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Come si avvia una fashion startup
I brand della moda oggi guardano con maggiore interesse le startup fashion per rimanere competitive nel mercato. E l’ultimo rapporto The State of Fashion 2023 di McKinsey dichiara che l’industria della moda ha registrato un aumento dei ricavi del 21% nel 2020-2021 e i margini EBITA sono raddoppiati di 6 punti percentuali al 12,3%. Ma creare una startup e farla durare è già un’attività che richiede tanta passione e studio. L’idea innovativa da sola vale zero. A maggior ragione quando il settore riguarda quello della moda, del fashion, insomma dell’abbigliamento, con tutti le sue ramificazione da fondere con tutte le possibilità offerte oggi dall’innovazione: ecco perché le startup fashion vanno dal settore dell’e-commerce alla tecnologia indossabile, dalla realtà aumentata fino all’AI, offrendo nuove esperienze di shopping o comportando un nuovo processo di produzione. In un mercato sempre più tecnologico e variopinto, le startup dovranno competere ed essere vincenti solo se offriranno una strategia vincente sposando alcune caratteristiche: dopo aver chiarito l’idea, la validazione di essa dovrà avvenire grazie a un buona analisi di mercato, quindi dei competitor, e messa a punto di un piano strategico seguito dalla sua implementazione. Poi l’utilizzo di alcuni strumenti come l’analisi S.W.O.T., teoria delle cinque forze di Porter e matrice TOWNS, un modello di management come gli OKR, KPI, indici e metriche come il ROI, ROE, ROAS e ROS, potranno sicuramente dare maggior effort nella predisposizione di un business plan o pitch da presentare ad eventuali investitori, acceleratori, incubatori, startup studio, fondi o iniziative di open innovation magari promosse proprio da aziende e brand della moda.
Le caratteristiche che deve avere una startup di abbigliamento
Ma fin qui tutto concorre alla veste di startup e imprenditoria. Per specificare invece il settore, quello dell’abbigliamento, serviranno ulteriori accorgimenti, quali: Creatività e design: la creatività è alla base dell’industria della moda e dunque di una startup fashion: tali attività dovranno sviluppare design di abbigliamento esclusivi e attraenti per distinguersi dalla concorrenza. Agilità sulle tendenze: il settore della moda è in continua evoluzione, la cui tendenze mutano rapidamente. La rapidità di adattabilità delle startup fashion alle tendenze emergenti servirà loro per rimanere competitive. Sostenibilità: oggi la sostenibilità è una delle milestone adottate nei piani industriali e politici di diversi Paesi. Le startup fashion lo realizzano utilizzando materiali ecologici e adottando pratiche aziendali responsabili, come i criteri ESG, per ridurre l’impatto ambientale ed attrarre anche investimenti di fondi dedicati a tali metriche e tematiche. Partnership: di frequente le startup fashion sono alla ricerca di collaborazioni con altri brand, designer, influencer o celebrità per avere maggiore visibilità e raggiungere nuovi segmenti di mercato. In merito negli ultimi anni sono nati diversi network e realtà per il raggiungimento di questo obiettivo, e più avanti ne daremo prova con l’intervista ad una realtà italiana.
Startup della moda e innovazione, un legame stretto
Moda e startup hanno nella propria identità e nome la capacità di adattarsi al cambiamento e in molti casi fanno di questo lo spirito di adattamento alla propria spinta propulsiva. Inoltre l’ambiente competitivo e creativo trovano certamente radici comuni, come il sentiment verso il cliente finale. Eppure il mercato della moda è un settore tradizionalmente low tech, difficilmente penetrabile da nuovi brand, soprattutto nel contesto italiano. Tuttavia il fenomeno del fashion tech è in espansione, permettendo una continua innovazione che renderà il sistema della moda più sostenibile e più aperto.
