Nuova normativa startup, manca la forza propulsiva

Ci siamo, il tanto atteso StartupAct 2.0, il pacchetto di normative che idealmente supera, aggiorna, rafforza il noto decreto del 2012 in cui per la prima volta si introdusse il concetto di startup innovativa con il relativo registro e incentivi, è arrivato. E’ affogato nel cosiddetto DDL Concorrenza che è stato approvato oggi dal Consiglio dei ministri e le aspettative dell’ecosistema startup sono andate in gran parte deluse.

Italian Tech Alliance, associazione che raccoglie sia startup sia investitori in capitale di rischio così si esprime per bocca del suo direttore generale Francesco Cerruti: “Apprendiamo con dispiacere la limitata ambizione mostrata dal Governo relativamente all’ecosistema dell’innovazione. Abbiamo lavorato assieme a tanti altri soggetti per proporre non un libro dei sogni, ma un set di proposte che siamo convinti possano permettere all’Italia il salto di qualità che merita in questo ambito. Leggiamo invece alcuni articoli che alternano interventi con ricadute potenzialmente positive ad altri meno coerenti con ciò che è stato lungamente discusso negli scorsi mesi, ma soprattutto che sono caratterizzati da una assenza di investimento politico in questo ambito. Scomodando la vecchia saggezza dei proverbi, si può dire che la montagna ha per ora partorito il topolino, e questo dispiace soprattutto considerando l’impegno e il tempo che molti professionisti hanno dedicato alle proposte che sono state presentate al Mimit (ministero Imprese e made in Italy, ndr). Convinti che i margini per supportare l’innovazione siano ancora ampi, ci adopereremo affinché nei prossimi mesi possano esserci ulteriori interventi per rendere l’ecosistema normativo che regola la materia effettivamente incisivo come è nelle dichiarate intenzioni del Governo e nelle nostre aspettative”.

Dall’ecosistema giungono voci ancora più critiche, in particolare c’è chi afferma che la introdotta soglia minima dei 20mila euro di capitale versato sia una contraddizione, una scelta che, seppur fatta per ridurre il numero delle aziende iscritte al registro, oltre 15mila oggi, e quindi ridurre anche il costo degli incentivi fiscali sperando di eliminare dall’elenco tutte quelle realtà che di innovativo hanno poco e che nel tempo non sono riuscite a crescere, vada però in conflitto con la natura stessa delle startup. Chi invece è convinto che questo passaggio della nuova normativa si rivelerà non determinante ma in generale l‘approccio voluto dal legislatore manca di forza propulsiva. In un momento in cui le startup andrebbero spinte al massimo per fare in modo che il processo di innovazione industriale, economica, sociale possa accelerare serviva certamente del coraggio in più, serviva che fossero allocate non solo norme incentivanti rinnovate ma anche nuove risorse.

Lo StartupAct del 2012 che fu certamente importante perché portò per la prima volta all’attenzione delle istituzioni il fenomeno startup, anche se discutibile in certi aspetti come per esempio quello di definire per decreto quali dovevano essere le caratteristiche per definire una aziende come innovative, aveva e continua ad avere bisogno di un profondo aggiornamento, questo sia perché 12 anni nel mondo startup corrispondono a un’era geologica vista la velocità con cui si evolve l’innovazione, il mercato e lo scenario internazionale, sia perché sarebbe importante dare al Paese una spinta di accelerazione che funga da colpo di reni per permettergli di recuperare, almeno in parte, quel gap dimensionale, strutturale e culturale che ha accumulato rispetto alle altre economie europee quando di tratta di startup che fanno innovazione. Il processo di aggiornamento della norma è iniziato mesi fa ed è stato corredato dal lavoro dei rappresentanti del mondo startup che dialogano con le istituzioni ma certamente perché si giunga a risultati apprezzabili è necessaria la volontà di tutte le parti e, alla luce del testo del nuovo decreto, molte delle proposte avanzate non hanno trovato spazio fatto salvo per l’estensione di alcuni incentivi agli incubatori certificati e per l’obbligo da parte di investitori istituzionali, per esempio i fondi pensione, di destinare una parte, si parla del 2%, agli investimenti in startup, cosa quest’ultima che avrebbe valenza anche di tipo culturale e che in altri Paesi avviene già, vedremo poi in che modo sarà confermata a valle dell’iter parlamentare.

Quanto proposto in tema startup nel DDL Concorrenza pare quindi essere ininfluente, è un passaggio del tutto insufficiente che, aldilà del dettaglio delle singole voci, si configura come un passo indietro, un’inversione di spinta, rispetto alla considerazione che le istituzioni governative hanno delle startup. Le startup hanno una rilevanza strutturale, rappresentano il futuro del sistema economico, sono le realtà capaci di dare concreto contributo alle sfide che oggi ci troviamo ad affrontare, quelle ambientali, quelle sociali, quelle economiche, quelle strutturali. Ciò che traspare è invece una marginalizzazione della considerazione verso le startup che non possono essere trattate, per rilevanza, alla stregua di singole norme su ripartizione dei pedaggi delle autostrade o rinnovo delle licenze per i dehor, hanno una rilevanza diversa, fondamentalmente diversa.

Gli imprenditori italiani hanno dimostrato, e continuano a dimostrare ogni giorno che sono capaci di fare cose di grande valore, che lo fanno nonostante un sistema normativo, fiscale, burocratico molto più complesso rispetto a quello degli altri Paesi con cui ci si confronta, lo dicono sì, se ne lamentano anche, ma vanno avanti, nonostante tutti gli ostacoli l’Italia resta la seconda economia industriale d’Europa e uno dei Paesi più avanzati al mondo, gli imprenditori italiani, compresi quelli che fanno startup innovative, sono più forti di ogni ostacolo a cui il barocco sistema nazionale li costringe. Ed è perciò che quello che servirebbe è una presa di coscienza profonda e coraggiosa da parte delle istituzioni per la scrittura e approvazione di norme capaci di abbattere, almeno in parte, queste barriere, sbloccare tutto il potenziale e quindi accelerare, e quindi dare quel colpo di reni che serve. Ma gli imprenditori vanno avanti e continueranno a farlo, le startup che in questi anni sono nate, sono cresciute, sono sempre più sofisticate, internazionali continueranno a esistere, a nascere a crescere.

Se poi un giorno anche le istituzioni governative, partendo dalle startup, decidessero di prendere pienamente atto dell’importanza che esse hanno e decidessero di approvare delle norme, magari anche a livello di UE al fine di creare un sistema capace di competere su scala globale, capaci in modo concreto, fattivo, strutturale di aiutare gli imprenditori, allora sì che avremmo fatto un passo avanti importante, ma nel frattempo non si molla di un centimetro perché l’innovazione, l’imprenditorialità, il desiderio di rendere il mondo un posto migliore, sono più forti di qualsiasi disattenzione istituzionale. (Foto di Frederic Christian su Unsplash)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Iscriviti alla newsletter