Misura. E’ una parola che sta bene addosso a Luciano Balbo, Deus ex machina di Oltreventure, il fondo di impact investing più attivo in Italia. Appassionato e lucido nel suo mestiere, eppure, non gli sentirete mai dire ‘l’impact investing salverà il mondo’: lui crede nell’innovazione equilibrata, nell’addizionalità. Non crede invece nelle generalizzazioni, nemmeno in questi tempi di emergenza caratterizzati da facile retorica, in cui una previsione sul dopo Covid-19 non la nega nessuno.
“Cosa cambierà per sempre nel dopo Covid-19? Mah, io rimango molto perplesso dalle grandi generalizzazioni, soprattutto quelle di tipo predittivo, tipo ‘ne usciremo migliori’ ,’cambierà tutto’, la storia ci insegna che non è così. – ci dice Luciano Balbo – Sono abbastanza d’accordo con quanto ha detto alcuni giorni fa il cantautore Guccini ‘in generale la gente dimentica’. E’ proprio così, si è visto e si vede dopo le guerre, la gente vuole dimenticare, trovo ci sia molta retorica in circolazione. Il che non vuol dire che non cambierà nulla: per esempio, nel mondo del business, anche nel dopo Covid-19, penso rimarrà la prassi di meno incontri fisici e più online, ci sarà più smart working, la gente e le aziende si sono accorte che certe cose funzionano ugualmente anche così, anzi sono meno dispendiose e più efficienti sotto molti di vista. Io credo in una visione bilanciata del dopo Covid-19, in una rigenerazione umana ci credo poco, gli esseri umani saranno gli stessi di sempre. Ma qualche cosa rimarrà, soprattutto rimarranno alcune lezioni, la sfida sarà fare in modo che le lezioni migliori vengano applicate in modo estensivo”.
In questo come può aiutarci l’impact investing?
“L’impact investing è variamente interpretato, per noi di Oltreventure ha senso se è ‘addizionale’, cioè se promuove cose nuove che generano impatto e innovazione sociale, in grado di migliorare modelli esistenti. Si pensi all’educazione, alla sanità, che proprio in questo momento sono esempi sotto gli occhi di tutti, grandi settori in cui non si tratta solamente di fare investimenti e mettere più soldi, ma proprio di modificare l’offerta, di sviluppare nuove modalità di erogazione dei servizi. Si tratta di fare, per esempio, formazione migliore a parità di costi, di erogare la sanità meglio a parità di costi, quindi il miglioramento secondo me arriva proprio da questo, a parità di costi e di risorse, migliorare drasticamente e rendere più efficace un servizio alle persone”.
“Per quanto riguarda la scuola, cosa succederà a settembre ancora non lo sa nessuno, ma probabilmente anche il prossimo anno scolastico sarà compromesso in qualche modo, tuttavia non credo che la scuola curriculare possa essere fatta completamente online, bisognerà trovare una soluzione. Primo perché la scuola fisica è anche un luogo di contenimento dell’attenzione, di accoglienza dei bambini, di supporto alle famiglie, di relazione. Nel lungo termine non credo che potremo mai passare a una scuola tutta online, siamo degli animali relazionali. Ma è evidente che serve un nuovo modello scolastico che integri pienamente il digitale”.
Parlando di sanità, uno dei vostri più importanti investimenti è stato il Centro Medico Sant’Agostino, un modello di sanità privata efficiente, accessibile, che ha costi competitivi con il Servizio sanitario nazionale, ma molto inferiori rispetto ai prezzi di mercato delle visite specialistiche private. Insomma, un modello che funziona. Perché, secondo lei, c’è oggi questo forte attacco alla sanità privata, soprattutto quella lombarda?
“Intanto, cosa si intende per sanità privata? Si intende sanità erogata dal privato con i soldi del pubblico, come i grandi ospedali milanesi, Humanitas, San Raffaele, che sono privati nella gestione, ma convenzionati con il servizio sanitario nazionale e infatti la maggior parte della gente ne usufruisce con l’SSN. E poi c’è il privato privato, come il Centro Medico Sant’Agostino, che non è convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
Io non capisco questa polemica, il problema vero secondo me è un altro: come il pubblico allocca i suoi soldi. Che in Lombardia ci sia un grado di eccellenza ospedaliera, privata e pubblica, è fuor di dubbio, tante persone vengono costantemente da tutta Italia a farsi operare nei nostri ospedali di eccellenza. Quello che è mancato, in generale nella SSN e in particolare in Lombardia, è l’investimento nel servizio territoriale, che rappresenta la capacità di prendersi cura delle persone prima della fase acuta, prima della patologia. E’ la parte debole di tutta la sanità italiana, in Lombardia è forse dove si è più sacrificato questo aspetto in favore dell’eccellenza degli ospedali”.
“Il Sant’Agostino è totalmente privato, abbiamo cercato di innovare proprio in questo buco del servizio sanitario. Ribadisco, per me la vera domanda è come vengono allocate le risorse, qual è il servizio che viene dato. Gli ospedali privati milanesi danno un ottimo servizio, come anche gli ospedali pubblici, ma il tema è anche come servo gli altri, quelli che non sono acuti, a queste persone che tipo di servizio diamo in chiave preventiva?”
Gli investimenti in startup sono crollati del 40% per effetto del coronavirus nei primi mesi dell’anno. Cosa succederà nei prossimi mesi e come potrebbe cambiare il focus d’investimento dei VC? Il coronavirus ha sensibilizzato maggiormente ai temi dell’impatto sociale?
“Per quanto riguarda il crollo degli investimenti, lo ritengo una caduta temporanea ragionevole, tutti gli investitori ora stanno dedicando tanto tempo al proprio portafoglio che è molto impattato dagli effetti del coronavirus, quindi hanno meno tempo e meno testa per pensare a nuovi investimenti, tranne quelli che erano già incamminati in questi ultimi mesi e che hanno magari accelerato il closing. Lo considero un rallentamento simile a quello che vediamo in tutte le altre attività umane. Se il focus d’investimento cambierà?
Nell’immediato no, perché i fondi esistenti hanno già un loro focus, nel lungo termine può darsi, magari ci saranno più investimenti nell’healthcare, ci potrebbe essere un’accelerazione nel digitale, ma tutto sommato non credo che cambierà poi tanto.
Sugli investimenti a impatto sociale c’era già in atto una tendenza, ed è positivo. Bisogna sviluppare sempre di più business che siano più vicini a promuovere sostenibilità e impatto sociale, con la consapevolezza che siamo all’interno di un processo, una transizione: non puoi cancellare di colpo altri tipi di business, bisogna creare nuove cose che gradualmente sostituiscano le vecchie.
Il concetto è quello dell’addizionalità: se non abbiamo nuove idee per rendere più efficaci i servizi alla persona, al consumatore, per consumare meno energia, ecc non potremo avere transizione. Quindi conta prima di tutto il nuovo, nuove forme di business model che sostituiscano quelli a minore impatto sociale e ambientale. Non ci saranno miracoli, ma una transizione, ed è necessario che più soldi vadano in questa direzione”.
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