Startup, la nuova frontiera degli idealisti è il clima

“Faccio innovazione per cambiare il mondo”, ti racconta lo startupper dagli occhi luminosi che incontri alla conferenza. Indaghi di cosa si occupi, e scopri che ha sviluppato un’applicazione per ottimizzare la scansione dei file su iPhone. Bello, ma difficilmente gli intitoleranno una via per questo. Tutto serve, anche saper ottimizzare. La scomoda verità è però che, una volta fatti i conti col mercato, il bilancio e l’organizzazione aziendale, molti startupper partiti con grandi ideali sono costretti a ridimensionare le proprie ambizioni. Come ha detto un ingegnere del software a Protocol, “ti vendono l’idea che puoi cambiare il mondo, e poi finisci per lavorare su degli annunci pubblicitari”. C’è un settore che offre tuttavia una possibilità concreta di fare la differenza: quello del climatetech. Per far combaciare opportunità lavorative e ricerca di senso, molti startupper si stanno orientando verso soluzioni che sfruttano la tecnologia per mitigare il cambiamento climatico. Le competenze sono simili a quelle richieste altrove: servono data scientist per trattare e interpretare i dati provenienti dai satelliti, esperti di deep learning e intelligenza artificiale per trovare correlazioni inaspettate e sviluppare algoritmi di monitoraggio e ottimizzazione, esperti di comunicazione che sappiano tradurre le intuizioni degli scienziati e dei programmatori in scritti e visualizzazioni che riescano a sensibilizzare i cittadini. Vista la delicatezza e la complessità del tema le imprese innovative climatetech sono spesso del tipo deeptech; uniscono competenze sofisticate e brevetti sviluppati in ambito universitario all’attitudine imprenditoriale tipica delle startup. Per questo le università sono in prima linea nel guidare questa rivoluzione “verde”. Il Politecnico di Milano ha lanciato di recente Encubator, un incubatore specializzato in imprese che puntano a ridurre le emissioni, tutelare le risorse naturali e limitare l’impatto ambientale delle attività umane. I capitali ci sono: si calcola che a livello globale siano stati raccolti, nella prima metà di quest’anno, più di 26 miliardi di dollari di finanziamenti, soprattutto da parte di investitori americani. Ma anche in Europa non mancano le opportunità. Il governo tedesco ha stanziato 30 miliardi di euro. In Italia, Cassa Depositi e Prestiti ha lanciato di recente un fondo da 95 milioni di euro e altre decine di milioni verranno sbloccate grazie al PNRR. La scelta di impegnarsi nel climatetech può pagare anche dal punto di vista economico. Trattandosi di un settore in forte ascesa, entrare presto nel giro potrebbe perfino portare alla ricchezza, se si ha l’accortezza di farsi pagare in parte in azioni. “Do what you love, the money will follow”, dicono quelli che non devono preoccuparsi troppo di sbarcare il lunario. Ma in questo caso, potrebbero aver fatto bene i conti. (Photo by Karsten Würth on Unsplash )  

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