Per una deformazione professionale, quando sono in difficoltà mi rivolgo alla lettura con la grande speranza che qualche libro illuminato mi permetta di uscire dallo stallo. Da quando lavoro questo è il mio modus operandi. Giocando al gioco della torre, ci sono 3 letture che mi hanno sempre tirato fuori dai guai nella mia carriera di startupper seriale. Sono libri da cui, una volta letti, non si torna più indietro. Li considero indispensabili e invito chiunque si stia avvicinando al mondo delle startup e del fare impresa a leggerli.
Intelligenza Emotiva di Daniel Goleman
La prima lettura consigliata è “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman. L’intelligenza emotiva è la capacità di utilizzare e controllare le proprie emozioni al fine di migliorare la capacità di collaborare e interagire con il proprio network di relazioni.
Le startup non sono software, piattaforme o srl. Sono organizzazioni umane. Almeno superata la primissima fase di ideazione, una startup è prima di tutto un gruppo di persone che coopera. Un gruppo che può essere molto ampio. Nella mia precedente esperienza eravamo arrivati a 15 collaboratori, decine di fornitori. Oltre 50 soci (con diritto di voto!)
Ogni CEO di startup ha un pilota automatico quando è sotto pressione. Il mio è l’obiettivo da raggiungere. Quando la meta è lontana e aumentano le pressioni da parte degli stakeholders, allora indosso i panni del leader “battistrada” e organizzo tutto in funzione delle KPI. Quando il capo batte il tempo, il rischio per un team che sta già correndo è andare in burnout e perdere la fiducia. Come mi ha detto qualcuno, quando dici a una persona che ritiene già di darti il 110% che quanto sta facendo non basta, allora il vero problema sei tu.
Leggere “Intelligenza Emotiva” di Goleman mi ha aiutato a rifocalizzarmi sull’empatia in ambito professionale. La leadership è anche e soprattutto empatia. Se il team non ti segue ed è un team fidato e professionale, il problema potresti essere tu oppure potrebbe essere lo stesso modello di business. Il più delle volte la crescita “esponenziale e scalabile” non si palesa tra gli analytics. E si finisce con l’individuazione dei capri espiatori, quando invece sarebbe proprio il modello che dovrebbe finire sotto i riflettori. L’empatia insegna a costruire con il team un rapporto bidirezionale. Non solo in termini di consigli e delega, ma in termini di ridefinire gli obiettivi oppure acquisire informazioni sul modello stesso di business. L’ascolto è fondamentale. Sincero e curioso. L’intelligenza emotiva è un insieme di qualità imprescindibili per avere una squadra che rema all’unisono.
Partire Leggeri di Eric Ries
Ogni storia ha una fase pre e una fase post. Quella delle startup ha la sua biforcazione con il libro “Lean Startup” di Eric Ries (tradotto in italiano: “Partire Leggeri”). Ho avuto la fortuna di lavorare con il team Eric Ries ai tempi di IMVU (chat 3D) nel 2009, quando lui era CTO di IMVU e io wannabe startupper di Koinup.com (social network per mondi virtuali). IMVU era un nostro cliente. All’epoca, io non ero ancora uno startupper alla ricerca di un metodo, Eric non aveva ancora divulgato la metodologia “lean”.
“Partire leggeri” è la Bibbia dell’innovazione. Il metodo Lean è il miglior metodo possibile per velocizzare i tempi per arrivare a capire se un’idea di business è sostenibile e scalabile. Oppure è il caso di cambiare strada. Riducendo sprechi e perdite di tempo.
La definizione che offre Ries di startup è molto precisa, si tratta di “un’organizzazione umana che sta sviluppando un business innovativo in condizioni di estrema incertezza”. Aprire un ristorante, non è lanciare una startup. Se non è certo/confermato/indubitabile/ovvio che esista o meno un potenziale cliente per il servizio/prodotto che stai creando allora è una startup.
L’insegnamento più grande di “Partire Leggeri” è che per quanto grandi siano le tue convinzioni, si tratta al massimo di ipotesi ragionevoli. E le ipotesi devono essere verificate. L’approccio Lean non è altro che l’applicazione di un metodo scientifico alla costruzione di una startup. Ho scoperto questa metodologia nel 2012 quando stavo creando una piattaforma di marketing per le startup e i digital marketing manager. La piattaforma piaceva, ma nessuno sembrava intenzionato a pagare per utilizzarla. Abbiamo creato una bozza di piattaforma, la versione minima (minimum viable product “MPVP”) che ci avrebbe permesso di capire la risposta dei potenziali clienti. E abbiamo verificato che sebbene suscitasse l’interesse, non ne generava cosi tanto da spingere sulla decisione d’acquisto. Il progetto è stato abbandonato prima di coinvolgere investitori, dipendenti e prima di lasciare altri lavori più proficui. Con il tempo ho capito che il “minimum viable product” non deve necessariamente essere una versione “abbozzata” del prodotto/servizio, ma qualunque cosa/esperimento permetta di verificare se l’ipotesi di partenza ha un mercato o meno. Anche un foglio di carta realizzato in 15 minuti.
Strategia Oceano Blu. Vincere senza Competere
All’inizio del mio attuale ruolo di CEO di YoAgents (piattaforma per la gestione di reti commerciali), avevamo avuto le prime conferme che fosse possibile creare reti di “procacciatori” on demand per aziende terze mancanti un team proprio di venditori. Il problema era che nonostante tutte le buone intenzioni e gli sforzi, i principali indicatori di crescita stentavano a migliorare. Inoltre nonostante l’intenzione di creare una piattaforma, la verità era che non eravamo molto diversi da un’agenzia tradizionale. E il settore era competitivo, una competizione tinta di colore “rosso”. Un oceano rosso, insanguinato e dominato dalla guerra dei prezzi. I procacciatori non percepivano il nostro valore unico e per le aziende eravamo l’ennesima agenzia. Mi venne in aiuto il bestseller di W. Chan Kim e Renée Mauborgne Strategia Oceano Blu. Vincere senza Competere che in quel periodo stavo rileggendo. La curva del valore di YoAgents era incentrata su venditori professionisti e sulla vendita di servizi. Molto meno sulle attività di “pre-sales” e su “procacciatori non professionisti”. Eppure i dati ci dicevano che erano questi due elementi del quadrante a generare più traction. Nelle settimane successive, da queste riflessioni emerse la possibilità di creare un nuovo segmento di mercato. Una scelta azzeccata che permise di accelerare la crescita e di acquisire nuovi importanti clienti. Stavamo creando un oceano blu. L’impostazione strategica convinse il board e nei mesi successivi i risultati diedero ragione alla scelta.
Anche successivamente, Strategia Oceano Blu mi è stata d’aiuto per interpretare i dati e provare a costruire un nuovo modello strategicamente coerente nel lancio o revisione di un modello di business
Buona lettura e buona crescita!
Pierluigi Casolari – Startupper, Imprenditore seriale, CEO di YoAgents
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