Era un martedì di pioggia, che seguiva ad altri martedì di pioggia in una Milano questo inverno simile a Gotham City. La città dove piove sempre, ogni giorno, senza sosta.
Quel martedì ho incontrato il presidente di una delle, poche purtroppo, imprese di livello internazionali rimaste in Italia. Mi ha detto un sacco di cose illuminanti che ho molto apprezzato, fino a che ha detto questa frase: “Il mio mestiere è vendere bibite”, mi ha detto. In realtà lui non solo vende bibite, ma è leader mondiale nella vendita di bibite in numerosi segmenti di mercato. Ma non è per questo che ho scosso la testa per correggerlo. Il motivo è un altro. “Su questo, mi spiace ma non sono d’accordo. Il tuo mestiere non è vendere bibite.”
Questo fatto l’ho capito durante Make Your Startup, corso laboratorio organizzato per la prima volta nella primavera dello scorso anno. La scommessa del corso era convocare alcuni dei più bravi imprenditori emergenti, tutti trenta-quarantenni, e metterli al servizio di persone che vorrebbero mettersi in proprio oppure che lo hanno fatto ma vorrebbero far crescere la loro attività.
Così una quindicina di ragazzi e di giovani uomini e donne si sono confrontati con una ventina di mentori che hanno letteralmente frullato le loro idee o bozze di idee, per portarli a individuare i punti di forza da trasformare in un progetto da presentare alla fine del corso a dieci tra i più importanti investitori in start up a livello nazionale.
Personalmente lo scopo principale di organizzare il corso era anche quello di carpire i segreti dei miei coetanei che ammiro di più in fatto di business.
Ha aperto il corso Alessandro Fracassi che ha raccontato gli inizi dell’avventura che lo ha portato a fondare Mutui On Line che è arrivata alla quotazione alla Borsa di Milano.
“Cosa spinge qualcuno ad aprire un’altra pizzeria oltre quelle che già esistono? O a fare l’avvocato?”, ha chiesto sottolineando che spesso una nuova impresa nasce in settori dove già esiste una fitta concorrenza. “E’ la convinzione di fare meglio di chi già c’è. La domanda che vi dovete fare prima di iniziare qualcosa è: Pensi che la farai meglio degli altri? Meglio può essere il prodotto che vuoi fare oppure il tuo modo di servire i clienti. Più dell’idea serve capire come puoi riuscire a farla meglio.”
Fracassi ha poi proseguito su alcuni aspetti che reputa fondamentali, come chiarire i rapporti tra i soci, “Eravamo in due. Ci siamo detti: io mi occupo del presente, tu del futuro.”, come scegliere i collaboratori, “Dovevano soddisfare a due condizioni: che ci piacessero e che credessero nell’azienda”, come ha trovato le risorse partendo da zero e come ha gestito la crescita. Dopo di che si è fatto raccontare le idee dei partecipanti e li ha aiutati a fare emergere i fattori che a suo avviso potessero risultare vincenti sul mercato.
Dopo Fracassi ci sono stati altri, tutti preziosi che hanno consentito ai partecipanti di ampliare gli orizzonti sul proprio business attuale o sulla idea che avevano. Tra gli altri c’è stato Marco Ferrari, autentico trascinatore, che ha raccontato di aver cominciato da giornalista ma di essersi trasformato in imprenditore perché il giornalismo in cui credeva si è accorto che ormai non esiste più. Nel suo intervento si è focalizzato sulle dritte per convincere un investitore a darci i suoi soldi: “Dovete pensare in grande per emozionare chi investe soldi, ricordando sempre che l’unico motivo per cui un investitore istituzionali vuole dare i soldi è per farne di più.”
Ha poi elencato gli errori che si fanno di solito quando si parla agli investitori, “Tipico errore di chi presenta un progetto: partire dalla soluzione. Invece occorre prima centrare il problema”, e le parole chiave che fanno breccia nel loro cuore. Marco Ferrari partendo con alcuni amici è arrivato alla carica di CEO e azionista della Zodiak, multinazionale dell’intrattenimento e alla fine del 2013, forse anche grazie al corso?, ha lasciato ogni carica per rimettersi in gioco con una nuova start up.
Poi c’è stata Diana Saraceni, donna straordinaria, che ha svelato come ragiona un investitore: che cosa muova i venture capitalist nella scelta delle aziende su cui investire e come poter gestire il rapporto e i contratti in modo profittevole con loro. Vito LoMele ha raccontato i suoi inizi, “Eravamo davvero in un garage, con la serranda. E questo era un filtro naturale: chi arrivava per le selezioni, se non aveva lo spirito giusto non entrava neanche”. Ha illustrato le sue tecniche, a volte quasi irrazionali, nella gestione dell’azienda: “Per scegliere i collaboratori uso la regola più scema del mondo: ogni volta che sto con questa persona ho energia positiva?”. Per poi mettersi al servizio dei partecipanti e delle loro idee. Così hanno fatto gli altri, tra cui imprenditori come Umberto Malesci di Fluidmesh, che esporta all’estero oltre il 90% della sua produzione, Davide Malaguti di Golden Group, “Compito dell’imprenditore è realizzare cose più semplici possibile nel più breve tempo possibile”, che si sono fatti raccontare le storie dei partecipanti e le loro idee e, come fossero armati di cesoie, hanno sradicato senza pietà ogni parte che secondo loro non avrebbe avuto successo sul mercato.
Dai mentori di Make Your Startup, imprenditori di successo ma soprattutto persone di straordinaria umanità, ho imparato che il mestiere dell’imprenditore è uno solo, che unisce tutti, indipendentemente dal settore o dalla nazionalità. Per questo in quel martedì di pioggia mi sono permesso di correggere il grande imprenditore: “Il tuo mestiere non è vendere bibite. Il tuo mestiere è generare ricchezza”.
Andrea Zoppolato è ideatore di Make Your Startup
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