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Si definiscono NFT, sigla che sta per Non Fungible Token, ossia una unità dati digitali identificativi di un bene immateriale e garantiti dalla blockchain. Si distinguono da fungible token appunto per questa loro capacità di essere associati a un qualcosa di unico garantendone originalità, immodificabilità e tracciandone la proprietà. Fungible token sono le criptovalute perché interscambiabili e utilizzabili per fare, per esempio, acquisti di beni e servizi, gli NFT invece consentono di certificare digitalmente l’unicità di un oggetto immateriale, per esempio un’opera d’arte digitale. Un valore fungibile è intercambiabile perché si basa sul valore assegnato, come avviene per il denaro e per le criptomonete, un valore non fungibile invece non è interscambiabile perché il valore è intrinseco nel bene e non replicabile, come appunto è il caso di un’opera d’arte.
I non fungible token nell’arte
Gli NFT sono balzati alle cronache in queste ultime settimane grazie a una parabola di eventi che hanno visto opere d’arte digitali essere vendute a prezzi altissimi fino ad arrivare al caso dell’opera digitale intitolata Everydays: the first 5000 days realizzata dall’artista Beeple e battuta all’asta da Christie’s per la cifra di oltre 69 milioni di dollari . Prima di questo clamoroso caso altri hanno contribuito a portare i riflettori sugli NFT: l’opera di Banksy che è stata data a fuoco per poterne rivendere poi la versione digitale, ma anche GIF di artisti, video e foto di personaggi famosi, il primo tweet di Jack Dorsey fondatore di Twitter, insomma la serie di casi che stanno dimostrando che gli NFT sono potenzialmente generatori di nuove opportunità di business iniziano a essere numerosi, esiste anche già un mercato per chi vuole comprare o vendere opere d’arte o memorabilia e si trova all’indirizzo nonfungible.com. Gli NFT paiono essere quindi il nuovo sacro Graal per il mercato dell’arte e non solo quello delle immagini o dei video ma anche dei suoni, della musica, insomma sono l’ennesimo frutto del profondo processo di cambiamento che sta coinvolgendo ogni aspetto della vita quotidiana e che con la pandemia, come ormai abbiamo bene imparato, sta avendo una accelerazione. I Non Fungible Token sono anche la nuova dimostrazione dell’efficacia dei modelli decentralizzati, quelli appunto abilitati dalla tecnologia blockchain, modelli che quindi non prevedono la presenza di intermediari o di enti che certificano il valore, l’originalità, l’unicità. Così come per, per esempio, per i bitcoin non esiste, perché non serve, la banca centrale che ne determina il valore e ne certifica l’autenticità, anche per questo nuovo mercato di beni unici immateriali non servono enti ed entità che facciano da garante. Certo il caso dell’opera venduta a 69 milioni di dollari è un caso eclatante e da solo non è sufficiente per affermare che siamo di fronte a un fenomeno consolidato, ma è anche vero che sono questi segnali che indicano la direzione e che ci danno la possibilità di fare anche qualche previsione. Se sono un’artista o un collezionista o un fotografo o un musicista ho oggi la possibilità di trasferire le mie opere anche se immateriali garantendone unicità, originalità, immutabilità a chiunque le desideri comprare.
Ma se sono un imprenditore, il fondatore di una startup che uso posso fare degli NFT?
Una prima risposta la offrono Massimo Simbula e Stefano Quintarelli in questo articolo dove partendo dai casi che stanno delineando il fenomeno e sottolineando l’importanza degli NFT mettono in luce le criticità che ancora vi sono, soprattutto a livello normativo, ed estendono la loro applicazione a beni di ogni genere disegnando uno scenario che mette, per esempio, in discussione anche il ruolo dei notai. Volendo proseguire nel disegnare questa parabola possiamo spingerci ad estendere l’uso degli NFT anche alle quote delle aziende. Benché una quota di un’azienda possa essere considerata un bene fungibile perché ogni quota in un dato momento ha pari valore, è anche vero che i diversi pacchetti di quote in capo ai diversi investitori possono essere considerati anche come non fungibili perché ogni pacchetto ha un suo valore ben specifico. Così il pacchetto azionario o di equity che corrisponde alla percentuale X dell’azienda Y ha un preciso valore e, al netto della presenza di pacchetti di equity di pari valore, può assumere il carattere di bene non fungibile. Partendo da questa considerazione è facile intuire come, in uno scenario dove sia possibile applicare agilmente gli NFT, anche la compravendita di quote potrebbe avvenire utilizzando questa tecnologia. Siamo ancora lontani dal momento in cui tale possibilità possa realizzarsi in modo pienamente operativo ma vale la pena iniziare a immaginarla come possibile sia per iniziare a guardare più da vicino questo fenomeno, sia per farsi trovare pronti nel momento in cui, idealmente, si realizzerà una sorta di marketplace di pacchetti di equity di startup e scaleup le cui transazioni possano essere gestite tramite NFT. Sarà una piccola rivoluzione e probabilmente potrà essere anche il momento in cui si realizza quel famoso mercato secondario per le equity di cui spesso si è parlato ma che ancora è ben lontano da essere una realtà efficace e di larga scala. Nell’attesa che gli NFT possano giocare un ruolo anche sul fronte della compravendita di equity è sempre possibile, facendo ricorso allo spirito imprenditoriale, pensare a startup che sviluppino business sfruttando gli NFT per vendere e comprare beni immateriali (o volendo anche materiali) non fungibili magari creando marketplace o supportando artisti emergenti. Photo by Markus Spiske on Unsplash
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