Il mercato
Il settore della moda nel 2022 ha sfiorato i 107 miliardi secondo le stime di Confindustria Moda. Per quanto riguarda il settore del fashion tech, a livello globale CDP Venture Capital ricorda che: “gli investimenti nel segmento fashion tech hanno registrato un incremento del 18% annuo, passando dai cinque miliardi di dollari del 2016 ai 41,7 miliardi nel 2022, con una tendenza di crescita che prevede il raddoppio dei valori entro il 2030. Anche in Italia il segmento è in deciso sviluppo come dimostrano i 46 investimenti avvenuti nel periodo 2020, per un ammontare complessivo di 70 milioni di euro e una media di investimento per operazione di circa 1,5 milioni. Il Metaverso e il Digital Fashion sono i due verticali maggiormente presenti nelle più recenti operazioni di fundraising”. Proprio CDP Venture Capital ha lanciato con una call nello scorso trimestre il progetto Styleit, nuovo acceleratore per le startup del settore fashion tech. Con una dotazione di 5,64 milioni di euro indirizzati a 10 startup in fase early-stage, su base annua, con un investimento pre-seed di 113 mila euro e successivi finanziamenti post-accelerazione fino a 200 mila euro. Le startup coinvolte dovranno aver sviluppato servizi o prodotti con focus sulle tecnologie abilitanti per i settori della sostenibilità ambientale applicata ai processi produttivi e alla catena distributiva. Dall’intelligenza artificiale all’e-commerce, dall’upcycling al metaverso, dalla blockchain alla mixed o augmented reality.
Brand di moda: come integrano l’IA
L’IA ha mutato il modo di acquistio nel fashion. Anche nel mondo della moda è in atto la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Secondo la Ricerca di Google in collaborazione con Vogue Business sui comportamenti di acquisto in Europa, “i consumatori sono disposti anche a spendere di più con il retailer che usano l’IA per personalizzare i prodotti, migliorare l’esperienza di acquisto online e sviluppare pratiche sostenibili” e “2 persone su 3 si dichiarano entusiaste di usare l’IA per acquistare prodotti di moda e di lusso”. L’IA è già presente in diversi touchpoint del percorso del cliente. I retailer della moda ora usano strumenti di IA per riprodurre l’esperienza di acquisto in negozio al consumatore online. Per esempio tramite Google Lens, strumento di ricerca visiva, con il quale il consumatore può non affidarsi più alle descrizioni di un determinato prodotto, ma effettuare ricerche sulla base dell’effettivo aspetto dell’articolo: una volta individuato l’abito firmato, il potenziale acquirente può utilizzare gli strumenti di prova basati sulla realtà aumentata (AR) messi a disposizione dai retailer per verificare che la vestibilità e lo stile siano giusti per lui. E secondo la Ricerca di Google, “il 49% dei consumatori del lusso pensa che i brand che utilizzano l’IA offrano un’esperienza migliore” d’altro canto “esiste tuttavia un grande potenziale per utilizzi ancora più avanzati degli strumenti di IA”. Un esempio è stato quello di Benetton che ha adoperato i dati di navigazione e acquisto per fornire ai clienti consigli personalizzati sui prodotti tramite Recommendations AI. Il brand ha riscontrato che in tali clienti c’è stato un aumento del valore di spesa medio del 7% e che il tempo di navigazione sul sito era triplicato.
Startup di abbigliamento, quali sono in Italia
In Italia c’è un fermento di startup nel settore della moda, e questo è allo stesso tempo uno dei mercati più profittevoli del nostro Paese. Di seguito una carrellata di startup che si sono contraddistinte e lungi da essere l’elenco completo:
Velasca
Startup milanese, ma con i piedi nelle Marche, nasce nel 2013 per produrre calzature da uomo, due anni fa apre alle calzatura da donna ed esattamente a novembre scorso punta all’abbigliamento. Con 20 milioni di fatturato nel 2022 ed una crescita del 60% rispetto all’anno precedente è una startup che fonda l’artigianato made in Italy con l’hi-tech. Nasce quindi come e-commerce senza nessun passaggio intermedio che faccia gonfiare i prezzi tra l’artigiano ed il cliente, per poi puntare il legame tra negozio online e fisico. Insomma una startup che sta diventando un vero e proprio brand.
