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Il CEO & Founder di una startup è prima di tutto un leader. Nella prima fase, quando si tratta di raccogliere le prime adesioni, di convincere i primi collaboratori, reclutare i primi clienti ed early adopters la leadership è una questione di visione. Il leader è colui che ci convince con il “why”, ovvero la visione e la mission di quello che sta per essere creato, come dice Simon Sinek nel suo bestseller “Partire dai Perché”.
Il leader visionario è sincero e convinto. Ha intuito e convinzione. La sua fiducia incrollabile tiene unito il team quando non c’è ancora lo stipendio, gli uffici, gli investitori. E’ quello che attrae i cofounder. E’ colui che dà la spinta, quando tutto fa attrito.
Una volta che la startup ha mosso i primi passi e vengono assunti i primi dipendenti e gli investitori iniziano a richiedere una reportistica strutturata, il tipo di leadership richiesto al CEO cambia radicalmente, e non è detto che senza una metodologia e una guida chiara si riesca a far fronte a un contesto che muta cosi radicalmente.
La leadership si apprende, non è innata, dice Daniel Goleman nel suo fondamentale libro “Lavorare con intelligenza emotiva”. Leader non si nasce. A meno che non si intenda per leadership qualcosa di distorto.
Esistono 5 stili di leadership, secondo l’autore: il leader visionario, il leader coach, il leader democratico, il leader coercitivo, il leader battistrada.
I 5 stili di leadership
Il leader visionario è quello in cui tutti noi CEO & founder ci ritroviamo o vogliamo ritrovarci. Riunisce e coinvolge intorno alla propria visione, è il leader descritto da Simon Sinek. E’ Steve Jobs che crea la più grande azienda del mondo intorno al concetto “Think Different”. E’ Martin Luther King che raduna la folla con la frase “I have a dream”. Ma vendere il sogno non è l’unica leadership.
C’è il leader coach. Una volta che la visione è definita serve qualcuno che aiuti i collaboratori a implementarla, che li guidi, li formi e li segua mentre imparano a implementare la visione. Che periodicamente si assicuri che non smarriscano la visione e come portarla a terra.
Molte startup sono invece guidate dal leader democratico. E’ il manager che coinvolge il team nelle decisioni importanti. Che non impartisce ordini, ma crea consenso e guida cercando costantemente le idee, il contributo del proprio team.
Se il leader democratico guida stando dietro al gruppo assicurandosi che il team proceda all’unisono e non si perda nella nebbia, il leader battistrada è quello che detta il tempo (1,2, 1,2) con una bacchetta, di fianco al team, per farlo procedere speditamente senza interruzioni. E’ il leader degli obiettivi, delle KPI. E’ il leader che piace agli investitori.
Esiste poi c’è il leader coercitivo, quello vecchio stile, tendenzialmente privo di intelligenza emotiva, quello che dice: “si fa cosi, perché l’ho detto io”. Quello che non coinvolge il team, non chiede il parere della squadra e dei subordinati.
Pensando alla mia esperienza personale credo di essere stato un po’ tutti questi tipi di leader. Non sta a me giudicare se in modo positivo o negativo. La vera sfida è essere il leader giusto nel momento giusto e nelle fasi di crescita giuste di una startup. A tutti noi piace pensare di essere leader visionari, coach e democratici. Ma la verità è che ogni tanto bisogna essere anche battistrada e coercitivi. A piccole dosi, questi due stili di leadership, dice Goleman, possono essere necessari per dare la scossa necessaria alla crescita.
Fasi della startup, a ognuna il suo leader
Quando si è in una fase di ripensamento del modello, di pivoting come direbbe Eric Ries (“Lean Startup”), non si può essere un leader democratico, il team si aspetta che il leader prenda le decisioni. Occorre essere “coercitivi”. Quando bisogna svoltare, a fare la differenza non è il consenso, ma la decisione e la velocità della manovra. Troppe voci da ascoltare aumentano il rischio di schiantarsi contro l’iceberg.
Quando la startup ha consolidato il modello e dopo vari round di investimento si focalizza sul perseguire gli obiettivi di fatturato e marginalità, la leadership più utile è un misto di “battistrada” e “coaching”. Occorre dettare il tempo, ma allo stesso aiutare le persona a essere focalizzati sugli obiettivi e fornire loro gli strumenti per raggiungerli. E allo stesso ridefinire gli obiettivi sulla base dei feedback del team. La sinergia dei due stili, evita che il team si sfianchi e allo stesso tempo si perda per strada.
Se il budget lo consentisse, la leadership potrebbe venire suddivisa su più persone, a ciascuna delle quali potrebbe spettare uno stile differente. In questo modo il CEO potrebbe mantenere la propria visionarietà, alternandola occasionalmente a momenti di autorità/autorevolezza, e delegare al COO un ruolo di coach e battistrada. Infine proteggendo alcuni spazi di leadership diffusa ed estesa al team, con approccio “democratico”.
Tutti noi vorremmo essere il leader visionario dei “Perché” e riteniamo disdicevole il leader coercitivo del “si fa cosi”. La verità sta nel mezzo. La leadership è un campo di discontinuità che si apprende nel tempo e si modifica a seconda delle situazioni.
Pierluigi Casolari – Startupper, Imprenditore seriale, CEO di YoAgents
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