Sono scattate le manette per Charlie Javice la fondatrice della startup Frank che nel 2021 la imprenditrice 31enne vendette a JPMorgan per la cifra di 175 milioni di dollari. Cifra che fu calcolata sulla base del fatto che Javice aveva comunicato dati relativamente ai clienti della startup che si sono poi rivelati non veri. Era il settembre 2021 quando JPMorgan decise di acquisire Frank startup nata nel 2016 con l’obiettivo di semplificare il processo di pianificazione finanziaria per gli studenti dei college statunitensi, un mercato ghiottissimo per la grande banca di New York tanto da portarla ad approfondire la conoscenza della startup e della sua giovane fondatrice. In fase di negoziazione Javice e il suo responsabile della crescita e dell’acquisizione di clienti Olivier Amar riuscirono a convincere JPMorgan del fatto che Frank aveva tra i 4 e i 5 milioni di clienti, numeri che hanno acceso l’interesse dell’istituto finanziario che ha poi deciso di acquisire la startup per poi scoprire, al momento in cui fu fatta la prima campagna di marketing, che i dati di milioni di utenti erano sì presenti nel database di Frank, ma non erano nemmeno lontanamente clienti del servizio. Secondo le indagini che sono seguite alla denuncia che JPMorgan ha fatto a dicembre 2022 è poi emerso che la imprenditrice, con l’aiuto di un docente universitario, ha manipolato i dati e a di fatto commesso una frode nei confronti di JPMorgan. A seguito della denuncia il caso è esploso e in queste ore Javice è stata arrestata per poi essere rilasciata su cauzione da due milioni di dollari e con l’obbligo di potersi muovere solo tra New York dove ha sede JPMorgan e dove sono quindi competenti sia la procura sia la SEC (l’organo di controllo finanziario statunitense) che le hanno mosso tre capi d’accusa ognuno dei quali potenzialmente potrebbe tradursi in una condanna a 30 anni di prigione, e la Florida del sud dove l’imprenditrice è ufficialmente residente presso un indirizzo di Miami Beach. Javice ha anche dovuto riconsegnare il passaporto e ha il divieto di entrare in contatto con qualsiasi altra persona coinvolta nel caso.
Il lato oscuro del mondo startup
Il New York Times si è appassionato alla storia, ne aveva fatto un approfondito racconto già a gennaio e naturalmente ha ripreso la notizia in concomitanza con l’annuncio dell’arresto . Il quotidiano della grande mela ha deciso di dare rilievo alla faccenda e ha fatto bene, non solo perché è una notizia che ha anche valenza locale, visto che JPMorgan e la presunta truffa si sono svolte a New York ma anche perché questa di Charlie Javice e di Frank è la nuova manifestazione di quello che potremmo definire come il lato oscuro del mondo delle startup (ogni settore, ambito, contesto ne ha uno, e quindi c’è anche qui), un lato oscuro che in tempi più recenti si è manifestato con il fallimento di Silicon Valley Bank e con la gestione ‘allegra’ di FTX , il crypto exchange che si è tirato dietro anche realtà come Silvergate Bank e Signature Bank (come riporta Politico con gli opportuni dettagli ) e che ha visto anche svilupparsi casi clamorosi come quello di Theranos sempre negli USA o quello di Wirecard in Germania (con anche colpe da parte di EY che ora non può più prendere nuovi clienti per il periodo di due anni tra le aziende quotate in Germania ) e di Bio-on in Italia. È una storia esemplare anche quest’ultima che torna a porre l’accento sull’importanza di fare le due diligence sia da parte degli investitori in caso di round di finanziamento, sia da parte di chi acquisisce in caso di exit, aspetto che si dimostra essere sempre più delicato sia quando si tratta di prodotti complessi, sia quando si tratta di gestione dei processi, sia quando si tratta, come nel caso di Frank, di servizi finanziari erogati tramite piattaforme digitali. (Foto di Precious Madubuike su Unsplash).
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