Parte anche in Italia il programma Code Your Future (CYF) sviluppato dall’omonima organizzazione no-profit internazionale che offre lezioni gratuite di coding specificamente rivolte ai rifugiati, ai richiedenti asilo e alle persone in difficoltà economiche. L’edizione italiana di Code Your Future per la quale sono già aperte le candidature è realizzata in collaborazione con LVenture Group, holding di partecipazioni quotata sul MTA di Borsa Italiana che investe in startup digitali. Il tasso di successo del programma secondo quanto rilevato nel Regno Unito è del 70% e le persone che lo hanno concluso hanno trovato impiego in società come Live Nation, PA Consulting e nelle divisioni tecnologiche della BBC e del Financial Times. In Italia il corso si terrà ogni sabato, dal 4 maggio sino a dicembre nell’hub di LVenture in via Marsala a Roma, il corso sarà in inglese (la lingua del coding) ma i partecipanti (specie per gli italiani a basso reddito) potranno usufruire di corsi d’inglese, mentre per i rifugiati parallelamente sono previsti corsi d’italiano. I partecipanti riceveranno anche biglietti per il trasporto pubblico e, nel caso di donne con minori, è prevista assistenza per l’infanzia. Le lezioni si completano con 25 ore settimanali di lavoro da remoto e Code Your Future fornirà i laptop per lo studio mentre i router portatili e la connessione sono offerti da Onemyfi, azienda che fa parte dell’ecosistema di LVenture a esempio della contaminazione tra le startup e le aziende. “LVenture Group sostiene Code Your Future per diverse ragioni. La prima è che, da imprenditori, abbiamo un concetto di give back come si dice negli Stati Uniti, ovvero di restituire alla società parte della fortuna che abbiamo avuto – spiega Luigi Capello, CEO di LVenture Group a Startupbusiness – . La seconda è che le nostre startup, che lavorano nel nostro hub alla stazione Termini ricercano continuamente talenti. Noi pensiamo che questa iniziativa possa veramente avvicinare i migranti, o gli italiani che hanno disagio, al mondo del lavoro. Per cui per noi questo è un asset fondamentale. Infine, la terza ragione è che come imprenditori abbiamo una responsabilità sociale e non vogliamo lasciare nessuno indietro. Per questo vogliamo mettercela tutta affinché questo programma abbia successo, anche per dimostrare che è possibile proporre un modello positivo di integrazione per il nostro Paese”. La scelta di espandere il programma in Italia – riferisce una nota – è legata a diversi fattori, a partire dalla cronica carenza sul mercato del lavoro di nuove professionalità in ambito digitale. Basti pensare al fatto che solo il 3% degli studenti universitari in Italia è laureato in nuove tecnologie e solo il 10% delle aziende utilizza un e-commerce per vendere i propri prodotti o servizi. Al contempo, la domanda di nuove professionalità specializzate nel digitale è in costante crescita: la Commissione Europea ha stimato in 800.000 il numero dei nuovi posti di lavoro necessari entro il 2020 in questo ambito. In Italia sono oltre 200.000 i lavoratori con specifiche competenze informatiche e digitali richiesti dalle imprese entro il 2023. Secondo uno studio dell’Università Cà Foscari di Venezia inoltre, la domanda di competenze digitali è tale che la totalità dei laureati in queste discipline riesce a trovare un’occupazione. Gli sviluppatori web alla loro prima esperienza in Italia infine, percepiscono uno stipendio medio annuo di 28.000 euro, il 30% più alto dello stipendio base italiano. “Code Your Future è una scuola che insegna programmazione part-time alle persone svantaggiate e ai rifugiati – dice a Startupbusiness Germàn Bencci, Founder di Code Your Future – . Abbiamo cominciato in Inghilterra nel 2016, con l’idea di dare un’opportunità alle persone che fino ad adesso non sono riuscite a trovare un nuovo inizio nelle loro vite. Noi abbiamo pensato che attraverso la tecnologia, imparando questa carriera di programmatore possano trovare un lavoro in cui la loro vita possa fondamentalmente cambiare. Il bello del coding, della programmazione è il fatto di essere al cento per cento meritocratica: non sono le condizioni di partenza a incidere sul talento. Roma è il primo posto fuori dall’Inghilterra, abbiamo scelto l’Italia perché pensiamo che abbia un grandissimo potenziale di persone e di aziende”.
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