I social network si sa sono uno strumento potente ma anche un contenitore capace di riverberare qualsiasi cosa, spesso pubblicata senza filtri, senza criteri, senza nemmeno lasciare passare quel microsecondo di pausa, che tanto sarebbe utile, tra il momento in cui si scrive un post e il momento in cui si clicca per pubblicarlo. Ciò vale per tutto, ma proprio per tutto. Recentemente ho sentito, non ricordo la fonte, questa frase: “oggi sui social network non è raro leggere anche cose che un tempo si potevano leggere solo se scritte sulle piastrelle dei gabinetti degli autogrill”. Senza arrivare a quegli eccessi è però bizzarro osservare che anche quando si tratta di startup (molto meno di scaleup perché gli imprenditori che hanno scalato sono già di gran lunga più sgamati degli aspiranti creatori di startup mediamente più ingenui) è un proliferare di incantatori di serpenti, o meglio di quelli che definirei ‘consulenti-omeopatici’, gente che si propone di insegnarti metodi e trucchi per trovare soldi, per crescere rapidamente, per conquistare i mercati ma che, se si va a vedere ha ben poca, se non addirittura nessuna, esperienza sul campo. Qui il mio interesse non è quello di aprire una caccia alle streghe, quindi non si faranno nomi di millantatori di varia natura, ma è quello di fotografare un fenomeno dilagante. Per codesti soggetti il social network preferito è oggi Linkedin dove nel profilo professionale i più fantasiosi si sbizzarriscono con titoli che sembrano presi direttamente dalla sala macchine dell’Enterprise di Star Trek, e si gonfiano il petto con ogni piccola cosa che fanno: pubblicano foto di ogni evento in cui vanno, spesso unicamente il badge, postano frasi ispiriazional-motivazionali, scrivono post che iniziano con frasi come ‘è stato un onore …’ o ‘sono onorato …’ formula ormai collaudata per pubblicare cose autocelebrative con l’intento di non apparire troppo autoreferenziali ma è solo una questione di maquillage. Ci sono perfino quelli che pubblicano pagine di giornali, magari testate blasonate, in cui si parla di loro autolodandosi per tale risultato quando poi si tratta di publiredazionali, quindi di pubblicità da loro stessi pagata. Provate a farci caso capita spessissimo, e provate a chiedere loro il nome del giornalista che ha scritto l’articolo, si sgonfieranno in men che non si dica. È divertente per certi versi. E poi Linkedin è diventato il luogo preferito per i post del tipo ti-spiego-io-come-stanno-le-cose. I migliori in questo campo sono quelli che pubblicano video in prima persona con le loro considerazioni su ogni tema possibile, e sul tema startup ci sono delle vere e proprie chicche che, a volerlo, ci sarebbe materiale per farci una serie comica. Va detto che ci sono anche quelli bravi, quelli che usano questi strumenti ma che un qualche background serio lo hanno, ma sono la minoranza. La regola generale, con pur le eccezioni del caso, è: più un coach-expert-mogul-mentor-guru-consultant per startup chiacchiera (soprattutto se in chiave autoreferenziale) sui social network meno è affidabile e viceversa. Il fenomeno delle startup è ormai un mare pescosissimo e i consulenti-omeopatici, privi quindi di principio attivo, di reali competenze e reali esperienze, in questo mare nuotano come squali. Non è in questa sede che vogliamo salvare il mare dai predatori (anche perché sinceramente i loro post sono più divertenti dei video dei gattini-che-fanno-cose), ci sarà sempre, purtroppo, qualche startupparo ignaro e ingenuo che finirà nelle fauci dei consulenti-omeopatici per rendersi conto solo dopo che ha perso molto tempo e molti soldi, ma ciò che ci interessa è osservare il fenomeno. Così come accade con i consulenti finanziari che millantano, così come accade con i finti medici-guru, così come accade con le psico-pratiche che promettono di risolvere gli psico-problemi più profondi, così come esistono antivaccinisti, terrapiattisti, lunacomplottisti (in questo mese in cui ricorre il 50esimo del viaggio dell’Apollo 11 che ha portato il primo uomo sulla Luna, questi ultimi sono le stelle più brillanti del firmamento degli sparpagliatori-di-fesserie), così come accade in molti settori, anche in quello delle startup grazie ai social network, vi sono gli imbonitori che promettono di insegnare magiche formule per gestire e fare crescere la startup (non esistono magiche formule per questo) o che promettono di aprire le porte degli investitori (e anche qui se non hai una relazione diretta e consolidata con gli investitori a essi non mancano le occasioni per entrare in contatto con le imprese nascenti e riconoscere le migliori). Evidentemente per potere un giorno avere un ecosistema sano serve passare e, ci si augura presto, anche metabolizzare questi … fenomeni.
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