Una frase che ogni tanto si sente dire agli eventi dedicati alle startup e all’imprenditorialità è: “puntate alla Luna, alla peggio finirete tra le stelle”. Un modo per enfatizzare come sia giusto partire con le ambizioni più alte, ma altrettanto giusto fare tesoro dei risultati che si ottengono anche se non sono quelli immaginati inizialmente. L’unico caso in cui questa frase non sarebbe stata applicabile è alle ambizioni del progetto che portò l’uomo sulla Luna 50anni fa. Se avessero solo di poco ridimensionato le loro ambizioni e fossero finiti tra le stelle per loro non sarebbe stato un gran risultato. Ma non hanno sbagliato e sulla Luna sono allunati e sono pure tornati indietro. Serve ambizione, serve visione e serve lavoro per arrivare a toccare la Luna o le stelle. Molto lavoro. Fare una startup significa soprattutto impegno, sacrificio, significa dedicare tutto il tempo possibile anche perché se poi si cercano finanziatori essi devono poter vedere che l’impegno dei fondatori è il massimo altrimenti finanzieranno mai una cosa in cui nemmeno chi l’ha creata ci mette il 110% del suo impegno, del suo tempo, della sua fatica. Fare una startup, soprattutto all’inizio, significa quindi dedicarsi a essa in modo totale e, forse salvo per il tempo dedicato agli affetti più stretti, senza altre distrazioni. Tantomeno le vacanze. Sì magari qualche giorno per staccare un po’, magari in un momento in cui i prezzi sono migliori quindi in bassa stagione, magari in luoghi non troppo lontani e certamente bene connessi, ma certamente non si chiude ‘per-il-mese-di-agosto’, insomma non ci si va a sbracare sulla duna se si vuole un giorno sbarcare sulla Luna. Ed è così che il nuovo paradigma, la nuova mentalità degli imprenditori di cui spesso abbiamo scritto qui su Startupbusiness, giunge anche a scardinare un’altra delle cosiddette tradizioni, un’altra delle cose che rientrano nel famigerato refrain del ‘si è sempre fatto così’. Vale a dire la chiusura estiva del Paese. Agosto, il mese in cui si mantengono sì attive le funzioni vitali di base ma il Paese che si prende una lunga pausa di riposo, mentre il resto del mondo continua a correre. Eh no, non si può più fare e di certo le startup, gli imprenditori che vogliono creare valore, le scaleup che vogliono diventare internazionali non lo fanno. Non si chiude, non ci si sbraca. Qualcuno usa questo periodo per occupare spazi di mercato che altri, i vacanzieri, lasciano liberi e così conquistarsi clienti che poi restano anche al momento della cosiddetta ripresa di settembre; altri ne approfittano per fare esperienze all’estero, per andare a conoscere altri ecosistemi, per seguire programmi di accelerazione; altri ancora per portare la cultura della imprenditorialità in giro per il mondo, in Africa per esempio; altri per mettere a punto strategie, per incontrare partner industriali e finanziari sia in Italia sia all’estero; c’è poi chi va alla ricerca di persone con le giuste competenze per essere assunte, e poi ci sono i nomadi digitali che se anche stanno sopra a una spiaggia o a un prato verde, sono tutt’altro che sbracati ma pienamente operativi. Eh sì è finita anche quell’era, quella delle vacanze agostane, quella del Paese che entra in letargo, quella della ‘stessa spiaggia, stesso mare’. Forse è meglio dire che è quasi finita, per molti ancora resiste tale tradizione, ma non per quelli che fanno innovazione, non per quelli che vogliono rendere il mondo un posto migliore con le loro aziende e la loro creatività. E se rimanete in città è assai probabile che i servizi sui quali potrete contare anche quando in molti saranno chiusi per ferie, vi verranno resi disponibili proprio da quelle aziende che hanno capito che fare innovazione significa anche scardinare consuetudini ormai anacronistiche, che siano esse startup o aziende che startup non sono ma che hanno compreso che il mondo va sempre più veloce e non si può ‘fermare le macchine’ per molte settimane. Emil Abirascid
© RIPRODUZIONE RISERVATA