Tailoritaly
Tailoritaly è stato uno dei primi e-commerce per la personalizzazione degli abiti e accessori made in Italy, potendo selezionare la forma, colori e dettagli. Nel 2016 il 51% della fashion startup è stato acquisito dal gruppo Miroglio Fashion. Seguendo una strategia omnichannel, Tailoritaly ha lanciato nel 2018 il suo primo punto vendita fisico a Milano all’interno del Coin di Piazza Cinque Giornate.
DIS
Dis (Design Italian Shoes) è una fashion startup marchigiana fondata nel 2015 che crea ed offre online scarpe su misura ed accessori personalizzabili. Dopo aver avuto un finanziamento di 150 mila euro da vari investitori tra cui Nuvolab, società di venture accelerator innovation, nel 2015 la startup ha scelto di lanciare una campagna di crowdfunding tramite Mamacrowd per finanziare progetti quali: la scansione del piede tramite mobile app o attraverso postazioni touch screen nei negozi fisici, e per un’ulteriore espansione nei mercati internazionali. L’azienda è presente in 11 Paesi e in più di 50 punti vendita nel mondo.
Vegea
VEGEA è l’acronimo per Vegan-VEG e GEA-Mother Earth che identifica la prossima generazione di alternative ai materiali completamente a base di petrolio e di derivazione animale. La startup produce biomateriali innovativi caratterizzati dall’alto contenuto di materie prime vegetali, rinnovabili e riciclate. Materiale dalle medesime caratteristiche fisiche della pelle di origine animale ma derivata dagli scarti della lavorazione del vino. Insomma, startup che punta tutto sulla sostenibilità. Ne avevamo scritto in questo articolo.
Re-Bello
Anche Re-bello è una startup che mira alla sostenibilità. Il marchio altoatesino con sede a Pineta di Laives, in provincia di Bolzano, nasce in realtà nel 2012 a Rotterdam. Per i prodotti da un lato si serve esclusivamente di fibre eco-sostenibili, caratterizzate da comfort superiori a quelle utilizzate a oggi nel settore moda, dall’altro della ricerca effettuata attraverso collaborazioni con i centri di ricerca delle più avanzate università e con gli stessi produttori. Le collezioni Re-Bello sono prodotte con fibre come eucalipto, bamboo, cotone organico, lana riciclata, cipresso. La ricerca e lo studio di queste materie sono continui e rappresentano il principale impegno aziendale: raggiungere l’eccellenza attraverso lo studio e l’innovazione.
Intervista a David Clementoni di Italian Artisan
Nel settore del fashion tech italiano abbiamo pensato di chiedere l’andamento e le caratteristiche direttamente a David Clementoni, presidente e co-fondatore di Italian Artisan. Italian Artisan è una piattaforma digitale B2B che dalle PMI alle Corporate, dagli imprenditori alle startup, aiuta i brand internazionali a connettersi facilmente con le aziende e gli artigiani italiani. Una rete che ad oggi conta 800 artigiani e 18mila marchi internazionali per una distribuzione geografica che copre 32 Paesi. A fine 2022 inoltre la società ha ricevuto un finanziamento da 1,3 milioni di euro di cui 500mila da business angel internazionali e 800mila dal fondo Primo Ventures. Quante start-up avete come partner e quali caratteristiche intravedete nelle startup del fashion tech tali da poter competere nel mercato della moda? Le tre principali caratteristiche che conferiscono un vantaggio competitivo alle startup del fashion tech nel settore della moda includono: – L’innovazione tecnologica: il settore della moda è in continua evoluzione, e le startup di successo dimostrano di essere leader nell’adozione delle tecnologie più avanzate. Questo obiettivo è rivolto alla semplificazione di tutti i processi legati alla moda, tenendo sempre il passo con le ultime tendenze tecnologiche. – La sostenibilità: l’incremento della consapevolezza ambientale sta spingendo il mondo della moda verso la sostenibilità. Le startup che incorporano pratiche sostenibili nella loro filosofia aziendale non solo a livello ambientale, ma anche