In questo articolo per Startupbusiness Enrico Cattaneo, co-fondatore di The Doers analizza le diverse modalità con cui una grande azienda, ma vale anche per quelle più piccole, può interagire con le startup al fine di fare leva sulla loro capacità di innovazione per mantenere elevata la competitività e accelerare il processo di ricerca e sviluppo. Nel corso dell’ultimo decennio, le aziende hanno dovuto confrontarsi con una fortissima accelerazione dell’innovazione. Di fronte alla rapidità con cui la spinta tecnologica si è manifestata, hanno cominciato a delinearsi diversi modelli di sviluppo dell’innovazione a cui gli innovation manager attingono a seconda delle esigenze specifiche in un dato contesto o momento, proprio come se avessero in mano una cassetta degli attrezzi. Ovviamente, per capire qual è l’attrezzo migliore da utilizzare in base all’obiettivo contingente è indispensabile partire sempre da quello che è l’innesco dell’innovazione, ossia i bisogni che l’azienda vuole soddisfare. Elemento quasi sempre presente all’interno di questa ipotetica cassetta degli attrezzi è la startup, non tanto come unico soggetto con cui fare innovazione, ma certamente come ispirazione rispetto a metodologie e approcci. Quindi, anche quando l’azienda utilizza un modello che punta sulla valorizzazione della propria popolazione interna per stimolare l’innovazione dal basso (attraverso un modello di azione che è detto di corporate intrapreneurship), lo fa incoraggiando il team di lavoro ad agire proprio come farebbe una startup, che diviene così ispiratrice di un mindset. In generale, le aziende oggi hanno due priorità rispetto al tema dell’innovazione. La prima è come potenziare le capacità interne per lo sviluppo dell’innovazione e, quindi, come trasformarsi per acquisire competenze e strumenti necessari per la promozione dell’innovazione dall’interno. La seconda è come trarre il maggior beneficio possibile dall’innovazione che arriva dall’esterno, ossia dall’ecosistema delle startup. Sotto il profilo del potenziamento dell’innovazione dall’interno, lo strumento maggiormente utilizzato è il modello della corporate intrapreneurship, il cui obiettivo è diffondere la cultura dell’innovazione e supportare i propri collaboratori nel trasformare le loro idee in opportunità di business e, quindi, di crescita concreta per l’azienda stessa.
I quattro modelli
Sotto il profilo delle relazioni con il mondo esterno, invece, gli strumenti sono molteplici e tra i tanti a disposizione, quattro in particolare sono i più consolidati.
Corporate Venture Client: lo strumento per incorporare rapidamente l’innovazione nel tessuto aziendale
Questo modello di innovazione, che possiamo definire outside-in, prevede l’individuazione del bisogno o problema interno e il successivo coinvolgimento di realtà esterne in grado di rispondere a tale bisogno o risolvere il suddetto problema. Questo modello consente all’azienda di entrare in contatto con una moltitudine di startup che hanno un livello di maturità tale da poter già realizzare delle applicazioni e soluzioni che sono la chiara risposta alla specifica esigenza aziendale. In questo caso, l’azienda agisce da cliente: viene perciò attuata una partnership di carattere tecnico commerciale a seguito di una call for startup disciplinata e strutturata. Dopo il lancio della call, all’interno di un gruppo di startup piuttosto ampio e variegato, viene individuata la realtà innovativa più idonea a sviluppare, con tutte le sperimentazioni del caso, quella specifica tecnologia necessaria a risolvere un problema altrettanto definito. Gli elementi vincenti e di rilevanza strategica che portano l’azienda a scegliere di affidarsi a una startup piuttosto che a un’altra azienda consolidata e strutturata per sviluppare innovazione sono principalmente due. Innanzitutto, si opta per l’approccio startup procurement in quanto ciò consente di semplificare l’iter delle sperimentazioni. Infatti, l’accelerazione tecnologica è stata così veemente negli ultimi dieci anni che i dipartimenti di ricerca e sviluppo interni alle aziende non sono riusciti a tenere il passo con una simile rivoluzione. E di fronte al limite nella capacità interna di tenere il ritmo dell’innovazione, l’ecosistema delle startup emerge agli occhi della corporate come un grande dipartimento di ricerca e sviluppo diffuso, un bacino illimitato di possibilità per lo sviluppo di innovazione. L’ecosistema esterno delle startup è giustamente percepito come un’ulteriore leva che non sostituisce o annulla la capacità di innovare interna all’azienda, ma ne diventa un potenziamento. In secondo luogo, a supportare in maniera decisiva la tendenza delle corporate di affidarsi all’innovazione esterna vi è l’elemento agilità tipico delle startup, caratterizzate da un altissimo livello di velocità di innovazione e da un’enorme mole di investimenti che ne finanziano l’accelerazione.
