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Crescono le startup innovative in Italia, aumentano gli investimenti da venture capital del 33,4% nell’ultimo anno e le aziende adottano sempre di più iniziative sostenibili che danno impulso all’economia circolare. Questo il panorama attuale dell’innovazione imprenditoriale in Italia, dove sono le aziende familiari, le PMI e startup innovative a guidare la transizione, grazie agli investimenti fatti da venture capital e tramite il mercato dei capitali. Ciò è quanto rileva una ricerca condotta da Rome Business School intitolata: Ecosistema startup, PMI e aziende familiari in Italia: panorama attuale e opportunità legate a innovazione, finanziamenti e sostenibilità, a cura di Francesco Baldi, docente di Corporate finance e Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca di Rome Business School, elaborato insieme alla società di consulenza Global Management Group. “L’aumento delle startup innovative operanti nel nostro Paese, il cui numero è destinato a superare la soglia delle 16 mila aziende, l’incremento degli investimenti in venture capital, che si prevede possano superare 1,6 miliardi di euro e l’espansione del mercato azionario delle PMI che potrebbe tradursi nella raccolta di capitali oltre il miliardo di euro, il tutto nel corso del 2023, aprono opportunità eccezionali per promuovere una crescita economica sostenibile secondo il paradigma strategico ormai dominante ispirato a logiche ESG”, afferma in una nota Francesco Baldi.
I numeri delle startup innovative in Italia
In Italia, ci sono circa 14.708 startup innovative registrate a fine 2022, i dati rivelano una crescita cumulata nel periodo 2013-2022 pari al +879%, circa +28,8% l’anno. Si concentrano soprattutto nei settori dei servizi di informazione e comunicazione (50,6%), nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (23,1%) e nella manifattura (14,5%). Esaminandone le dinamiche, gli autori hanno osservato che nel 2013 le startup con un valore della produzione inferiore a 100 mila euro rappresentavano il 67,5%, ma grazie agli avanzamenti tecnologici e l’evoluzione de mercato, oggi sono solo il 27%. Crescono di più in numero di startup innovative con valore di produzione tra 1 e 5 milioni di euro (da 13 nel 2013, a 2263 nel 2022, +25,7%), mentre sono solo lo 0,3% quelle con valore di produzione superiore ai 50 milioni. La restante parte ha valori della produzione compresi tra 100 mila euro e 50 milioni di euro, il 48,7%. Nel complesso, nel periodo 2013-2022, l’Italia ha registrato un aumento annuo di startup innovative pari a +25,6%. La Lombardia si conferma il motore innovativo del Paese con 3.933 startup innovative, mentre il Lazio si colloca al secondo posto con 1.790 (dalle 151 del 2013). Spicca l’evoluzione positiva della Campania: le startup innovative sono passate da 70 nel 2013 a 1.392 nel 2022, con un tasso di crescita annuo medio del 39,4%, variazione superiore a quella media italiana.
Il finanziamento di PMI e startup
Sorprende che lo shock legato al covid-19 e al conflitto russo-ucraino non abbia arrestato il processo, ma anzi amplificato la crescita degli investimenti in venture capital: nel 2022 in Italia, il numero di investimenti dei fondi di venture capital è aumentato del 47% rispetto al 2021, evidenziando un raddoppio dell’ammontare investito: 1.179 milioni di euro nel 2022 vs. 587 milioni di euro nel 2021, +101%. Per il 2023, gli autori stimano che ci sarà un incremento del 38,1% nel numero di investimenti da parte dei fondi italiani di venture capital, che si dovrebbe tradurre in un incremento nelle somme di capitale investiti pari al +33,5%. In tal modo, il mercato dei fondi di venture capital in Italia potrebbe superare 1,6 miliardi di euro entro la fine del 2023. È da considerare anche il mercato Euronext Growth Milan, che accoglie le PMI italiane con potenziale di crescita. Nel 2022, c’erano 190 aziende quotate con una capitalizzazione di mercato di 10,6 miliardi di euro (dati Borsa Italiana). Dopo la pandemia, il mercato ha registrato una crescita del 95% nella capitalizzazione di mercato e del 26,1% nel numero di aziende quotate. Infatti, nel 2022, sono stati raccolti 901,5 milioni di euro attraverso l’emissione di azioni da parte delle PMI italiane (+85% rispetto il 2021). Secondo gli autori della ricerca, nel 2023 i capitali raccolti potrebbero superare il miliardo di euro.
L’importanza della sostenibilità e l’economia circolare
Integrare il concetto di corporate social responsibility, dove le aziende si compromettono a tener conto degli impatti sociali, ambientali ed economici delle proprie attività, può portare alle PMI italiani benefici in termini di reputazione, gestione del rischio, ricavi, quota di mercato e capacità di innovazione. Infatti, “un design sostenibile offre vantaggi alle imprese, ai consumatori e all’ambiente, migliorando la competitività dei prodotti e dei sistemi economici”, afferma Valerio Mancini. L’Italia è in testa per i trend di circolarità tra le principali economie europee, registrando il maggior incremento nelle performance dell’economia circolare secondo il 5° Rapporto sull’economia circolare in Italia (2023) che valuta diversi indicatori quali tasso di riciclo dei rifiuti, produttività delle risorse e consumo di suolo. Le regioni più sviluppate in termini di economia circolare sono Toscana e Trentino Alto-Adige, mentre in fondo alla classifica si trovano Molise e Calabria. Avviare un percorso verso la transizione verde conviene: secondo la ricerca Diversity brand index 2022, le aziende con più forti culture etiche superano le loro concorrenti del 40% in tutte le misure di performance aziendale. Non solo, concentrarsi sull’etica è particolarmente importante per la Generazione Z, che entro il 2025 rappresenterà il 27% della forza lavoro. Inoltre, secondo i dati del Parlamento Europeo (2023) questo approccio non solo potrebbe portare all’Europa benefici ambientali e sociali, ma potrebbe generare un beneficio economico netto di 1.800 miliardi di euro entro il 2030.