in termini economici e sociali, guadagnano il sostegno di tutti gli attori coinvolti. La sostenibilità è un punto di forza rilevante. – La flessibilità: la moda è altamente influenzata dalle tendenze e dalle fluttuazioni del mercato. Le startup devono dimostrare agilità, essendo in grado di adattarsi rapidamente alle mutevoli esigenze e alle nuove tendenze. La capacità di produrre rapidamente nuove collezioni o personalizzare prodotti rappresenta un vantaggio cruciale. Italian Artisan aiuta le aziende anche per l’internazionalizzazione? Italian Artisan non solo supporta i marchi internazionali nella creazione di collezioni Made in Italy, ma è anche un elemento chiave in una catena di produzione e distribuzione trasparente. Questo significa che mettiamo in risalto l’abilità artigianale, il frutto del lavoro di sarti, pellettieri, calzolai, conciatori e di molti altri professionisti. Questi artigiani hanno creato e continuano a sostenere l’economia italiana con il loro impegno quotidiano. Per i produttori, Italian Artisan rappresenta un’opportunità unica di visibilità nei confronti di marchi e clienti internazionali, che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere. Ogni stagione, il numero di queste opportunità cresce costantemente. Grazie all’aggregazione, alla tecnologia e ai servizi centralizzati che offriamo, le aziende partner possono competere nei mercati internazionali con gli stessi strumenti delle grandi aziende, mantenendo la loro competitività. Come stanno vivendo le aziende del vostro network in questo periodo di forte inflazione e innalzamento dei tassi dovuta anche ai diversi conflitti in Ucraina e Medio-Oriente? Molti produttori stanno soffrendo la crisi Ucraina per la cancellazione degli ordinativi dal mercato Russo. Le aziende del nostro network che avevano un portafoglio clienti diversificato su più Paesi naturalmente hanno controbilanciato rafforzandosi su mercati più stabili. Per il conflitto in Medio Oriente è ancora presto vederne gli effetti sugli ordinativi. Nel caso di Italian Artisan la dipendenza da questi Paesi è marginale: il nostro focus è Nord America ed Europa dove ci stiamo espandendo molto. I tassi di interesse mettono pressione sui prezzi e in generale su tutte le categorie, non solo sul Fashion. Ma ricordiamoci che i clienti sono sempre molto attenti alla qualità del Made in Italy su cui i nostri produttori non fanno compromessi. Tra le diverse tipologie di startup o aziende partner di Italian Artisan, qual è il trend di settore del 2023 e quale sarà quello del 2024? L’attenzione alla sostenibilità in tutti i suoi aspetti è sicuramente l’aspetto per cui la maggior parte delle aziende partner ripongono l’attenzione. In questo senso, Italian Artisan promuove un modello di produzione distribuita sostenibile a livello ambientale e sociale, che punta a una politica anti-spreco, ottimizzando la collaborazione con la gestione dei produttori/fornitori e proponendo ai clienti un servizio personalizzato per la pianificazione degli ordini. Cosi facendo, ogni brand produce secondo quantitativi in linea con le reali previsioni di vendita. Alcuni esempi di startup partner che integrano AI o puntano alla sostenibilità dei processi e materiali? La Gallia ha affidato le sue produzioni ad artigiani italiani che credono nell’intramontabile artigianato Made in Italy e non si concentrano solo sulla quantità. Grazie a questo, le loro borse hanno una “durata senza tempo”. Le scarpe di Sarah Maier sono realizzate in pelle 100% e realizzate da artigiani utilizzando tecniche sostenibili e materie prime. Il brand Lola Tong è dedicato alla moda sostenibile e responsabile, selezionando con cura tessuti premium e durevoli che possono durare per decenni. Lola Tong è il primo marchio sostenibile Made in Italy che mette in mostra gli stilisti dietro ogni capo. (Foto di Cesar La Rosa su Unsplash )
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