Corporate Venture Building: quando l’azienda si fa incubatrice di startup interne
Quando l’intento dell’azienda è creare soluzioni o prodotti nuovi, la risposta sta nell’adozione del modello di Corporate Venture Building. Questo modello parte da un’opportunità potenziale che poggia su un asset esistente che l’azienda vuole valorizzare. Anche in questo caso, l’elemento principale è sempre una startup, ma questa volta viene creata internamente per sviluppare un asset aziendale preesistente. Gli asset possono essere materiali, come spazi o persone; o immateriali, come nel caso dei brevetti non sfruttati dall’azienda ma che possono tradursi in opportunità di business. Questo modello potrebbe essere definito inside-out, perché l’oggetto dell’innovazione arriva dall’interno dell’azienda e viene portato fuori, trasformato in una nuova opportunità per il mercato.
Corporate Accelerator: un ponte tra l’azienda e l’ecosistema startup
Di fatto, in questo caso si è di fronte a un vero e proprio acceleratore di startup proprietario creato dalla corporate, che, attraverso un percorso della durata variabile di, tipicamente, 6-9 mesi, attiva delle iniziative di accelerazione che prevedono la selezione della startup in cui investire e l’investimento vero e proprio. Le modalità attraverso cui l’azienda sceglie di operare quando opta per l’adozione di questo modello sono principalmente due. La prima, ancora poco diffusa nel nostro paese, consiste nell’accelerazione di startup early stage attraverso un’iniezione parziale non solo di capitale ma soprattutto di competenze affinché la startup stessa possa attraversare più velocemente tutte le fasi di sviluppo. In questo caso, l’azienda mette a disposizione spazi, know-how, esperti e dotazione finanziaria in cambio, quasi sempre, di una piccola quota nella startup emergente (equity income). La seconda opzione, che è anche quella più diffusa in Italia, è l’accelerazione di startup insieme con altri soggetti-acceleratori tramite la partecipazione in programmi di accelerazione elaborati da soggetti terzi (come fa per esempio la rete di acceleratori di CDP Venture Capital).
Corporate Venture Capital: un modello ad alta intensità di investimento e competenze
Secondo il Settimo Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital Italiano promosso da InnovUp e Assolombarda, nel 2022 circa un terzo delle startup e PMI innovative erano partecipate da Corporate Venture Capital: un totale di 5.300 imprese che generano 4,3 miliardi di euro di ricavi. Adottando questo modello, che comincia evidentemente ad affermarsi anche in Italia, l’azienda si apre alla possibilità di investire nella startup con altri soggetti investitori. A seconda del livello di intensità, rischio e difficoltà dell’investimento, la corporate può optare per tre diverse soluzioni, pur restando all’interno di questo modello:
- scegliere di investire in un altro venture capital (in veste di limited partner) che a sua volta investe in startup (investimento indiretto);
- investire direttamente in startup che sono valutate caso per caso e selezionate puntualmente dall’azienda stessa in base a specifiche esigenze;
- istituire un fondo di Corporate Venture Capital per dedicarsi a degli investimenti sistematici.
In definitiva, ciascuno di questi modelli di azione si fa portavoce di approcci diversificati per affrontare le sfide dell’innovazione in azienda. La scelta del modello dipende dalla strategia della corporate, dalla propensione al rischio e dalla volontà di sperimentare e, in un contesto dinamico come quello di oggi, abbracciare uno o più di questi modelli può essere vincente per prosperare nell’era dell’innovazione continua. (Foto di Matt Ridley su Unsplash )
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