SPAC, il declino delle società che portano le scaleup in Borsa

Negli ultimi anni una delle ossessioni di Wall Street è stata quella di lanciare una SPAC (Special Purpose Acquisition Company), società di acquisizione a fini speciali, ne avevamo già parlato in questo articolo: le SPAC si quotano in Borsa, vendono azioni al pubblico, e poi utilizzano i proventi per fondersi con altre società o acquisirle. Ebbene, ora sembrerebbe essere sopraggiunto il loro tramonto. Nelle SPAC i primi investitori ottengono dei warrant, un tipo di titolo con il quale possono acquistare ulteriori azioni in un secondo momento a un prezzo predefinito. Se le azioni di una SPAC salgono dopo aver trovato un partner per la fusione, i warrant saranno ancora più remunerativi. La SPAC ha poi due anni di tempo per trovare un’azienda operativa da acquistare, altrimenti il denaro deve essere restituito agli investitori. Poiché gli investitori non sanno quale azienda la SPAC finirà per acquistare, hanno la possibilità di riscattare le loro azioni al momento della fusione, il che è significativo: l’entità risultante dalla fusione potrebbe infatti ritrovarsi con una liquidità molto inferiore a quella raccolta dalla SPAC. Quindi, a differenza delle IPO che devono sottoporsi a un processo rigoroso, le SPAC, invece, sono soggette a poche regole, poiché nel momento della quotazione non hanno ancora un’attività effettiva. Dopo due anni di bolla, parliamo di un totale di investimenti di circa 250 miliardi di dollari nel solo 2021 , pare che la stagione nuova tra Wall Street e le SPAC sia al termine, causa la recente stagflazione e i rialzi dei tassi d’interesse. Gli investitori sarebbero meno propensi a scommettere che le fusioni delle SPAC, le quali molto spesso coinvolgono società a rischio, avranno successo. Ecco che gli investitori starebbero ritirando allora il loro denaro dalle SPAC, cosa che possono fare solo al momento della fusione. Secondo i dati di Dealogic, circa 600 SPAC che si sono quotate in borsa negli ultimi due anni stanno ancora cercando di concludere operazioni. Circa il 50% di queste potrebbe non trovare obiettivi prima della scadenza dei due anni. Sebbene le SPAC esistano da decenni, inizialmente godendo di una reputazione poco rassicurante, la situazione è mutata solo agli inizi del 2020, quando importanti società finanziarie, venture capitalist e startup hanno visto nelle SPAC la via d’accesso più veloce e semplice per quotarsi nei mercati pubblici. Il boom delle SPAC è stato alimentato e agevolato da un lungo periodo di bassi tassi d’interesse, spingendo così gli investitori verso deal più rischiosi alla ricerca di rendimenti più elevati. Le SPAC sono diventate particolarmente popolari tra gli hedge fund che cercavano di trarre profitto dalla differenza tra il prezzo di un’azione della SPAC e i warrant in loro possesso. Ora il declino. Ne avevamo già parlato in questo articolo, citando il report del Global Corporate Venturing: le emissioni delle IPO si sono fermate a fine febbraio per l’escalation della guerra in Ucraina. Ma il crollo dei volumi delle IPO è dovuto principalmente al calo del 90% del numero di società di acquisizione a fini speciali (SPAC) che hanno potuto quotarsi negli Stati Uniti nel primo trimestre 2022. Ora, le acquisizioni target di SPAC erano spesso startup in perdita, e questo prosciugamento della liquidità potrebbe quindi mettere in crisi l’M&A come via d’uscita e aumentare la pressione su queste società per raccogliere ulteriori round, anche se a valutazioni inferiori. “Perché all’improvviso i VC si sono rivolti alle SPAC? Perché banche d’investimento affidabili hanno iniziato a sottoscriverle”, ha dichiarato Mike Stegemoller al NYT, professore di finanza alla Baylor University. Le banche di Wall Street erano fin troppo ansiose di organizzare queste operazioni “a scatola chiusa” dietro il pagamento di ingenti commissioni. E gli investitori, alla disperata ricerca di rendimenti, vi hanno aderito con entusiasmo. Le operazioni SPAC sono quindi state una nuova importante fonte di reddito per le banche di Wall Street. Dall’inizio del 2020, le 10 principali banche che hanno organizzato le offerte pubbliche di SPAC hanno guadagnato poco più di 5,4 miliardi di dollari in commissioni. Citigroup, Credit Suisse e Goldman Sachs hanno intascato le commissioni maggiori. E così Alla fine del 2019, Richard Branson ha fuso Virgin Galactic, la sua società aerospaziale, con una SPAC guidata da Chamath Palihapitiya, il dirigente di Facebook diventato venture capitalist; l’anno successivo è stato poi il turno di DraftKings, società di giochi online, che si è quotata in borsa con un’operazione SPAC sottoscritta da Goldman, Credit Suisse e Deutsche Bank. Improvvisamente, tutti, dai gestori di hedge fund come Bill Ackman a celebrità come Patrick Mahomes, il quarterback della NFL, e Serena