Sostegno alle imprese innovative, serve rapido cambio di rotta

Fondi pubblici, bandi, leggi, normative, misure di sostegno alle imprese innovative. In Italia si percorrono tante strade ma fino a ora i risultati sono deludenti ed è necessario un radicale cambio di rotta. Subito. Il 16 febbraio 2015 parte il nuovo bando Smart&Start (ne avevamo dato anticipazione). Dopo la prima esperienza che si può definire piena di incertezze (in questo articolo abbiamo raccontato quanto accaduto a una startup che vi ha partecipato) il governo ha deciso di riprovare apportando alcune modifiche. Intanto potranno partecipare solo ed esclusivamente le startup cosiddette innovative per decreto ricadendo, purtroppo, nell’ormai chiaramente inefficace limite imposto dal governo che ha decido si volere essere l’unico arbitro del sistema economico delle aziende innovative andando contro a qualsiasi logica di mercato e di pari trattamento tra le imprese (qui i limiti dell’attuale legge). Cade la barriera geografica che per la prima edizione del bando era limitata al Mezzogiorno, dal 16 febbraio potranno presentare domanda anche startup innovative con sede in tutte le regioni d’Italia anche se restano alcuni privilegi per le startup costituite esclusivamente da donne o giovani sotto o 35 anni, se è presente un ricercatore italiano che lavora all’estero (se il ricercatore ha scelto di restare in Italia non vale …) o se la sede è nel Mezzogiorno o nel cratere sismico dell’Aquila (si veda il comunicato ufficiale di Invitalia – l’ente che gestisce il bando Smart&Start – in calce all’articolo). La formula con la quale saranno erogati i soldi, la dotazione totale è di ‘circa 200milioni’ (così afferma il comunicato ufficiale di Invitalia) è quella dei mutui a tasso zero, quindi nessun fondo perduto ma nemmeno equity. Questa formula è, nel caso del sostegno allo sviluppo di imprese che mirano a rinnovare il tessuto economico e industriale del Paese, da considerarsi però errata. Lo è perché è un errore sostenere le imprese con i prestiti con il risultato che ci troveremo ad avere una miriade di aziende indebitate ancora prima che siano sul mercato e quindi in molti casi incapaci di restituire il prestito e negli altri con maggiori difficoltà quando si tratterrà di trovare investitori in capitale di rischio che si troveranno magari a dover scegliere tra investimenti in aziende senza debiti e in aziende indebitate con lo Stato. Nel medio termine ciò porta a uno scenario che è tutt’altro che costruttivo perché avremo imprese indebitate, molte incapaci di restituire il prestito (a titolo di promemoria lo scandalo dei mutui Subprime che fu una delle scintille che accesero la crisi economica che continua tutt’oggi avvenne proprio perché furono fatti prestiti a soggetti – in quel caso non imprese – incapaci di accedere ai normali tassi di mercato e poi rivelatisi dannosi perché i debitori non furono in grado di onorare i debiti, si trattò quindi di un modello molto rischioso sia per chi erogava i prestiti sia per i debitori) e altre che invece si troveranno molto probabilmente in situazioni di imbarazzo quando avranno bisogno di maggiori capitali. Non si fanno le imprese innovative con i prestiti e non è per un vezzo ma proprio per logiche di mercato e di competizione internazionale. A testimoniare ulteriormente come questa formula sia poco efficace è anche la pletora di consulenti che appena è stata resa nota la data dell’apertura del nuovo bando si sono subito messi a caccia di startup per proporsi di assisterle nel compilare la domanda al bando. Relativamente a ciò anche confortati dalla posizione ufficiale di Invitalia va detto che non è richiesta la presenza del consulente quindi le startup che decideranno di avvalersi di uno di loro lo faranno per libera scelta e non perché è richiesto dal bando. Ma la domanda è: perché usare questi ‘circa 200milioni’ di euro con la formula del mutuo a tasso zero e non invece riattivare il modello del fondo HT per il Mezzogiorno che funzionò piuttosto bene come indicano i dati Aifi sugli investimenti early stage degli ultimi anni che invece nel primo semestre 2014 sono crollati (si veda l’articolo dedicato a questo tema). Quella è una formula intelligente perché si basa sull’equity e perché stimola gli investimenti privati accanto a quelli pubblici, perché coinvolge gli investitori professionisti e perché consente allo Stato di ricevere un guadagno da queste operazioni, guadagno che può poi essere nuovamente investito in altre operazioni