Matteo Carbone, nel dopo Covid una nuova ondata di insurtech

‘Le polizze incendio sono nate in inghilterra dopo il Great Fire che devastò Londra nel 1666. Ora, nel dopo Covid, non escludo cambiamenti importanti in ambito assicurativo. Sicuramente quello che è successo stimola le persone verso la ricerca di un prodotto assicurativo che ancora non c’è, e di conseguenza spingerà le Compagnie a dire ‘Che tipo di prodotto potrei offrire?’. Il Covid ha aggiunto uno stimolo nel mindset della popolazione e anche delle imprese, e le Compagnie dovranno tenerne conto.” A parlare è Matteo Carbone, fondatore dello IoT Insurance Observatory e Archimede SPAC (che ha generato Net Insurance), considerato uno dei massimi esperti mondiali e influencer in ambito insurtech, oggi anche ambassador della Italian Insurtech Association. Uno che prima del Covid19 prendeva 200 voli all’anno, la maggior parte a lungo raggio, partecipava, come relatore, a qualcosa come 40 convegni, tra un workshop e l’altro,  gestiva (questo lo fa ancora) circa 180 mila connection su Linkedin. Nota e ripresa da tanti commentatori la sua frase ’tutte le compagnie saranno insurtech’ che dava il titolo al suo libro del 2017 All the Insurance Players Will Be Insurtech. “Altri aspetti di impatto del Covid sulle assicurazioni nel breve periodo hanno a che fare con la recessione: su tutto il settore assicurativo non obbligatorio la recessione economica avrà un forte impatto, ci dobbiamo aspettare che si ridurrà lo spending discrezionale, perciò tutti i player che fanno distribuzione innovativa, comprese le startup, una contrazione del business ce l’avranno, molte non sopravviveranno. Negli Stati Uniti si stanno già vedendo tanti player insurtech e startup che stanno già licenziando. Questo potrebbe però anche generare nell’arco di 16-18 mesi una nuova ondata di insurtech perché ci saranno in giro persone con competenze molto elevate che magari stavano lavorando su progetti innovativi e che si ritrovano a spasso, hanno tempo e competenze e probabilmente voglia di lanciarsi in una loro impresa.” “E’ quello che pensano i venture capitalist, loro in questo momento devono salvaguardare il proprio portfolio, ma si sta creando creando la tempesta perfetta, la nuova wave insurtech: se questi talenti ‘a spasso’ mettono in gioco qualche risparmio o coinvolgono qualche angel investor, e riescono a creare una piccola iniziativa che arrivi all’uscita dalla recessione, superando la selezione darviniana, possono riuscire diventare i nuovi player insurtech. Quelli di cui discuteremo tra 7-8 anni”. Matteo Carbone ha una conoscenza del mondo insurtech molto profonda, in particolare per i mercati Europa e USA, perché, racconta, ‘sono quelli che ho cominciato a frequentare e conoscere quando lavoravo per Bain & Company, quelli in cui con la conoscenza della lingua inglese potevo affrontare tanti aspetti del mio lavoro come leggere polizze, normative, regolamenti’. “Lavoro da molti anni nel settore assicurativo, ho fatto 11 anni in Bain Italia e all’estero fino al 2016, poi ho iniziato a fare ‘innovazione assicurativa’ in proprio, ho creato nel 2017 l’Osservatorio sull’uso dell’IoT nel mondo assicurativo che ad oggi ha circa 60 aziende partecipanti. Il primo anno erano aziende euroepee, poi ho fatto il mio roadshow, bussato a tante porte, e oggi la metà delle mie aziende è in US. Ho scelto di specializzarmi in un campo che conoscevo benissimo, mi presentavo dicendo ‘non c’è nessuno al mondo che ha visto tanti progetti IoT in ambito assicurativo come me’ ed era vero, e penso di poterlo dire ancora oggi perché ho avuto modo di collaborare, parlare, discutere, in questi anni con l’80% delle assicurazioni che nel mondo stanno facendo innovazione tecnologica’. Questa expertise e il suo enorme network sono i motivi per cui da qualche mese Matteo Carbone è anche ambasciatore della nuova associazione italiana del mondo insurtech, IIA, Italian Insurtech Association. “La situazione Covid mi ha cambiato l’agenda, non posso viaggiare come prima per il momento. Convegni, incontri, workshop, sono per me strumenti per conoscere player, startup, tecnologie, novità, nuove idee, spunti di riflessione, un flow continuo, costante. Quando è nata l’Insurance Insurtech Association e ho chiesto che cosa potessi fare che portasse valore, la risposta è stata quasi ovvia: la connessione con il mondo insurance internazionale, con altre associazioni, regulator, player che hanno interesse verso l’Italia. Ci sono gruppi assicurativi anche grossi che non hanno una sede in Italia, e anche per questo possono aver interesse a diventare membri. – racconta Carbone -. IIA è nata per diventare un punto di riferimento nell’eterogeneo mondo dell’Insurtech. Hanno contribuito a fondarla Net Insurance, distributori, player