Il Centro OCSE di Trento sta realizzando una serie di rapporti per analizzare il fenomeno delle startup innovative in Italia. I primi tre rapporti sono dedicati al Trentino, al Friuli Venezia Giulia e all’Alto Adige e sono disponibili nella loro versione integrale sul sito dell’Organizzazione. Li abbiamo letti e condividiamo con i lettori di Startupbusiness una sintesi di quanto emerge dai report che riteniamo di alto livello, puntuali e capaci di fornire un’analisi di sicuro interesse per chiunque operi nel settore. Per il Trentino spicca la necessità di un cambio di passo. Si tratta della regione con la più elevata incidenza di startup innovative nel tessuto imprenditoriale locale. La quota stimata di startup i cui business e la cui innovazione si basa su tecnologie digitali emergenti come per esempio intelligenza artificiale e blockchain (dato questo rilevato attraverso un esercizio di machine learning su 12mila oggetti sociali) è la seconda tra le regioni italiane. L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione è ricco e coeso e anche il mondo bancario fa la sua parte, come dimostrato dall’elevato tasso di utilizzo del Fondo di Garanzia per le PMI. I meccanismi di validazione di mercato sembrerebbero funzionare, come dimostrato dai tassi di mortalità più pronunciati rispetto alla media nazionale, almeno nella coorte delle startup fondate nel 2013-2014. Tuttavia, le startup ad alto ritmo di crescita sono poche in proporzione, e ridotto è l’impatto sull’occupazione. Insomma, il potenziale è elevato ma manca uno scatto per poter fare davvero la differenza e scalare. Per l’Alto Adige è difficile sbilanciarsi in analisi qualitative, in quanto la quantità assoluta delle startup è molto ridotta: un esercizio econometrico ha dimostrato che ciò deriva in buona misura da barriere linguistiche che limitano la diffusione della policy nazionale. Il 70% della popolazione locale è di lingua madre tedesca, e nei territori dove questa lingua è prevalente le startup sono in proporzione molto meno numerose, infatti la gran parte è localizzata a Bolzano. Riguardo al Friuli Venezia Giulia emerge una forte diversità tra le due componenti territoriali, Friuli (più manifatturiero) e Venezia Giulia (più software). Questo fa sì, tra le altre cose, che il tasso di utilizzo del Fondo di Garanzia sia significativamente più elevato in Friuli, e che le startup basate su tecnologie digitali emergenti si concentrino per lo più a Trieste. Quest’ultimo hub aveva assorbito velocemente la policy nazionale nei suoi primi anni di operatività, ma dal 2018 i tassi di iscrizione delle startup hanno registrato un rallentamento rispetto a Pordenone e, soprattutto, Udine. Nel complesso, si tratta di una regione con un’elevata densità di startup innovative e queste crescono di più rispetto alla media nazionale sia nella coorte 2013-14 che nella coorte 2015-16. Sebbene si concentrino su tre regioni, i rapporti fanno emergere evidenze inedite e interessanti anche in chiave nazionale che possono essere declinati in quattro filoni principali: 1° filone: La geografia delle startup innovative italiane. Attualità e prospettive future. I rapporti presentano un’analisi inedita della distribuzione territoriale delle startup innovative italiane. L’analisi è stata realizzata utilizzando la metodologia messa a punto dall’Agenzia per la Coesione Territoriale nell’Ambito della Strategia Nazionale sulle Aree Interne. Essa prevede una classificazione del territorio nazionale in sei fasce, identificate in ordine decrescente di distanza dai centri d’offerta di servizi di base (es. scuole, ospedali, stazioni ferroviarie): i Centri comprendono i Poli urbani, i Poli di attrazione inter-comunali e le Aree di cintura, mentre le Aree Interne includono le Aree intermedie, le Aree periferiche e le Aree ultra-periferiche. Emerge un quadro complesso, specchio della diversità che caratterizza il tessuto geo-economico nazionale. Il 91,4% delle startup italiane è localizzato nei Centri (i Poli urbani la fanno da padrona con il 70,8%) e solo l’8,6% nelle Aree Interne: nel nostro Paese l’imprenditoria innovativa è un fenomeno quasi esclusivamente urbano. Ciò implica un significativo scostamento dai trend demografici nazionali, che vedono il 23% della popolazione italiana risiedere nelle Aree Interne. Oltre a confermare l’importanza delle agglomerazioni nelle dinamiche di sviluppo, quanto osservato solleva un problema di coesione territoriale: l’imprenditoria innovativa deve essere per forza appannaggio delle aree metropolitane, o è possibile e desiderabile un modello alternativo? L’emergere di trend come la diffusione su vasta scala del telelavoro, che non riguarda solo il lavoro dipendente ma anche quello autonomo (cd. home-based business), e la riconfigurazione della geografia del lavoro che potrebbero conseguirne rendono di grande attualità tale questione. D’altra parte, alcune regioni presentano una conformazione sostanzialmente diversa rispetto alla media nazionale. In 9 regioni o province autonome la quota delle startup localizzate nei Poli urbani è inferiore al 60%, mentre in sei di esse la quota delle startup localizzate nelle aree interne supera, in alcuni casi nettamente, il 20%. In particolare, lo sbilanciamento verso le aree urbane si riduce percorrendo la penisola da nord a sud, in quanto le Aree Interne esprimono quote proporzionalmente maggiori di startup innovative nell’Italia centrale e, in misura ancora più netta, nell’Italia meridionale e insulare. Da ultimo, quanto esposto fa emergere due messaggi. Primo, l’importanza di andare oltre le medie nazionali nell’analisi delle dinamiche di sviluppo economico. La geografia economica è un fenomeno troppo diversificato per affidarsi a una nozione astratta di “regione media” sempre più inattuale, specie in un contesto di divari regionali crescenti. Secondo, una riconfigurazione della geografia del lavoro indotta dalla diffusione del telelavoro su vasta scala potrebbe rappresentare per le aree meno sviluppate un’opportunità per attrarre quote crescenti di lavoratori e imprese. 