Questo documento realizzato da ECRI – European Credit Research Institute – esamina il settore del social lending o prestiti peer-to-peer (P2P), focalizzandosi sul suo sviluppo nel Regno Unito, in Europa, in US, in Cina e in altri paesi, e valuta le problematiche di business e di politica economica che circondano questa nuova forma di intermediazione. La tesi sostenuta nel report è che il P2P lending debba essere complementare e non competitivo con la banca convenzionale e, di conseguenza, le banche dovrebbero adattarsi alla nascita del prestito P2P, sia collaborando strettamente con piattaforme di terze parti, sia offrendo loro stesse questo servizio. Il report analizza anche i modelli di business del social lending, la relazione coi modelli bancari tradizionali, e ne illustra vantaggi e problematiche anche in relazione ai rischi che pone, alle questioni commerciali e regolamentari, la sicurezza, i rischi operativi e diversi altri aspetti su cui il mondo del social lending deve ancora riflettere e approfondire. Tra le cose più interessanti del report i casi (e le performance) di due delle principali piattaforme mondiali di prestiti peer-t-peer, Zopa e LendingClub. Leggi o scarica qui il report ‘The Business Models and Economics of Peer-to-Peer Lending’. Anche in Italia il tema del social lending, abbracciato soprattutto da startup, comincia a essere più di un fenomeno passeggero. In un anno e mezzo il nuovo strumento finanziario ha raccolto in Italia 88,3 milioni di euro attraverso 9 piattaforme online: al 30 giugno 2017 risultavano essere 6 in ambito consumer e 3 in ambito business.
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Banca d’Italia ha pubblicato nel 2016 le nuove Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche, che comprendono una sezione completamente dedicata al social lending e quindi alle piattaforme web che intermediano denaro erogato da investitori privati e istituzionali a prenditori privati o a imprese. Banca d’Italia definisce il social lending (o lending based crowdfunding) come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme online, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto”. Bankitalia chiarisce comunque che l’operatività dei gestori dei portali online che svolgono attività di social è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento). Nel Resoconto della consultazione, Banca d’Italia fa comunque capire che questo è solo il primo tassello di una norma normativa ancora tutta in divenire.
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