Williams, la leggenda del tennis, hanno abbracciato le SPAC. Il trading azionario è poi decollato durante la pandemia. E così, l’anno scorso, persino l’ex presidente Donald J. Trump ha stretto un accordo con una SPAC per portare in borsa la sua neonata società di social media, Truth social. A oggi invece due sono le cause che starebbero compromettendo il futuro delle SPAC e la loro frenata. Per prima, l’inflazione alle stelle, che ha spinto la Federal Reserve ad alzare i tassi di interesse e gli investitori a ritirare il loro denaro dalle operazioni SPAC per parcheggiarlo altrove. Negli ultimi mesi, gli investitori hanno invocato più spesso il diritto contrattuale di riscattare le proprie azioni in una SPAC. Storicamente, circa il 54% degli azionisti sceglieva di riscattare le azioni all’annuncio di una fusione. Ora, in alcuni casi, addirittura l’80% degli investitori ha chiesto il rimborso del proprio denaro, una mossa che lascia alla società post-fusione una piccola parte del capitale promesso. L’altro fattore scatenante che potrebbe compromettere il futuro delle SPAC riguarda un forte incremento dei controlli sulle SPAC. Nell’ultimo periodo si è assistiti a una forte crescita, rendendo ancora di più questo tipo di operazioni meno allettanti agli operatori coinvolti. Secondo Audit Analytics, la Securities and Exchange Commission ha aperto due dozzine di indagini su SPAC dal gennaio 2020 e propone regole più severe. Una mezza dozzina riguarda società di veicoli elettrici, tra cui Lordstown Motors, Lucid e Faraday Futures. Anche la SPAC che sta cercando di fondersi con l’azienda di Trump è oggetto di indagine. Una maggiore regolamentazione renderebbe le operazioni SPAC meno redditizie per le grandi banche d’investimento che organizzano queste transazioni, perché dovrebbero impegnare più risorse per conformarsi. Ne è scaturito che anche le banche hanno iniziato a ritirarsi. Audit Analytics aveva indicato che almeno 25 società fuse con SPAC tra il 2020 e il 2021 hanno emesso i cosiddetti going-concern warnings, una specie di avviso di garanzia, attraverso cui il revisore contabile di una società esprime dubbi sostanziali sulla capacità dell’azienda di sopravvivere per l’anno successivo. Le autorità di regolamentazione hanno allora proposto regole a favore degli azionisti in modo che possano fare causa alle società che si sono fuse con una SPAC per aver fatto proiezioni finanziarie fantasiose e affermazioni dubbie sulle capacità produttive. In questo caso le stesse banche potrebbero aver avuto una maggiore responsabilità per il loro lavoro su tali operazioni. Per esempio, Goldman ha ridotto il suo coinvolgimento nelle SPAC in parte a causa del “mutato contesto normativo”, ha dichiarato Maeve Duvally, portavoce della banca. Il nuovo processo di regolamentazioni che si sta teorizzando inevitabilmente potrebbe innalzare i costi per le banche e le stesse commissioni per i clienti, il che attenuerebbe l’entusiasmo per le SPAC. Tale contesto è stato ingrandito lo scorso maggio proprio dalla pubblicazione di un report divulgato dal senato degli USA e incentrato sui conflitti di interesse che coinvolgono alcuni attori nelle operazioni di SPAC, dove la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren ha dichiarato che “il processo di commercializzazione di una SPAC favorisce intrinsecamente gli investitori istituzionali e le istituzioni finanziarie rispetto agli investitori retail”. I finanziatori di queste società sono allarmati. Il fenomeno del mercato statunitense si sta riversando anche in quello nascente asiatico: a nove mesi dall’autorizzazione delle SPAC infatti a Singapore, sono state effettuate solo tre quotazioni di questo tipo. A Hong Kong, dove le regole sono entrate in vigore a gennaio, solo due sono state quotate in Borsa. Tutto a causa sempre dell’aumento dei tassi di interesse e stagflazione. Il report di CBInsights riporta che nel Q2 le IPO e le SPAC rispetto al precedente trimestre sono calate del 15% e del 26% rispettivamente. Anche il Q2 2022 secondo l’analisi di Pitchbook pubblicata due giorni fa non smentisce lo scoppio della bolla: “le quotazioni pubbliche hanno subito un crollo, con società di acquisizione a fini speciali (SPAC) che hanno registrato un trimestre difficile, in cui abbiamo visto che il sentimento generale attorno le SPAC ha continuato a deteriorarsi alla luce delle perdite massicce dei titoli azionari pubblici. Molte fusioni annunciate di SPAC sono state abbandonate o annullate sulla scia dell’azzeramento dei multipli di valutazione. Gli shareholder delle SPAC probabilmente stanno diventando più avversi al rischio e stanno valutando attentamente i loro diritti di riscatto per recuperare il capitale piuttosto che assumersi i rischi di gestione dell’attività”. (Photo by Roberto Júnior on Unsplash )

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