Sfide e opportunità per il climatetech dopo le elezioni negli USA

Il ritornello di tutte le stagioni della serie Games of Thrones, “winter is coming” (“l’inverno sta arrivando”), può essere un’ottima metafora anche per il venture capital e startup.

Con il termine valley of death nel mondo del venture capital ci si riferisce al periodo in cui una startup spende denaro (in ricerca, personale, laboratori o uffici) ma non genera ancora revenue.

Per le startup di tecnologia climatica che stanno attraversando questa fase, come si legge su Pitchbook, “saranno sei mesi difficili”. Mentre il settore si adatta a un nuovo regime di politica energetica sotto il neoeletto presidente Donald Trump, “ci sarà un freddo nell’aria per il finanziamento dei progetti e la raccolta di fondi importante per le aziende sulla linea di fuoco”.

Negli otto anni successivi alla prima vittoria di Trump, gli investimenti clima tech in early-stage sono diventati la norma. Ingenti quantità di capitale sono confluite nei fondi infrastrutturali dedicati alla transizione energetica, spinti dalla pressione dei titolari di pensioni e degli studenti, nonché dalla convinzione che la transizione energetica fosse un investimento redditizio. Nel 2024 i fondi per le infrastrutture di transizione energetica hanno raccolto 33,5 miliardi di dollari, rispetto ai 9,5 miliardi di dollari per i fondi per le infrastrutture non di transizione energetica, secondo la ricerca di PitchBook .

Questo perché gli investitori istituzionali operano con una prospettiva di lungo periodo, guardando a orizzonti decennali piuttosto che a singoli cicli elettorali.

Un impulso decisivo in questa direzione è stato dato dall’Inflation Reduction Act (IRA) del 2022, promosso dall’amministrazione Biden, che ha stanziato oltre un trilione di dollari per finanziare tecnologie legate alla transizione energetica nel corso di dieci anni. Questa legislazione, quindi, ha trovato consenso bipartisan, grazie anche a misure strategiche come la creazione di catene di approvvigionamento più resilienti, la delocalizzazione della produzione di minerali essenziali e la creazione di posti di lavoro nel settore dell’energia pulita negli stati in bilico.

Ora, con il nuovo presidente, qualcosa potrebbe cambiare. Innanzitutto, non si può dimenticare la decisione simbolo della lotta di Trump contro la transizione ecologica, ovvero l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima e la quasi assenza di partecipazione alle COP delle Nazioni Unite durante la sua presidenza. Non ultime, le famose affermazioni pre-elettorali, come per esempio:

“La minaccia più grande non è il riscaldamento globale, dove l’oceano salirà di un ottavo di pollice nei prossimi 400 anni… e avrai più proprietà fronte mare… La minaccia più grande è il riscaldamento nucleare… Per me, il problema più grande non è il cambiamento climatico”. (agosto 2024 [affermazione completamente falsa: oggi il mare si sta alzando di 4 millimetri circa ogni anno, ndr]).

“Vogliamo terminare la truffa del Green New Deal”. (agosto 2024)”.

“We will drill, baby, drill… Molto dipende dall’energia. E ricorda, abbiamo più oro liquido sotto i nostri piedi di qualsiasi altro Paese di gran lunga. Siamo una nazione che ha l’opportunità di fare una fortuna assoluta con la sua energia. Ce l’abbiamo noi e la Cina no”. (luglio 2024).

Infine c’è il piano d’azione conservatore e sovranista, il Project 2025, che non vedrebbe di buon occhio le politiche climatiche democratiche e, tra l’altro, vorrebbe:

  • «Interrompere la collaborazione e i finanziamenti verso fondazioni progressiste, imprese, istituzioni internazionali e ONG che promuovono il “fanatismo climatico”»
  • «Porre fine alla “guerra” dell’amministrazione Biden contro i combustibili fossili nei Paesi in via di sviluppo e sostenere la gestione responsabile delle riserve di petrolio e gas come metodo più rapido per porre fine alla povertà e alla dipendenza dall’aiuto internazionale»
  • «Deregolamentazione per le grandi imprese e l’industria petrolifera»
  • «Aumento delle trivellazioni nell’Artico».

E tali azioni potrebbero ripercuotersi riducendo gli incentivi e il supporto governativo alle startup nel settore del clima tech.

