Startup dell’healthcare, come convincere i venture capital

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Per due giorni, Milano è stata la capitale europea delle startup del mondo dell’healthcare. All’interno del MIND, l’Innovation District sorto sullo spazio che ha ospitato l’Expo del 2015, si è infatti svolto l’InnoStars Grand Final 2023, evento che ha visto confrontarsi 40 tra le più promettenti start-up dell’Europa centrale, orientale e meridionale sul tema dell’innovazione del mondo sanitario. Non è però stato uno scontro diretto quanto invece una sfida giocata sul valore dei progetti e sull’abilità di presentarli. L’obiettivo era convincere tramite un pitch una giuria composta da esponenti di alcuni dei più quotati venture capital europei al fine di ottenere un premio in denaro che poteva arrivare fino a 25mila euro.

La struttura del contest

I giudici dovevano fornire un voto a otto criteri prestabiliti che spaziavano da un giudizio sulla tipologia del progetto alle potenzialità commerciali, dalla struttura della start-up fino alla capacità di presentare la società e il progetto stesso parlando in inglese, che non era la lingua madre di nessuno dei partecipanti. Ai voti dei giudici, si sono poi sommati anche quelli delle persone che hanno seguito l’evento in streaming. I pitch avevano la durata di tre minuti. Terminata l’esposizione, i giudici avevano a disposizione altri tre minuti di tempo per porre delle domande al fine di approfondire alcuni aspetti, così da poter esprimere una più consapevole opinione. I progetti presentati sono stati i più svariati e hanno spaziato in vario modo dalla diagnostica alla cura dei pazienti. È stato inoltre seguito un principio per suddividere le start-up e farle competere in modo coerente: il livello di maturità del progetto, che spesso corrisponde anche a quello della società stessa. In tal senso, il programma prevedeva tre terreni di competizione: RIS Innovation Call (per progetti che si trovano ancora nella fase di proof-of-concept), gli InnoStars Awards (per le startup con un MVP e nelle prime fasi di sviluppo del business) e Attract To Invest per le startup che hanno già un prototipo avanzato o un prodotto finito e sono alla ricerca di investimenti). I primi due gruppi prevedevano 10 proposte ciascuno, mentre il terzo riuniva le 20 rimanenti. Dopo due giorni di scontri a suon di pitch, i giudici hanno espresso il loro giudizio e ogni categoria ha avuto tre premi. Il premio RIS Innovation Call, che prevedeva per tutti i partecipanti un project grant da 75mila euro, è stato vinto dalla portoghese Orgavalue con un progetto per la bioingegnerizzazione degli organi umani; il primo classificato nell’InnoStars Awards, il cui premio è stato 25mila euro è stato la startup portoghese GoTech per un sistema di disinfezione dei cateteri; il premio Attract To Invest di 25mila euro è stato vinto dalla ceca Mebster con il progetto di un esoscheletro di ausilio per la camminata.

Il programma di formazione di EIT Health

Tutte le startup presenti all’InnoStars Grand Final 2023 hanno partecipato nel corso dell’anno ai programmi di training e di avvicinamento al mondo degli investitori messi a punto da EIT Health, la parte dell’European Institute of Innovation and Technology che si occupa del mondo della sanità. “EIT è uno dei componenti del terzo pillar dell’Horizon Europe dedicato all’innovazione – ha precisato Chiara Maiorino. EIT Health ecosystem lead for Italy –Quindi, valorizziamo il budget della commissione  a favore di entità localizzate negli Stati membri per  promuovere e supportare i loro piani di innovazione attraverso programmi formativi, supporto alla creazione allo sviluppo di impresa ed erogazione digrants per progetti di innovazione”. Lo scopo di EIT Health è di promuovere l’innovazione in ambito healthcare offrendo prima di tutto strumenti formativi ed educativi. “Creiamo programmi a supporto degli imprenditori o dei professionisti per permettere all’innovazione di essere organizzata e di rispondere alle sfide del mercato – ha aggiunto Maiorino –. Raccogliamo gli innovation gaps dei nostri partner industriali o delle università e dei centri di ricerca, e insieme a loro cerchiamo di costruire quei programmi che possono favorire la creazione delle soluzioni desiderate”. Ogni anno EIT Health prepara e aiuta le start-up a trasformarsi, a evolvere da gruppi di ricerca o spin-off di un’università in vere aziende, consentendogli anche di apprendere come preparare un pitch e come gestire un deal con gli investitori. Una selezione di queste start-up partecipa poi all’InnoStars Grand Final, che, come anticipato quest’anno si è svolto a Milano. L’evento è stato ospitato da Synlab Italia, che in contemporanea ha promosso gli EIT Health iDays: circa 80 studenti si sono confrontati durante un hackathon di 48ore per sviluppare delle soluzioni tecnologiche alle sfide industriali in ambito Health e Smart City. “Siamo felici che gli iDays abbiamo avuto molto successo e siamo pronti a replicare per i prossimi due anni– ha affermato con un certo orgoglio Maurizio Ferrari, chief medical officer di SynLab e membro della giuria degli award di InnoStar –. Tre anni fa abbiamo infatti partecipato alla selezione dove EIT Health decide a chi affidare per quattro anni l’organizzazione dell’evento e l’abbiamo vinta. Questo è il secondo anno che l’organizziamo, in collaborazione con InnoStars, Federated Innovation @MIND e Cariplo factory,  e i riscontri sono molto positivi”

