Intendiamoci, io sono il primo a cascarci perché parlare e scrivere in italiano risulta più immediato e più semplice, essendo la nostra lingua madre: ma occorre che tutti si faccia uno sforzo e si elegga l’inglese a lingua ufficiale dell’ecosistema italiano delle startup. L’isolazionismo del nostro ecosistema è un fatto, è uno dei tre elementi di maggiore criticità insieme all’eccessiva ingerenza del governo e degli enti pubblici e all’ancora troppo basso livello di investimenti che vengono destinati alle startup; serve compiere un passo verso un posizionamento più internazionale e ciò non può avvenire se non moltiplichiamo il numero di eventi e di documenti in lingua inglese. È un processo che non può e non deve avvenire da un giorno all’altro, ma è importante maturare la consapevolezza verso questa necessità. Il fenomeno delle startup e la nuova cultura della imprenditorialità sono globali, è uno dei grandi cambiamenti paradigmatici alla base del modificarsi dei modelli economici e sociali che stiamo vivendo, e come tale va coltivata anche da noi. Capita di partecipare a eventi dedicati al mondo startup in tantissimi Paesi: dalle grandi economie anglosassoni a piccoli Paesi emergenti e in tutti i casi, senza eccezione, gli eventi sono per la quasi totalità in lingua inglese: da Lisbona a Brno, da Londra a Lubiana, da Helsinki a Beirut, da Tallin al Cairo quando si tratta di startup l’inglese è la lingua ufficiale. In Italia no. In Italia facciamo decine di eventi ogni settimana, ma solo una piccola parte, quasi a eccezione, è in inglese. Il conservatorismo linguistico in questo contesto rischia di essere deleterio perché favorisce l’isolazionismo dell’ecosistema, sono molti coloro che dall’estero iniziano a interessarsi dell’ecosistema italiano, ma quando poi vi si avvicinano si sentono respinti perché tutti usano, anche in eventi pubblici, una lingua che loro non comprendono. La domanda ‘ma perché in Italia gli eventi startup sono tutti in italiano?’ è una delle principali domande che mi sento rivolgere da chi ha provato, perché spinto da interesse e curiosità, a vedere ciò che si fa da noi ma la barriera linguistica lo ha respinto. La questione è tanto delicata quanto bidirezionale perché se da un lato funziona come barriera per chi vuole avvicinarsi da fuori al mondo delle startup nostrano, essa inizia a essere avvertita come un limite anche dalle startup italiane le quali in numero sempre maggiore e anche nelle fase iniziali sono spinte a guardare fuori dai confini nazionali per accelerare il loro sviluppo. Ciò è motivato sia dalla volontà di crescere a livello internazionale ma anche dalla consapevolezza che la barriera linguistica impedisce di attirare in Italia attori, come investitori per esempio, dall’estero e quindi si è forzatamente costretti a muoversi ed espatriare se si desidera provare a cogliere nuove opportunità. Paradossalmente quindi l’eccessivo utilizzo della lingua italiana negli eventi dell’ecosistema non lo rende migliore e più forte, ma rischia di danneggiarlo perché contribuisce ad accrescere la distanza tra l’ecosistema stesso e gli imprenditori più bravi e ambiziosi. Serve quindi uno sforzo maggiore nel rendere l’inglese lingua dell’ecosistema delle startup anche in Italia, è uno sforzo che si può fare con non troppa difficoltà perché chiunque oggi lavori in questo ambito l’inglese lo comprende e lo parla, e se così non è meglio che cambi lavoro, è quindi soprattutto una questione di comodità e di abitudine. Ora non dobbiamo fare sparire l’italiano, anzi continuare a mantenerlo vivo anche in contesti che guardano al futuro consente alla lingua di evolversi, migliorarsi e adattarsi al costante e sempre più rapido cambiamento del momento storico che stiamo vivendo, ma proviamo a fare un passo avanti nell’uso dell’inglese anche quando non ci sono ospiti stranieri che vengono a condividere le loro esperienze e conoscenze o anche quando in platea non i sono investitori o partecipanti stranieri. Chi scrive è il primo a cadere spesso nella tentazione di preferire l’italiano, ma proviamo a impegnarci di più per preferire l’inglese e vedremo che la crescita anche reputazionale dell’ecosistema e il suo processo di internazionalizzazione ne gioveranno enormemente. E il momento per far ciò è adesso: è ora che ci sono le opportunità che possiamo cogliere ed è ora che dobbiamo far compiere all’ecosistema un passo avanti nel suo processo di maturazione. Emil Abirascid
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