Quest’anno le aziende in late-stage e growth-stage hanno raccolto un totale di 5 miliardi di dollari nel venture capital, rispetto ai 14,8 miliardi di dollari raccolti nel 2023, secondo il Carbon & Emissions Tech Report del terzo trimestre 2024 di PitchBook. Lo stato di finanziamenti in venture capital per la tecnologia climatica sembra molto diverso da qualche anno fa, molto probabilmente perché i bassi tassi di interesse in precedenza avevano spinto l’attività elevata dei fondi generalisti rialzisti sulla transizione energetica.

Ecco allora che proprio per le aziende hardware che sviluppano tecnologie climatiche, la valley of death potrebbe protrarsi molto più a lungo che altrove: un’azienda potrebbe essere costretta a mitigare i rischi associati al proprio approccio scientifico, dedicandosi a lunghi anni di ricerca e sviluppo prima di riuscire a raggiungere una scala commerciale sostenibile. Questo delicato periodo di transizione si è rivelato fatale per molte imprese nel settore della tecnologia climatica. Per esempio, di recente, l’impresa che sviluppava aerei alimentati a idrogeno, la Universal Hydrogen, è fallita dopo aver raccolto centinaia di milioni di dollari da VC.

Per chi opera nel settore dell’hardware, avviare e gestire impianti pilota è un processo che richiede anni e si complica ulteriormente a causa degli elevati costi legati ai tassi di interesse sui prestiti, un onere particolarmente gravoso per le aziende di tecnologia climatica. D’altronde, l’incertezza economica e aziendale non farà altro che aggravare la loro situazione. “Ci sarà una finestra temporale in cui molti progetti saranno rallentati o almeno congelati nel 2025, e parlo di progetti hardware, mentre si inizia a comprendere l’impatto dell’IRA“, ha afferma Sharo Atmeh, co-fondatore del fondo di startup e incubatore per il clima Montauk Climate. E Trump ha già promesso di voler reindirizzare i finanziamenti per il clima: ricordiamo che la base dell’IRA è una serie di nuovi ed espansi crediti d’imposta decennali che stanno guidando investimenti a livello nazionale in fabbriche che producono pannelli solari, carburante sostenibile per l’aviazione, batterie per veicoli elettrici e altre tecnologie fondamentali per la transizione energetica.

Anche se il futuro ambiente e scenario politico statunitense sembrerebbero meno favorevoli alle iniziative climatiche, non bisogna dimenticare che Trump avrà difficoltà a eliminare l’Inflation Reduction Act, nonostante da candidato abbia promesso di farlo e contestualmente spinto a nuove esplorazioni petrolifere. Infatti molti «conservatori hanno visto un afflusso sproporzionato di investimenti e posti di lavoro nelle energie pulite nelle loro circoscrizioni», scrive il Guardian, e in effetti, che la transizione ecologica richieda più posti di lavoro rispetto a quelli che farà perdere è cosa nota da tempo secondo l’Agenzia internazionale per l’energia. Inoltre, tale prospettiva di un minore supporto federale per le nuove tecnologie climatiche sta già motivando alcuni investitori a intervenire per colmare il vuoto: per esempio, il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) ha stanziato 50 milioni di euro per il World Fund, dedicato allo sviluppo di tecnologie climatiche. Questo impegno si unisce a quello di oltre 200 altri investitori, tra cui PwC Germania, Ecosia e il fondo pensione dell’Agenzia per l’Ambiente del Regno Unito.”L’ultima volta che Trump è stato al potere, si è assistito a un’accelerazione del capitale privato che si è riversato in alcune aree climatiche per compensare le lacune da cui il governo si stava ritirando, e mi aspetto che accada di nuovo la stessa cosa“, dice Philip Krim, co-fondatore e amministratore delegato di Montauk Climate. “Pensiamo a questo come a un’opportunità per entrare dove il capitale inizia a prosciugarsi”. Infatti alcuni investitori vedono il ritorno di Trump come un’opportunità, nonostante l’incertezza macroeconomica legata alla governance. “La politica sale e scende. È come sulle montagne russe”, ha spiega David Miller, co-fondatore e managing partner di Clean Energy Ventures. “Una buona strategia di investimento è investire a basso prezzo quando le cose sembrano meno certe e vendere a un prezzo alto”. (foto di Mika Baumeister su Unsplash)

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