L’ondata dell’innovazione arriva ovunque. Nessun settore dell’economia e della società ne è immune, anche quelli che paiono maggiormente consolidati e che vivono in contesti di bassa o inesistente concorrenza sono destinati a diventare, più prima che poi, oggetto di profondi cambiamenti, sia di tipo tecnico sia di tipo organizzativo.
I settori interessati
Ciò vale per qualsiasi settore tanto che nell’ambito degli ecosistemi delle startup si parla di fin-tech, per indicare l’innovazione nell’industria finanziaria, di food-tech e agro-tech per l’innovazione agroalimentare, di bio-tech per l’innovazione legata alle scienze della vita, alla salute e alla medicina (anche health-tech e med-tech), e perfino di fashion-tech, di design-tech, di sport-tech, home-tech, mobility-tech, la lista è lunga e arriva fino al reg-tech e al gov-tech, quindi alle tecnologie e alle modalità che proprio grazie alle tecnologie consentono di rinnovare il modo in cui si interagisce con le impalcature normative e legislative e con gli apparati dei governi centrali e periferici, quindi con la pubblica amministrazione. Per i settori industriali che si muovono in regime di libero mercato è facile intuire come l’innovazione diventi a un certo punto imprescindibile, pena l’estinzione, come dimostrano casi eclatanti come quello di Nokia che non ha visto arrivare lo smartphone, di Kodak che non ha visto arrivare le macchine fotografiche digitali, di Blockbuster che non ha visto arrivare i servizi di distribuzione via streaming.
Alla PA serve maggiore attenzione verso il nuovo
Per la pubblica amministrazione, che certo non opera in un regime di piena concorrenza, si potrebbe pensare che l’esigenza di innovare sia meno importante. L’errore sta proprio in questa considerazione e può rivelarsi un errore di proporzioni enormi. La mancanza di stimoli concorrenziali rallenta indubbiamente la percezione dell’urgenza del rinnovamento e quindi diminuisce l’attenzione verso la portata dei cambiamenti che stanno avvenendo e di conseguenza accresce il rischio di impatto, accresce la distruttiva cultura della resistenza al nuovo, accresce l’attaccamento alle rendite di posizione e prolunga in modo pericoloso l’agonia di un sistema non più sostenibile. Ecco quindi che, proprio perché meno stimolata dalle leve di mercato, la PA deve acquisire una cultura di maggiore attenzione verso il nuovo, verso il cambiamento, verso le opportunità che il cambiamento porta con sé. Deve quasi imporsi questa attenzione perché dall’altra parte i cittadini e le imprese non sono semplici fruitori di servizi che a volte sono efficienti e puntuali e a volte inadeguati o come buchi neri in cui finiscono tempo e denari. I cittadini sono sempre più i soggetti senza i quali la pubblica amministrazione nemmeno esisterebbe e soggetti che con velocità esponenziale comprendono che è sempre meno difficile scegliere altre opzioni: come fanno aziende e persone che scelgono di andare a vivere in luoghi dove i sistemi burocratici e governativi sono meno complessi e meno costosi, per esempio.
Va superata l’ asimmetria informativa
Una ulteriore urgenza che spinge verso un profondo rinnovamento tecnologico, organizzativo ma soprattutto culturale della pubblica amministrazione è l’assottigliarsi della cosiddetta asimmetria informativa, quindi della gestione e distribuzione delle informazioni che risultano essere vitali per cittadini e imprese ma che sono fuori dal loro controllo perché gestite dalla rete della PA. In un mondo dove l’informazione è facilmente distribuita e dove l’accesso a essa è virtualmente alla portata di tutti in modo pressoché gratuito appare anacronistico che l’informazione e i dati pubblici siano resi disponibili esclusivamente da centri di potere amministrativo che non sempre li comunicano e quasi mai gratuitamente. La logica dice che se l’informazione è pubblica dovrebbe essere accessibile liberamente e facilmente da tutti, i fatti sono però diversi: abbiamo pubbliche amministrazioni che chiedono a cittadini e imprese sempre gli stessi dati che loro stesse hanno prodotto, abbiamo difficoltà a reperire informazioni apparentemente banali come lo status di registrazione di un veicolo, peggio ancora se storico, presso gli appositi registri, ci troviamo a dover pagare gabelle per sapere qualcosa che già sappiamo ma che deve essere opportunamente certificata, validata, bollata, protocollata. Insomma un pantano dal quale il sistema deve uscire e può farlo con apposite normative, per esempio con il cosiddetto Foia, Freedom of information act, che nella versione italiana è finalmente quasi una realtà ma appare ancora lontano dal garantire il pieno e libero accesso a tutte le informazioni. Quella del Foia è una opportunità chiave che chiunque governi un Paese oggi deve cogliere appieno per dare a questo strumento la valenza di una carta a concreto supporto dei principi democratici.