simili in futuro. E’ un modello possibile e praticabile come dimostra anche l’iniziativa della Regione Basilicata che sta applicando tale formula con un piccolo fondo da otto milioni di euro ma associato al ruolo dei privati (si veda articolo in proposito) e come molto probabilmente farà anche la Regione Lombardia con la nuova edizione del bando Start e Restart. Va inoltre sottolineato che il meccanismo della Regione Basilicata non applica la discriminazione tra le imprese innovative per decreto e quelle che al decreto non aderiscono ma che sono altrettanto interessanti e promettenti. Duecento milioni di euro se usati in modo efficace, quindi applicando i principi dell’equity e coinvolgendo gli investitori in capitale di rischio, sarebbero stati una consistente boccata di ossigeno per un sistema ancora asfittico e che negli ultimi mesi è peggiorato in termini di risorse disponibili a dimostrazione che la legge sulle startup non è efficace oltre che per la discriminazione che applica, anche per le detrazioni che oltre a essere limitate, si fermano al 19 /20% e per periodi limitati, non sono applicabili se non ricorrendo all’aumento di capitale e quindi dovendo andare dal notaio ogni volta, i versamenti dei soci di un’azienda a copertura delle perdite non sono detraibili. Inoltre la tassazione sul capital gain portata dal primo luglio scorso al 26% ha resto gli investimenti di questo tipo ancora meno convenienti, in tal senso una cosa da fare sarebbe quella di applicare l’aliquota dal 12,5% sul capital gain, come avviene per gli investimenti sui titoli di Stato, anche per chi investe in aziende con meno di quattro anni di vita (qui l’articolo). Una speranza ancora c’è e sono i 150milioni di euro promessi dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) da destinare a investimenti in aziende innovative – non si sa ancora se anche in questo caso sarà applicata la definizione di legge ma ci si augura di no – che utilizzano la formula dell’equity. Questi soldi che dovrebbero essere erogati in tre tranche da 50milioni l’una sono ancora fermi per una serie di motivi: la gestione di tali fondi sarà di competenza del Fondo italiano di investimento ma la Cdp vorrebbe un sistema di governance e di gestione dei capitali diverso da quella che è stato applicato in precedenza quando il Fondo italiano ha investito in alcuni fondi di venture capital. Per questo motivo la Cdp ha chiesto la nomina di un manager con grande esperienza nella gestione dei fondi in capitale di rischio, questo manager sarà nominato molto probabilmente entro gennaio 2015 e il suo nome, per ora noto solo quale indiscrezione e quindi ancora non pubblico, è tra quelli che in Italia più ha esperienza in investimenti in capitale di rischio. L’altro ostacolo importante da superare è la modalità con cui si deciderà di recepire la legge europea sui fondi di investimento (anche su questo tema l’articolo che ne racconta i dettagli) che è ancora da definire e che non si sa ancora quando sarà effettiva. Nel frattempo però il Fondo italiano non può erogare i capitali se i gestori non sono aderenti alla legge, ma la legge ancora non c’è, quindi è tutto bloccato e lo è non solo per la questione dei fondi della Cdp ma anche per l’operatività di molti gestori alcuni dei quali sono prossimi ad annunciare, sempre entro gennaio 2015, l’apertura di fondi che investiranno in startup italiane ma che avranno sede legale all’estero, per esempio in Lussemburgo: “ non è una questione fiscale, le tasse le continueremo a pagare in Italia perché la sede dell’azienda resta in Italia e perché gli investimenti li faremo in italia – spiega un investitore che sta per creare il fondo all’estero e che preferisce non essere nominato – ma con questa estrema incertezza legislativa non solo non si sbloccano i fondi di origine pubblica ma non ci è nemmeno consentito operare a prescindere e questo rischia di essere in grave danno per tutto l’ecosistema perché stiamo perdendo tantissimo tempo e non possiamo permettercelo così come non possono permetterselo le startup italiane, per questo abbiamo deciso che intanto apriamo il fondo in Lussemburgo e poi se e quando le condizioni in Italia torneranno a essere accettabili faremo le opportune valutazioni”. Lo scenario è quindi piuttosto infelice: la legge sulle startup è ormai oggetto di numerose controversie, l’erogazione di fondi sotto forma di mutui rischia di creare una nuova generazione di imprese indebitate, gli operatori di equity sono bloccati dall’incertezza