L’Italia secondo l’OCSE: digitalizzazione della PA, investimenti in startup e PMI

L’ultimo report dell’OCSE, Economic Survey of Italy (September 2021), offre uno spaccato chiaro su quali sono le problematiche e i punti forza del nostro Paese nel periodo che ha inizio con la pandemia e quello previsto con la fine della sua crisi. Secondo lo studio il Governo italiano ha saputo mitigare le perdite di posti di lavoro, facendo da garante sui prestiti delle banche, sostenendo così la liquidità delle imprese e limitandone i fallimenti, in parte grazie allo smart working, il divieto di licenziamento, i sostegni al reddito per coloro che non godono di contratti subordinati, e il rinvio delle date di pagamento delle imposte dovute. Le misure finanziarie del Governo volte a salvaguardare i posti di lavoro e la vita delle aziende sono state fondamentali: “oltre 7,2 milioni di lavoratori hanno beneficiato del trattamento straordinario di integrazione salariale tra marzo 2020 e febbraio 2021. A novembre 2020, poco meno di 2 imprese su 5 con tre o più dipendenti hanno richiesto l’accesso alle misure di sostegno per liquidità e credito. Nuovi prestiti alle piccole e medie imprese e alle aziende che si occupano di esportazione pari a 173,5 miliardi di euro hanno beneficiato di garanzie statali. A metà maggio 2021, le moratorie sul debito hanno coperto prestiti alle PMI pari a 144 miliardi di euro e mutui per la casa per 23 miliardi di euro”. Utilissime saranno le finalità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), come quello di migliorare la macchina della Pubblica Amministrazione grazie ai 235 miliardi di euro di spesa; avvalersi dei finanziamenti a fondo perduto e dei prestiti di Next Generation EU e di più ingenti risorse nazionali: questi investimenti puntano a sostenere energia e trasporti più verdi e favorire un processo di digitalizzazione più rapido. In questo contesto per il Sud sono previste il 40% delle risorse volte a contrastare le disparità regionali. Accanto a tali investimenti serviranno regolamenti più snelli, secondo l’OCSE, per espandere e potenziare il settore della green economy. Inoltre, “una strategia esplicita volta a gestire i potenziali incrementi di reddito e i costi della transizione, in particolare per le famiglie a basso reddito, fornirebbe certezze agli investitori e migliorerebbe il grado di accettazione da parte della società italiana. Regolamenti, standard e norme ben concepiti potrebbero consolidare ulteriormente un mutamento comportamentale”. Sia il primo lockdown che quelli successivi hanno generato un brusco calo del PIL nell’aprile 2020, con conseguente contrazione del PIL dell’8,9% nel 2020, una delle più significative rilevate tra i Paesi dell’OCSE. Il 6% del PIL deriva dal settore del turismo e indirettamente il 13% del PIL. Il turismo estero rappresenta il 42% dell’attività all’interno del Paese, analogamente alla maggior parte dei membri dell’OCSE. Ma “si prevede che l’economia recuperi i livelli del 2019 entro la prima metà del 2022”. Togliere troppo in fretta i sostegni ai cittadini e imprese potrebbe infatti generare più fallimenti e, ovviamente, aumentare il tasso di disoccupazione. “Il debito pubblico salirà quasi al 160% del PIL nel 2021; l’invecchiamento demografico metterà sotto pressione le finanze pubbliche”. Una strada da percorrere a favore delle imprese e soprattutto di startup e PMI è quella di salvaguardare i loro investimenti attraverso la riduzione di un debito eccessivo che possa poi compromettere la loro solvibilità una volta uscite dalla crisi. “Le misure volte a sostenere investimenti più veloci e la riduzione dell’accesso alla leva finanziaria includono l’espansione dei crediti d’imposta per gli investimenti azionari nelle PMI, nelle imprese startup e nelle società non quotate in Borsa, nonché un aumento temporaneo della generosità della detrazione per il capitale d’impresa nel 2021. Il fondo Patrimonio Rilancio istituito da Cassa Depositi Prestiti è in grado di alimentare investimenti di tipo azionario, quali le obbligazioni convertibili, in particolare per le imprese di medie e grandi dimensioni”, dunque le politiche legate al Credito d’imposta a favore delle startup che si finanziano da sole, ovvero attraverso il capitale proprio, eviterebbero la loro chiusura. Ricordiamo infatti come a inizio pandemia lo studio di Startup Genome – The Global Startup Ecosystem Report 2020 (GSER2020) – di cui avevamo scritto qui, aveva fornito una panoramica assai disarmante nell’analisi di questi ecosistemi su scala mondiale: dopo il primo lockdown il 40% delle startup era nella cosiddetta red zone, vale a dire avere tre mesi o meno di liquidità, e quindi di vita. “L’Italia ottiene un punteggio relativamente buono nell’indice OCSE in materia di regolamentazione del mercato dei beni, e denota di aver apportato miglioramenti significativi al regime previsto per le imprese startup”. Ma