubbi espressi anche su Startupbusiness in questo articolo, altri di quei dubbi sono stati esaminati e affrontanti nel corso della seconda parte della mattinata di lavori durante la quale sono stati i parlamentari Paolo Coppola, Antonio Palmieri, Mirella Liuzzi e Ivan Catalano a confrontarsi sui temi del sostegno all’innovazione. Chi scrive ha avuto la possibilità di chiedere informazioni sulla modalità di sostegno alle startup prevista dal nuovo bando Smart&Start che eroga, a partire dal prossimo 16 febbraio, mutui a tasso zero alle startup innovative, misura che rischia di non essere efficace perché genera aziende indebitate ancora prima di arrivare sul mercato quando sarebbe stato meglio replicare il modello del fondo HT per il Mezzogiorno. A questa domanda più che i parlamentari, i quali comunque hanno espresso attenzione verso il tema delle aziende innovative, ha risposto più direttamente Stefano Firpo affermando da un lato che il modello HT per il Mezzogiorno risultò nei fatti meno efficace del previsto e soprattutto che Invitalia, l’ente che gestisce Smart&Start, si prepara anche a lanciare un fondo di venture capital, quindi la formula del debito non sarà la sola che le pubbliche istituzioni intendono mettere in campo ma vi sarà anche un attento ricorso all’equity. In questo quadro articolato, complesso ma certamente foriero di una certa fiducia perché condiviso da tutti gli attori in campo manca ancora un tassello: la nuova normativa che regolamenta il lavoro dei fondi di investimento, la cosiddetta direttiva Aifm, Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio. Anche di questo tema ci siamo già occupati e va sottolineato che riguarda in modo esclusivo i fondi che gestiscono capitali di terzi, sono perciò esclusi i business angel e le società di partecipazione che gestiscono esclusivamente fondi propri. Anche in questo senso è stato fatto un passo avanti perché la Banca d’Italia ha pubblicato il 19 gennaio una proposta di regolamento che Aifi in un comunicato datato 22 gennaio ha accolto piuttosto favorevolmente affermando che a una prima analisi dei documenti di Banca d’Italia, tra cui il Regolamento completo che occupa 538 pagine, Banca d’Italia ha recepito molte delle istanze avanzate fa Aifi nel corso delle consultazioni avvenute durante il 2014. “In particolare – afferma il comunicato di Aifi – dal Regolamento Banca d’Italia è stata accolta la richiesta di abbassare il capitale minimo iniziale per i gestori specializzati nell’attività di private equity, che viene ridotto a 500mila euro per i gestori i sopra soglia e a 50mila euro per tutti i gestori sotto soglia. In generale, nei regolamenti di Banca d’Italia e di Consob molti aspetti che sono stati oggetto di consultazione sono stati adeguati alla miglior prassi internazionale, come richiesto da Aifi” e in un commento, sempre riportato dal comunicato il presidente di Aifi Innocenzo Cipolletta ha enfatizzato come: “le autorità italiane hanno fatto un buon lavoro per mettere gli operatori italiani sullo stesso piano di quelli internazionali. Il contributo di Aifi sul documento di consultazione, è stato importante per arrivare ai provvedimenti pubblicati oggi. Siamo soddisfatti e molto positivi del dialogo instaurato sia con Banca d’Italia sia con Consob e dei risultati raggiunti a vantaggio dei fondi che rappresentiamo”. Un altro passo avanti quindi. Almeno così sembra a seguito della preliminare analisi del nuovo Regolamento, anche alcuni investitori si sono dichiarati possibilisti verso un significativo miglioramento delle condizioni operative anche se alcuni continuano a manifestare un certo scetticismo e altri si sono attrezzati di esperti legali per esaminare a fondo le 538 pagine del Regolamento prima di esprimere un giudizio definitivo. Emil Abirascid  (immagine in evidenza: Montecitorio – credits to Alessandro Capotondi)  

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