Il ruolo delle startup
In questo scenario serve, come detto, acquisizione di consapevolezza, serve volontà di cambiare e servono anche strumenti e competenze nuove. Ed è per questo che le startup, le aziende di nuova generazione che fanno innovazione, sono scatenate sul fronte della pubblica amministrazione e si moltiplicano quelle che hanno messo a punto servizi, piattaforme tecnologiche, sistemi di gestione, ottimizzazione, miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia di ogni possibile declinazione di ciò che gli enti pubblici gestiscono: sanità, scuola, trasporti, rifiuti, energia, acqua, politiche per la famiglia, per l’infanzia, per il lavoro, per la casa. A scorrere l’elenco delle startup che si sono candidate per l’edizione 2016 del FORUM PA Call4Ideas: Le startup per innovare la PA – oltre 80 di cui 75 giudicate idonee tra le quali sono state selezionate le 12 che partecipano all’evento in seno alla manifestazione in cui presentano i loro progetti a una platea di rappresentanti della PA centrale e locale, di imprenditori e di investitori – appare in modo lampante quanti e quanto profondi possano essere i margini di miglioramento se solo si usassero in modo intelligente e diffuso gli strumenti digitali e le innovazioni tecnologiche in generale.
Conclusioni
Sarebbe più facile e immediato stabilire la comunicazione tra enti, cittadini e imprese, sarebbe più economico e migliore il cibo negli ospedali e più efficiente l’erogazione delle cure, sarebbe più leggera e moderna la cartella degli studenti, sarebbe più efficace la gestione dei rifiuti e il loro riciclo, sarebbe più dinamica la mobilità nelle città grandi e piccole, sarebbe più forte la capacità degli amministratori di seguire i progetti, gestire i budget e garantire la trasparenza, sarebbe possibile visitare i luoghi più belli del Paese con la tecnologia della realtà virtuale prima di vederli dal vivo, sarebbe più pronta la risposta alle emergenze, sarebbe più semplice condividere i dati secondo le logiche dell’open government con chiunque desideri poterli usare per migliorare la vita delle persone. Insomma ne guadagnerebbero non solo l’efficienza e la trasparenza ma anche l’ambiente e la società che sono i due perni, insieme all’economia, attorno ai quali ruota l’innovazione nel suo complesso, nella sua capacità di essere innescata sì dalle tecnologie ma di diventare motore del profondo cambiamento dei paradigmi che il nostro tempo sta attraversando. Questa è allo stesso tempo una sfida e una opportunità per tutti e lo è anche per i governi e per le pubbliche organizzazioni, sfida e opportunità che devono essere colte in modo pieno e convinto perché solo così si potrà rinnovare dal profondo un rapporto, quello tra enti pubblici, cittadini e imprese, che oggi vive un serio deficit reputazionale che deve essere risolto perché solo una piena credibilità delle istituzioni e delle loro emanazioni consente di ripristinare quel rispetto che ognuno di noi ha per la democrazia e per le strutture che la rendono possibile. Ciò può avvenire solo se la PA accresce la sua efficienza a livelli capaci di garantire qualità, tempi certi, metodi chiari e trasparenti che sono necessari per permettere al sistema Paese di funzionare al meglio e per far sì che le imprese italiane possano riguadagnare competitività anche a livello internazionale. Emil Abirascid *Nota per il lettore: questo articolo è tratto dallo Special ForumPA 2016 : “Il Paese cambia, cambia la PA” uscito con Il Sole 24 Ore. L’intero rapporto è disponibile a questo link.
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