ci sono ancora normative, come quelle legate al commercio al dettaglio, che limiterebbero le vendite promozionali e l’apertura di nuovi punti vendita. Aziende online dinamiche, infatti, come Airbnb o Uber, si trovano a dover rallentare la loro produttività per l’ostacolo delle normative italiane che in questi casi, per esempio, prevedono l’obbligo per i conducenti di fare ritorno in un luogo specifico o per i proprietari delle case in affitto di attenersi a procedure complicate. “Il tasso di ingresso nei sottosettori dei servizi italiani è inferiore del 30% e 50% rispetto al benchmark internazionale. Le professioni regolamentate registrano un tasso di ingresso inferiore a quello delle altre professioni ma salari circa il 9% più alti. Ciò deprime la produttività: la liberalizzazione del settore dei servizi in Italia potrebbe indurre un incremento permanente della produttività totale nel settore dei servizi pari al 4,3% e una riduzione permanente dei relativi mark-up pari a 0,7 punti percentuali. I dati degli studi presi in esame stimano un aumento di circa 0,3 punti percentuali nel livello di efficienza della distribuzione della forza lavoro se l’Italia allineasse le normative che regolano l’ingresso nel mondo del lavoro italiano al rigore di quelle applicate in Svezia”. Il focus che lo Studio OCSE approfondisce, come strategia del Paese e allo stesso tempo il suo più urgente bisogno, riguarda la digitalizzazione dei servizi pubblici, perché si contribuirebbe alla digitalizzazione di tutta l’economia italiana. Molti Paesi dell’OCSE, per esempio, sono già passati alla compilazione online dei moduli fiscali e dei pagamenti; ecco che a loro volta le imprese e le famiglie si sono trovate a digitalizzare diverse operazioni, come la gestione finanziaria. Questo riduce i tempi dei contribuenti nella compilazione dei moduli che prima avveniva in presenza e allo stesso tempo li incoraggia a mantenere le loro attività digitalmente. “Il processo di digitalizzazione del settore pubblico può costituire un incubatore per le startup dell’economia digitale innovativa. Per esempio, il programma BrazilLAB in maniera analoga a diversi programmi attuati in molti Paesi dell’OCSE. Detti programmi collegano gli imprenditori digitali a quei settori del servizio pubblico che si dimostrano maturi per adottare soluzioni tecnologiche innovative”. Se si digitalizza il settore pubblico, il settore privato può trarne solo che benefici, come è successo in Francia, grazie alle riforme del ministero dell’Ecologia dello sviluppo sostenibile e dell’energia, che ha favorito la digitalizzazione di diverse operazioni legate all’efficienza energetica degli edifici, facilitando così per le imprese edili la progettazione dei loro lavori. Il problema ancora latente, per rendere efficace la digitalizzazione dei processi della PA, è sempre lo stesso: bisogna che si migliori l’accesso a Internet, alla banda larga, e si offrano competenze digitali ai dipendenti, come previsto già nel PNRR. Anche l’intelligenza artificiale e le blockchain possono offrire un vantaggio nei settori specializzati, come stanno già dimostrando in quello degli appalti pubblici o in quello riguardante la certificazione delle qualifiche di livello terziario. “Per i prossimi anni il Governo ha programmato di stanziare 9,75 miliardi di euro (pari allo 0,6% del PIL del 2020) a favore dei programmi per la pubblica amministrazione digitale e le tecnologie emergenti, nonché a favore dello sviluppo delle capacità mediante il Decreto Semplificazioni e Digitalizzazione, l’Agenda per la Semplificazione 2020-2023 e Agenda Italia 2025, mentre il PNRR interverrà con ulteriori 11,15 miliardi di euro”. Emerge quindi come una delle prossime priorità sarà lo sviluppo di strumenti e servizi digitali che consentano agli innovatori privati di contribuire ai progetti della pubblica amministrazione digitale. Altro suggerimento è quello di incentivare gli investimenti in Capitale di rischio e nelle PMI. “I fondi in capitale di rischio sostenuti dal Governo includono Italia Venture I, II e III per incentivare, rispettivamente, gli investimenti a favore delle PMI, delle regioni del Sud e delle grandi imprese. I Piani Individuali di Risparmio (PIR) introdotti nel 2017 esentano i soggetti investitori nelle PMI dalle imposte sulle plusvalenze e sulle imposte di successione, laddove i fondi permangano nei PIR per almeno 5 anni. Le novità del 2019, che hanno accresciuto i rischi e diminuito la liquidità, sono state successivamente superate da riforme volte ad aumentare l’entità degli investimenti (incluse le emissioni di obbligazioni) e hanno raddoppiato la soglia di investimento massimo annuale portandola a 300mila euro. È altresì previsto un credito d’imposta quinquennale per le perdite derivanti dagli investimenti effettuati nel 2021”. (Photo by Raunaq Patel on Unsplash )

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