legislativa e i fondi della Cdp pure. Tutto ciò è un gravissimo danno per l’ecosistema italiano, per la sua competitività internazionale, per la capacità di dare effettivo corpo alla capacità che abbiamo, che è di grande livello, di costruire innovazione. Chi governa e prende le decisioni ancora sembra non comprendere la necessità di cambiare rotta, serve farlo immediatamente senza ulteriori indugi, non ha importanza se la politica per mantenere la sua reputazione si vede costretta a perseguire strade errate, non ci sono ragioni politiche che tengano, bisogna eliminare la legge sulle startup con tutte le sue discriminazioni, incentivare gli investimenti in equity e abolire i prestiti quale formula per il sostegno alle imprese innovative, bisogna ridurre la tassazione sul capital gain e bisogna uscire dall’impasse della legge sui gestori e quindi degli investimenti della Cdp. Se non si fa tutto ciò entro i primi tre mesi del 2015 ci troveremo alla fine del prossimo anno a dover raccontare ancora di crollo degli investimenti e di inefficacia delle leggi e dell’azione del governo con conseguente affossamento dell’Italia quale player di carattere competitivo nello scenario internazionale della corsa all’innovazione. Il Comunicato stampa di Invitalia su Smart&Start COMUNICATO STAMPA Smart&Start Italia: le domande a Invitalia dal 16 febbraio 2015 Riparte l’incentivo per le startup innovative: esteso a tutta Italia con una dote di circa 200 milioni. Non sarà un click-day. Al via il nuovo Smart&Start Italia: con la pubblicazione della Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico parte ufficialmente la nuova versione dell’incentivo gestito da Invitalia e rivolto alle start-up innovative su tutto il territorio nazionale. Alle ore 12.00 del 16 febbraio 2015 Invitalia aprirà ufficialmente lo sportello on line sul sito www.smartstart.invitalia.it dove sarà possibile presentare le domande e i piani di impresa in forma completamente paperless: non si tratterà di un click-day, in quanto la misura verrà gestita dall’Agenzia fino a esaurimento delle risorse disponibili e l’istruttoria delle domande presentate seguirà l’ordine cronologico di arrivo. Il nuovo Smart&Start ha una dotazione finanziaria di circa 200 milioni di euro ed è caratterizzato da alcune importanti novità: le agevolazioni sono estese a tutte le regioni italiane e non più solo alle regioni del Mezzogiorno e alle aree del cratere Aquilano. I finanziamenti sono destinati alle start-up innovative – iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese – di piccola dimensione, costituite da non più di 4 anni, ma anche alle persone fisiche che vogliono avviare una start-up innovativa. I piani di impresa dovranno essere caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, mirare allo sviluppo di prodotti e servizi nel campo dell’economia digitale o essere finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca pubblica o privata. L’importo massimo finanziabile aumenta fino a 1,5 milioni di euro. Cambia anche la tipologia di agevolazione: sarà un finanziamento a tasso zero, ossia senza interessi, che potrà arrivare fino al 70% dell’investimento totale. La percentuale massima di finanziamento potrà salire all’80% se la start-up è costituita esclusivamente da donne o da giovani sotto i 35 anni, oppure se al suo interno c’è almeno un dottore di ricerca italiano che sta lavorando all’estero. Inoltre, solo per le start-up con sede nel Mezzogiorno e nel Cratere sismico dell’Aquila, è prevista una quota (20%) di contributo a fondo perduto. Le start-up costituite da non più di 12 mesi potranno beneficiare anche di servizi specialistici di tutoring tecnico-gestionale. “Con Smart & Start, per la prima volta in assoluto – afferma Domenico Arcuri, Amministratore Delegato di Invitalia – la Pubblica Amministrazione compie un’operazione totalmente paperless: la procedura di richiesta e concessione dei contributi avviene infatti esclusivamente on line. La prima versione dell’incentivo, destinato solo alle regioni del Sud, ha registrato un risultato superiore ad ogni previsione, con circa 370 imprese finanziate in un anno. Ora, con l’estensione all’intero Paese, ma con condizioni di maggior favore per i neo-imprenditori del Sud, la misura avrà sicuramente un impatto maggiore e contribuirà non solo a sviluppare l’innovazione ma anche a trattenere o riportare in Italia le migliori energie”.     (photo credits: ondablv on flickr)

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