Private equity e venture capital in Europa e in Italia

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Sono recentemente usciti i dati di due report importanti, quello di Invest Europe sul mercato Europeo e quello del Private Equity Monitor sul mercato italiano, relativi all’anno 2017. Vediamo allora come si sta muovendo il mondo degli investimenti in capitale di rischio.

Private equity e venture capital in Europa nel 2017

In Europa il settore è decisamente in salute, in pillole: ottomila fondi di investimento, 64mila “portfolio company” e 250mila operazioni tracciate. In Europa il fundraising totale dei fondi ha raggiunto la ragguardevole cifra di quasi 92 miliardi di euro, il livello più alto dal 2006 con un incremento del 12% anno su anno. E il numero dei fondi che hanno raccolto nuovi capitali sono cresciuti del 15% a 542. I fondi pensione hanno contribuito per ben il 29% di tutti i capitali raccolti, seguiti dai fund of funds (15%), family office & private individual (15%), fondi sovrani (9%) e compagnie di assicurazioni. E gli investitori istituzionali non europei hanno contribuito per ben oltre il 40%, con gli investitori provenienti dall’Asia che hanno a oggi fatto il maggior investimento con una quota del 15% sul totale. Il fundraising sul segmento buyout è aumentato del 5%, raggiungendo 65,1 miliardi di euro. Più del 70% di tale cifra è stata raccolta da fondi con più di un miliardo di euro. Il fundraising del Venture Capital ha invece raggiunto la considerevole cifra di 7,7 miliardi di euro, leggermene sotto il record del 2016, dove si è raggiunto ben 8,2 miliardi di euro. Ma la notizia più di rilievo è che aumentano finalmente le dimensioni medie dei fondi di VC, con 100 milioni di final closing. E questa è davvero una bella notizia, significa che crescono i round di investimento e auspicabilmente cresceranno anche il numero di Unicorni europei. Infine, i capitali per lo sviluppo, il cosiddetto Growth Capital: il fundraising qui è aumento del 41% a 6,8 miliardi di euro, il livello più alto dal 2011.

La situazione in Italia

Facciamoci ora del male, vediamo i dati in Italia: secondo il report AIFI, nel 2017 sono stati raccolti poco più di 5 miliardi di euro (ossia poco più del 5% del totale europeo), con gli investitori individuali e i family office che contribuiscono, al pari del dato aggregato europeo, per la seconda posizione, mentre a dimostrazione di quanto siano ancora impreparati i nostri “institutional investors” da noi i fondi pensione e le casse di previdenza sono al terzo posto in termini di peso percentuale sul totale raccolto. E le assicurazioni non sono neanche presenti.     E, sebbene i 5 miliardi di euro siano un bel salto in avanti rispetto al 2016 (anno in cui la raccolta si era fermata a 1,3 miliardi di euro), il numero è stato raggiunto grazie a quanto raccolto da 4 fondi che da soli hanno un fundraising da 4,11 miliardi di euro. E gli investitori esteri pesano per il 28% contro il 72% di quelli italiani. Per confronto,  in Europa per analizzare quali investimenti sono stati fatti: nel 2017 il totale investito in equity in società europee è cresciuto del 29% anno su anno, a 71,7 miliardi di euro, il secondo più alto livello degli ultimi anni, solo poco sotto il picco del 2007. Il numero delle società che hanno ricevuto un investimento è cresciuto del 7%: siamo a settemila dei quali l’87% è una SME – “small & medium enterprise”. Gli investimenti di buyout sono in linea con il trend del fundraising, 51,2 miliardi di euro (ancora una volta il livello più alto raggiunto dal 2007) su un totale di 1.171 società. I Mega buyout rappresentano circa il 40% del totale mercato dei buyout, il valore più alto degli ultimi 10 anni.