2° filone: Imprenditoria motivata dall’opportunità o dalla necessità? Il caso delle startup femminili e giovani e la loro distribuzione territoriale. Le imprese guidate per la maggioranza da donne o under-35 rappresentano una quota nettamente minoritaria tra le startup innovative italiane. Tuttavia, le regioni dell’Italia centrale e, soprattutto, meridionale, presentano in proporzione quote significativamente più elevate di startup femminili e giovanili rispetto a quelle del nord. Si tratta di una buona notizia per le zone meno sviluppate del Paese? Probabilmente no, anche se le fonti statistiche a disposizione non consentono di giungere a conclusioni univoche. Come noto, i tassi di disoccupazione femminile e giovanile sono più elevati nell’Italia meridionale, a indicare che qui più frequentemente che al nord le motivazioni imprenditoriali potrebbero derivare dalla necessità di trovare una fonte di reddito stabile anziché dall’opportunità di avviare un’attività economica indipendente che metta a frutto competenze acquisite nel corso di precedenti esperienze lavorative. Un ulteriore corollario è che politiche atte a promuovere l’imprenditoria innovativa tra giovani e donne incontrerebbero un minore rischio di generare effetti distorsivi al nord, dove le opportunità di un lavoro stabile sono più frequenti e l’opzione imprenditoriale come scelta di ripiego meno probabile. Da ultimo, l’incrocio tra i dati sulle startup femminili e giovanili indica che un divario di genere potrebbe profilarsi già in età giovanile, al momento delle prime scelte sui percorsi lavorativi, a suggerire che il sistema formativo non sarebbe in grado di neutralizzare quei retaggi culturali che tradizionalmente identificano nell’imprenditore una figura maschile. 3° filone: Squilibri territoriali nel tasso di utilizzo delle agevolazioni. L’analisi considera due strumenti: il Fondo di Garanzia per le PMI, cui le startup innovative accedono con modalità semplificate e più convenienti, e la nuova modalità di costituzione digitale e gratuita introdotta nel 2017, che consente di avviare una startup innovativa senza ricorrere all’atto notarile. L’obiettivo è verificare se la localizzazione delle startup influisca sulla probabilità che queste riescano a sfruttare le opportunità offerte dalla normativa nazionale. Anche in questo il fattore territoriale è decisivo. L’accesso al Fondo appare correlato positivamente con il PIL pro capite regionale, e, se pur in misura significativa, negativamente con la numerosità delle startup innovative a livello regionale. In altre parole, le startup innovative localizzate nelle regioni più benestanti avrebbero probabilità maggiori di accedere al credito bancario attraverso il Fondo. Tali probabilità si ridurrebbero, sebbene in misura meno netta, con l’aumentare della concorrenza. La variazione a livello regionale è enorme. In Trentino il 31,3% delle startup innovative ha ottenuto l’accesso al Fondo, una quota quasi quattro volte più elevata di quella fatta registrare dalla Toscana (7,8%), che sconta un sistema di controgaranzie regionali farraginoso. Al di là di questo caso specifico, nessuna regione dell’Italia meridionale o insulare si trova tra le prime 10 per tasso di utilizzo dello strumento. Le rilevazioni si riferiscono a dati di inizio 2020, ed è lecito supporre che le misure di rafforzamento del Fondo di Garanzia per le PMI adottate durante la pandemia, che non prevedono una differenziazione territoriale, potrebbero avere perpetuato o addirittura accentuato il divario. Forti variazioni regionali riguardano anche il tasso di utilizzo della nuova modalità gratuita e digitale di costituzione delle startup innovative. La regione che nel 2019 ha presentato la più elevata quota di startup costituite secondo questa modalità è la Sardegna, con sei imprese innovative su 10 avviate online, contro le 2 su 10 dell’ultima classificata, l’Umbria (2 su 10). 4° filone: Distribuzione territoriale delle startup dell’intelligenza artificiale. Lazio e Trentino al top, Campania e Molise flop. Un’analisi testuale degli oggetti sociali delle startup innovative italiane realizzata con una tecnica semi-automatica di machine-learning ha consentito di stimare la distribuzione territoriale delle giovani imprese basate su tecnologie digitali emergenti, ossia il cui modello di sviluppo è imperniato sull’utilizzo di tecnologie emergenti, tra cui l’intelligenza artificiale. Le regioni in cui le startup basate su tecnologie digitali emergenti sono più diffuse sono Lazio e Trentino, mentre Campania e Molise si collocano in fondo alla classifica. Più in generale, la mappa sembrerebbe suggerire un chiaro ritardo nell’adozione delle tecnologie emergenti da parte delle regioni del Mezzogiorno. Infine è stata fatta una analisi che ha messo in luce evidenze inedite sui trend di crescita e di mortalità. otto startup su 100 diventano “milionarie” entro 5 anni, 18 chiudono. Questa analisi benché interessante perché l’arco temporale è il più lungo mai osservato (2014-2018) manca al momento di una chiara componente territoriale, in quanto l’analisi dei tassi di crescita è stata realizzata a livello nazionale. Riportiamo comunque qui di seguito le tabelle che illustrano l’andamento a completamento del lavoro fatto da entro OCSE di Trento. Photo by Andrea Ferrario on Unsplash
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