Space economy, opportunità formidabile per l’innovazione italiana

Tutti abbiamo visto le spettacolari immagini del volo e dell’attracco alla Stazione Spaziale Internazionale del Crew Dragon, la navicella di SpaceX progettata per ospitare astronauti. È l’ultimo successo del più incredibile degli imprenditori innovativi Elon Musk ed è la nuova speranza per l’agenzia spaziale statunitense Nasa di tornare a essere in prima linea nei collegamenti con la Stazione Spaziale Internazionale, oggi appannaggio dei russi da quando lo Space Shuttle andò in pensione nel 2011. Crew Dragon è però anche un altro passo verso quella che in molti già chiamano la new space economy. Siamo al momento del cambio di paradigma, se fino a ieri lo spazio era territorio ove la competizione si faceva tra Paesi, tra governi, ove si poteva esprimere l’orgoglio delle nazioni più tecnologicamente avanzate, oggi è invece sempre più territorio di business. La stessa SpaceX di Musk è un’impresa che deve trovare la sua sostenibilità, che deve vendere biglietti a persone che vogliono andare nello spazio e a merci che serve che vadano nello spazio. Cambiano quindi le regole, se una volta erano solo le agenzie spaziali di governi e consorzi governativi a occupare la scena spaziale con progetti a volte di alto valore anche sociale come accade per i satelliti per le telecomunicazioni e per quelli che ci garantiscono la possibilità di muoverci nel mondo con i navigatori, e a volte più pericolosi come accade con satelliti spia e satelliti militari, oggi anche le aziende private giocano un ruolo e lo faranno con sempre maggiore lena. E così l’economia dello spazio cresce e si sviluppa anche grazie alle startup. In Italia ce ne sono alcune che sono vere e proprie eccellenze, ne cito tre : D-Orbit che fa diverse cose tra cui un sistema per il decomissioning dei satelliti, vale a dire per gestirli a fine vite affinché non vadano ad aumentare la cosiddetta spazzatura spaziale e un sistema che è in grado di ottimizzare il lancio dei satelliti di piccole dimensioni, i cosiddetti CubeSat; LeafSpace che offre servizi di gestione delle telecomunicazioni tra la terra e i microsatelliti per applicazioni come la ricerca e il soccorso, l’agricoltura, il monitoraggio di zone disastrate, il tracciamento delle navi e molto altro; T4i che sviluppa motori, propulsori e antenne per piattaforme satellitari basati su sistemi chimici, al plasma ed elettrici (D-Orbit e LeafSpace saranno due delle cinque scaleup protagoniste ai prossimi Italian Innovation Day che si svolgeranno a Singapore il 18 marzo  e a Perth nell’Australia occidentale il 20 marzo ) . E poi c’è anche un fondo dedicato all’aerospazio di cui abbiamo anticipato in questo articolo e che sta attirando non poca attenzione da parte di investitori e si sta strutturando per avere un management team di alto profilo. La space economy è una grande opportunità per molti e apre nuovi scenari, alcuni ancora impensabili, e se in Usa ci sono capofila come SpaceX e se l’Australia solo di recente ha annunciato la nascita della sua agenzia spaziale (di cui abbiamo accennato qui ); e se la Gran Bretagna sta iniziando a fare sistema, come scrive il sempre puntuale Mike Butcher su TechCrunch, anche l’Italia può e deve giocare un ruolo da protagonista perché vi sono le competenze, gli imprenditori che sanno il fatto loro e una forte tradizione in questo settore fatta di non pochi successi sia umani sia scientifici (come ricordava l’astronauta Paolo Nespoli nel suo intervento in occasione della prima edizione degli Italian Innovation Day di Tokyo nel 2016 ). @emilabirascid

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