Cosa valutano i venture capital in una startup

Le startup presenti all’evento milanese hanno quindi avuto un pitch di tre minuti (più altri tre per rispondere alle domande) per convincere i giudici che il loro progetto era valido e che la società avrebbe potuto essere oggetto di investimento. Ma come hanno fatto? O meglio, cosa hanno valutato i giudici per esprimere il loro giudizio? Quindi, per dare una valenza più generale, cosa considera un venture capital quando una start-up gli presenta un progetto? Questa domanda è stata posta ai venture capital che componevano la giuria dell’InnoStars Grand Final e la risposta è stata unanime: le persone. Più in dettaglio, la capacità delle persone di strutturare la start-up come una vera società, quindi con una persona che voglia e sappia evolvere per fare l’imprenditore. “Credo che il punto numero uno sia l’imprenditore, il cuore dell’azienda – ha sostenuto Carlo Sanfilippo, senior investor manager di Indaco Venture Capital –. Colui che la sta facendo funzionare, che ha il potere e il controllo sul team. Nella mia esperienza, nella maggior parte dei casi, se c’è un imprenditore forte, possiamo andare due volte più lontano rispetto ad avere un team forte, ma che a livello umano non si integra bene e non ha le giuste caratteristiche. Tuttavia, un buon leader deve anche essere pronto a dimettersi se lo sviluppo dell’azienda richiede un altro tipo di leader, in una fase successiva. Faccio parte del consiglio di amministrazione di tre società e nessuna di esse ha lo stesso CEO dell’inizio”. Un altro aspetto importante è che la struttura della startup preveda tutte le persone necessarie a portare avanti il progetto, sia dal punto di vista tecnologico sia commerciale. Se la start-up è in una fase iniziale, queste figure possono non essere tutte presenti, ma il progetto deve prevedere che, grazie anche ai fondi del venture capital, possano essere acquisite per colmare eventuali carenze. Ci deve poi essere una chiara visione del mercato e delle opportunità che offre. “Se nel business plan di una startup non è presente una chiara analisi dei concorrenti inizio ad avere qualche dubbio sulla validità del progetto – ha sostenuto Sanfilippo –. Questo perché se la si è dimenticata vuol dire che non si ha ancora le idee ben chiare sul lato commerciale, ma se non la si è inserita di proposito allora probabilmente si vuole nascondere qualcosa. È impossibile che non ci si sia un concorrente o qualcuno che non faccia prodotti simili. Se invece dovesse accadere, ritengo che si stia puntando a un segmento davvero molto di nicchia e quindi dovrebbe essere necessario valutare attentamente se vale la pena proseguire in tale direzione. Il venture capital deve fare un investimento che nel caso dell’healthcare prevede tempi molto lunghi, in media una decina di anni, e quindi deve essere certo di puntare su un prodotto che abbia ampie potenzialità commerciali”. Da ultimo, ma non meno importante, un aspetto che le start-up, in particolare quelle del mondo della sanità, devono considerare è la proprietà intellettuale. “Non si è più nel mondo accademico e le intuizioni tecnologiche vanno protette – ha concluso Sanfilippo –. La proprietà intellettuale è centrale nella due diligence finanziaria e legale. Per questo è fondamentale che la start-up abbia un’idea precisa di come proteggere i frutti dei propri sforzi”.

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