innovativi come Yolo, professionisti del mondo assicurativo, ci sono startup, incumbent, vendor. Un punto d’incontro e anche una voce unitaria per il confronto con le istituzioni da parte di chi è impegnato nell’innovazione assicurativa,  un luogo per stimolare lo scambio di idee e riflessioni, per promuovere la crescita sana dell’insurtech in Italia. Per fare questo IIA rappresenta i propri membri, fornisce servizi ai propri membri, porta stimoli di riflessione e il dibattito”. Matteo Carbone definisce l’insurtech ‘soluzioni che sfruttano i dati e le tecnologie nel mondo assicurativo’. Un settore dal perimetro molto ampio, sottolinea, dove ci sono pionieri e follower, il mercato ha delle particolari dinamiche, a volte gli incumbent sono meglio delle startup e la scalabilità non si ottiene con il copia e incolla. Maturità e impatto insurtech, leader e follower “In certi mercati dicono ‘siamo molto indietro’, in altri si sentono molto avanti. Io la penso diversamente. Non c’è un mercato mondiale, un singolo paese, che possa definirsi ‘il più avanzato’ in ambito insurtech. Si possono trovare eccellenze differenti in mercati differenti. L’Italia per esempio, è in assoluto la best pratice sull’utilizzo della telematica in ambito auto insurance, ha una penetrazione che sfiora il 25%, ma soprattutto ha la qualità, grazie a quello che determinate compagnie hanno fatto con la telematica, per esempio Unipol. In questo settore è anni luce più avanzata di tutti gli altri player internazionali. Tipicamente c’è sempre un effetto scia: quando un’innovazione è introdotta in un mercato da un player gli altri seguono, e questo si traduce nel fatto che anche il secondo o terzo player di quel mercato saranno tendenzialmente più avanzati del player migliore di qualsiasi altro mercato.” “Per quanto riguarda la distribuzione, invece, l’unico vero mercato in cui il digitale è penetrato in maniera eccezionale è l’Inghilterra, e non solo per l’auto, ma per la casa, e tutte le possibili personal line. In questo Paese c’è stato negli anni novanta un primo passaggio dal broker al contratto telefonico, e nel decennio successivo dal telefonico all’online, inizialmente per l’auto, poi la tendenza si è rafforzata attraverso i siti di comparazione dei prezzi.” Il cambiamento dei comportamenti “Se guardiamo alle assicurazioni che fanno leva sul cambiamento dei comportamenti, ad esempi polizze salute che incentivano comportamenti salutari o polizze auto che incentivano una guida più prudente, il mercato leader mondiale è il Sudafrica, perché un player, Discovery, ha iniziato a fare questo bene 20 anni fa. Anche negli Stati Uniti ci sono naturalmente diversi esempi di disruptor, startup che hanno preso la licenza di compagnia assicurativa come Lemonade, Metromile, Root e che hanno raggiunto valutazioni straordinarie (in alcuni casi devono ancora dimostrare di meritarsele). In Europa recentemente abbiamo visto la francese Alan raccogliere 50 milioni di euro. Sono tutti fenomeni diversi in diversi mercati, il copia e incolla da un paesea un altro non sempre funziona in ambito assicurativo, perché la polizza è un contratto che nasce in un determinato contesto legislativo. Pensiamo per esempio alla polizza salute, che negli Usa guida il sistema salute perché non c’è una sanità pubblica come in Europa, dove infatti la polizza salute è complementare alla sanità. I prodotti assumono connotati diversi.” Il ruolo delle startupLe startup forniscono lo stimolo, quella che raccoglie tanti soldi influenza il pensiero, in termini di impatto concreto sul mercato però spesso quello che fanno gli incumbent o i riassicuratori è tendenzialmente più impattante delle startup. Dipende molto dal commitment della compagnia e del suo management e dalle capacità dei singoli, perché se la value proposition è attrattiva e da valore al cliente, le resistenze sono molto basse. Faccio un esempio che conosco bene e riguarda l’IoT: quello che ha fatto Unipol con la telematica nel mondo dei sinistri non l’ha fatto nessuno a livello internazionale; se pensiamo alla sudafricana Discovery, 20 anni fa era una startup, oggi è una compagnia da mezzo miliardo di premi l’anno, diventata così brava che vende i suoi servizi ad altre compagnie in giro per il mondo in 20 Paesi. Cosa vende? Il suo modello di cambiamento dei comportamenti, basato su tre pilastri: creazione di consapevolezza dello stato di partenza; suggerimento dei comportamenti e reward. L’insieme di questi 3 pezzi nel tempo consente di ridurre il rischio al cliente e anche alla compagnia, è una situazione win-win. Che ha cambiato radicalmente un modo di fare assicurazione. Non è solo comunicazione.”  

Cover Photo by Anders Jildén on Unsplash

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