Il Venture Capital

Il Venture Capital europeo anche è cresciuto, alla ragguardevole cifra di 6,4 miliardi di euro, di oltre il 13% il picco del 2008 e ne hanno beneficiato circa 3.800 imprese. Il Growth Capital è cresciuto del 6% a 11,5 miliardi di euro su 2.107 società. In Italia, come già accennato sopra, secondo l’ultimo report AIFI poco meno di 5 miliardi di euro sono gli investimenti del settore Private Equity e Venture Capital, su un totale di 250 imprese, in diminuzione del 40% rispetto all’anno precedente, in cui avevano pesato in maniera importante i mega deal. Il buyout è primo per ammontare, con ben il 70% delle risorse che è stato investito in questa tipologia di operazione; a seguire, le infrastrutture con il 13%; l’early stage è invece in testa ma – ahimè – solo per il numero di deal realizzati: 133, che rappresentano il 43% del mercato; il buyout segue con 90 operazioni pari al 29%; in diminuzione l’expansion, sia nell’ammontare (-52%) sia nel numero di operazioni (-33%).       I numeri sono in linea anche con i dati appena rilasciati del Private Equity Monitor, che ricordo traccia soltanto i cosiddetti nuovi investimenti realizzati da investitori istituzionali di matrice privata in tutte le fasi successive a quelle di avvio di impresa e quindi senza considerare gli investimenti in seed e startup: 92 operatori nel 2017 che hanno chiuso 123 operazioni (+ 23% rispetto al 2016 con 100 operazioni), con un rapporto tra operazioni concluse e numero di operatori pari a 1,3. Ben il 50% delle operazioni è stato concluso da fondi non domestici, in leggera diminuzione rispetto al 53% del 2016). Un’attività peraltro abbastanza concentrata quella italiana, visto che 22 operatori hanno raccolto intorno a sé il 50% dell’attività di investimento. Si conferma poi la netta prevalenza delle operazioni di buyout, che si attestano al 67% delle totale; piccola ripresa per le operazioni di expansion con una quota del 25% (rispetto al 22% nel 2016 e al 35% del mercato nel 2014). Turnaround e replacement completano il mercato rispettivamente con l’8% e il 6%. Sul fronte della distribuzione regionale, la Lombardia rappresenta il 36% del mercato; seguono Emilia Romagna (18% del totale), Veneto (17%) e Piemonte (17%). Fanalino di coda il mezzogiorno, con solo 4 operazioni chiuse, di cui due in Puglia e una rispettivamente in Campania e Basilicata. Ma attenzione, la vera novità del 2017 è quanto sono state pagate le aziende: il multiplo mediano sull’EBITDA è risultato pari a 9,2x, in deciso aumento rispetto al 2016. Il multiplo mediano rispetto al fatturato si attesta su 1,4x contro l’1,3x dell’ultimo biennio.  

Conclusioni

In sintesi, l’Europa cresce in aggregato e nei singoli Paesi (a eccezione ovviamente dell’Italia), molti più fondi chiudono raccolte importanti oltre i 100 milioni di dimensione media e hanno così ingenti risorse da investire; e ciò ha un impatto anche in Italia, dove appunto i fondi stranieri concludono una operazione su due, facendo concorrenza ai fondi italiani e quindi contribuendo a far più felici i nostri imprenditori che riescono così a spuntare valutazioni più generose. Insomma, Italia sempre più terra di conquista, dobbiamo farcene una ragione. Speriamo solo di poter beneficiare – in qualche maniera – della nuova brillante iniziativa di sistema promossa dal Fondo Europeo degli Investimenti e la Commissione Europea, che si pone l’obiettivo di mobilitare fino a 6,5 miliardi di euro nei prossimi anni “to boost venture capital investment in Europe’s innovative start-ups”. Secondo il report Invest Europe, in Europa nel 2017 ci sono state circa 3.800 exit, per un valore al costo pari a 42,7 miliardi di euro, con un 14% in IPO; di queste il Venture Capital pesa per il 31% con circa 1.200 società e un valore al costo di 2,1 miliardi di euro. In Europa si corre  per vincere; in Italia si aspetta ancora di scendere in campo. Chissà se arriverà mai un governo forte a cui chiedere una seria politica industriale a supporto dell’innovazione e del capitale di rischio. Senza la quale, ne sono certo, non andremo mai oltre i piccoli numeri raccontati in questo articolo.   Contributor: Stefano Peroncini Venture Capitalist, Comitato di Investimento FARE Venture

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