Quest’anno la manifestazione di Marco Gualtieri è riuscita a evolvere il suo focus. Più che di cibo infatti il tema è stato il mangiare. Tuttofood si è mangiata Seeds & Chips inglobandola al suo interno, i politici intervenuti hanno mangiato la scena alle startup (d’altronde con nomi come Berlusconi, Renzi, Martina, Sala era inevitabile..), ed infine, quando è arrivato l’ex leader mondiale Barak Obama dell’intera fiera è stato fatto un sol boccone. A quanto pare il food for views è diventato uno dei nuovi paradigmi del politic marketing. Ma se questo aiuta le startup italiane di questo settore, ben venga. Ma parliamo di quello che merita veramente di essere raccontato. Il food tech, sull’onda che tuttora permane alta dei mille show televisivi, rimane un tema caldo. Lo cavalcano i politici, lo cavalcano alcune banche (come Intesa con la sua Startup Business Initiative e Unicredit con lo Start Lab). Negli ultimi anni il settore è stato anche uno dei pochi interessanti per le startup. I grandi temi del restaurant booking e del food delivery hanno generato buona parte delle exit più visibili nel mercato italiano delle startup: Restopolis su TripAdvisor (ora The Fork), Pizzabo su Rocket e poi JustEat, Foodinho su Glovo. Purtroppo la senzazione è che tolto il settore del food delivery tuttora in una fase di consolidamento, il resto purtroppo continui a far fatica ad attirare investimenti e capitali. La buona notizia a mio avviso è che almeno alla fiera si percepisse uno spostamento dal food tech al tech for food. Ovvero meno attenzione ai servizi e più attenzione ai prodotti, con una forte connotazione ecologica. Questo tipo di innovazione può produrre un impatto molto più positivo sulla qualità della vita globale rispetto all’innovazione di servizio. Quindi non possiamo che gioirne.
Le startup di Seed & Chips
Altro tema positivo è stata la partecipazione di numerose startup internazionali, alcune delle quali hanno portato prodotti interessanti. In particolare dall’Inghilterra lo Skipping Rocks Lab ha presentato il suo prodotto Ohoo!, una membrana organica derivata dalla lavorazione delle alghe che punta a sostituire la plastica come contenitore per i liquidi. Essendo completamente biodegradabile eliminerebbe tonnellate di plastica. Plastica sotto attacco anche da parte della startup di Barcellona Sorbos. Il suo fondatore Victor Sanchez con le sue cannucce per bibite ecologiche, commestibili e multi gusto punta a sostituire con la sua soluzione green già da quest’anno almeno 700 mila cannucce di plastica. In tema di innovazione per il retail, ci siamo imbattutti nella startup di New York “Bite” che propone un sistema integrato di ordinazione e pagamento su monitor per catene food con tecnologia di suggerimento dei piatti basata sul riconoscimento facciale. Con 2000 US$ di investimento iniziale e 200$ al mese potrete dare un tocco hi-tech alla vostra pizzeria. Ci assicurano che aumenta le vendite. Bello, ma tutte queste startup che mi vogliono scannerizzare la faccia iniziano un po’ ad infastidirmi. Nel passare da un tema all’altro non potevo che fare una sosta da Foodpairing.com che propone una piattaforma di intelligenza artificiale per generare suggerimenti personalizzati su cibo e bevande. E poi vendono i dati aggregati alle società di Beverage per lo sviluppo di nuovi prodotti. Ma la sosta l’ho fatta per provare la bellissima macchina (reale) che ti customizza il tuo cocktail tramite app. Il bello è che poi il cocktail te lo fa veramente. Il mio “sweet & sour bloody seed & chips” si è rilevato sorprendentemente buono. Peccato che non ho salvato i settings… Uno dei filoni principali nel settore ormai da anni è quello delle microserre artificiali. A mio avviso siamo ancora lontani dal mass market, ma ci stiamo arrivando. Tra i molti presenti mi sono soffermato da tre startup in particolare: Vydro, Robonica e Wallfarm. Vydro mi potrebbe permettere nella mia prossima reincarnazione da ristoratore di coltivare la lattuga per gli hamburger direttamente dentro il mio ristorante: 140 cesti di lattuga ogni 28 giorni con un investimento di 5000€ + energia e sementi. Robonica invece già in queta vita di consumatore di hamburger casalingo potrebbe darmi la possibilità di avere 6 cespi di lattughino in 12 giorni ad una spesa molto più contenuta. Il prezzo non è pubblico ma penso sarà alla portata di tutti. Entrambe le startup ovviamente permettono di coltivare una grande varietà di vegetali in modalità pressochè completamente automatica. Wallfarm invece si concentra sulla tecnologia a servizio di chi realizza le serre automatiche di piccole e medie dimensioni. Si auto definiscono l’”Intel Inside” del vertical farming. Con già delle trattative in corso per 20000 pezzi, facciamo il tifo per loro perché questo sogno di gloria processoriale si avveri. La startup campana Evja invece propone soluzioni di sensori e cruscotto di controllo per la coltivazione di ortaggi et similia, con integrato un interessante algoritmo predittivo del rischio di diffusione della peronospora. Il CEO e Co-Founder Davide Parismi ci dice che con soli 600€ al mese offrono un pacchetto di 10 sensori oltre al software che permette di monitorare 30 ettari. Buono a sapersi per la mia terza reincarnazione da agricoltore. Menzione finale per altre due startup italiane: Beeing e Revolution. Beeing è una novella startup innovativa nel settore dell’apicoltura (16 milioni di arnie in Europa…), che ha sviluppato un sistema di tracking di sicurezza per le arnie (a quanto pare il furto di arnie è uno sport molto diffuso a livello internazionale) molto interessante. Il sistema è nascosto nel legno dell’arnia e promette una durata della carica di 1 anno (utilizza pile stilo!) oltre ad utilizzare tecnologia cellulare con SIM multi operatore. Bravi! Ci auguriamo che anche il sogno del founder Roberto Pasi di realizzare delle arnie di design da casa si realizzi presto: miele fresco per tutti e una soluzione per la riduzione del numero delle api nel mondo. Peraltro pare che in città le api vivano proprio bene. Revolution è un progetto che pur non essendo recentissimo è forse finalmente arrivato a maturazione. Il COO Roberto Fazzari mi tenta con l’olio appena realizzato dal suo apparecchio, che oggi sembra più un oggetto di design che il vecchio elettrodomestico della precedente edizione. Anche il modello di business si è evoluto: da microfrangitore di olive a estrattore di olio da pani di olive abbattute preventivamente. Il business model si è quindi evoluto verso il classico hardware+”capsula”. Promette di fornire alle famiglie olio fresco di qualità tra i 15 ed i 20 euro al litro. Assolutamente competitivo. Ma la vera battaglia sarà per conquistarsi un posto fisso nelle cucine di tutto il mondo. Forza ragazzi! Contributor: Francesco Mantegazzini , CEO MGH7 Venture Capital
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