Finanziare un’economia sempre più sostenibile
Il crescente interesse verso un’economia più sostenibile offre nuove opportunità e sfide soprattutto le PMI. Nel mercato dei capitali di debito, l’evoluzione dei minibond green è stata sorprendente: in soli 3 anni (tra il 2020 e il 2022), tale mercato è passato dal collocamento di poco meno di 70 milioni di euro ad oltre 200 milioni di euro a fine 2022. In particolare, i 42 minibond green emessi nel 2022 hanno costituito il 17,6% dei 238 minibond complessivamente collocati dale PMI italiane (dati Borsa Italiana). Francesco Baldi prevede che ci possa essere “un ulteriore sviluppo di tale segmento di mercato, avvalorato da un sempre più crescente interesse da parte degli investori per gli strumenti della finanza sostenibile. Nel 2023, il numero di emissioni di minibond green è destinato a superare le 100 emissioni su base annua (138 per il 2023, pari ad un ammontare collocato di 352,6 milioni di euro)”. Secondo Baldi, al fine di sfruttare appieno le opportunità ESG (environmental, social, and governance), è necessario “trasformare il sistema imprenditoriale italiano in un ecosistema all’avanguardia nel rispetto delle direttive climatiche, ambientali, di inclusione di genere e di coesione interna”. Per raggiungere questo obiettivo, sono necessarie misure di politica economica e di policy specifiche, ed è importante coordinare centralmente le attività di investimento dei fondi italiani di venture capital, che attualmente sono gestiti principalmente a livello regionale. Inoltre, “occorre potenziare l’orientamento alla ricerca e sviluppo nelle università italiane per promuovere l’innovazione e le competenze tecnologiche dei ricercatori e favorire la creazione di spin-off accademici. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) può svolgere un ruolo chiave in questo processo”, aggiunge Mancini. Infatti, servirebbe potenziare l’investimento dei fondi italiani di venture capital attraverso interventi finanziari a sostegno di startup e PMI innovative, sia nella fase iniziale sia nella fase di espansione, indipendentemente dal settore di appartenenza, e promuovere il co-investimento tra fondi di venture capital, business angel e incubatori/acceleratori di azienda, fornendo agevolazioni per queste attività collaborative. “Il co-investimento aumenterebbe il flusso di capitali e conoscenze verso le startup italiane in fase iniziale, con una maggiore condivisione del rischio da parte degli investitori qualificati”. Infine Baldi aggiunge che “sarebbe utile prevedere l’estensione dell’oggetto sociale, richiesto alle nuove imprese per registrarsi come startup innovative ed ora circoscritto ai soli prodotti o servizi ad alto valore tecnologico, anche a tutto il resto delle tipologie di attività produttiva. Ciò consentirebbe ai fondi italiani di VC di investire non solo in startup tecnologiche ma anche in startup con business più tradizionali come per esempio abbigliamento/moda, design di mobili”. Queste misure contribuirebbero a creare un ambiente favorevole all’innovazione, all’investimento e alla crescita delle imprese italiane, promuovendo un ecosistema imprenditoriale all’avanguardia.
Le aziende familiari: le fondamenta dell’economia italiana
Le aziende familiari non rappresentano solo la tradizione, sono anche agenti di innovazione. Alla fine del 2021, in Italia vi erano ben 17.897 aziende con ricavi superiori a 20 milioni di euro, di cui ben 12.500 erano di tipo familiare, rappresentando il 69,8% delle imprese in questa fascia di ricavi. Presso queste aziende viene impiegato il 74,2% dei dipendenti totali in Italia, con le aziende non familiari che rappresentano il restante 25,8%. Secondo le analisi degli autori, fatte sui dati AIDA (Bureau Van Dijk), un importante database di aziende italiane, nel periodo 2013-2021, le aziende familiari di piccole-medie dimensioni hanno registrato una crescita dei ricavi superiore a quella delle altre imprese con assetti proprietari diversi (+38% vs 35%). Inoltre, si prevede che i ricavi di vendita delle aziende familiari italiane aumentino del 6% entro il 2023 e che ci sia un aumento del 4% nel numero di dipendenti. Le province di Milano e Roma concentrano il maggior numero di aziende familiari, con 2.696 e 896 imprese rispettivamente (2021). Il 57,3% delle aziende familiari risulta essere di piccole-medie dimensioni (con ricavi tra i 20 e i 50 milioni di euro) e il 42,7% è di grandi dimensioni (con ricavi superiori a 50 milioni di euro), e sono realtà che dimostrano continuamente la loro capacità di adattarsi in presenza di avversità anche grazie alla diversificazione delle fonti di finanziamento alle quali fanno ricorso.
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