Il nuovo contro il vecchio, il futuro contro il passato, il desiderio di esplorare contro la paura di cambiare. È uno scontro epico ed è uno scontro che sta avvenendo in tanti modi, forme, azioni.
È ormai chiaro che il periodo che stiamo vivendo è alimentato da un progressivo cambiamento dei paradigmi e che qualsiasi cosa stia avvenendo essa non è una crisi congiunturale, ma è l’insieme di forze che con sempre maggiore vigore e velocità spingono verso nuovi scenari.
In tutto, ciò la tecnologia ha un ruolo fondamentale perché solo grazie alle nuove tecnologie possiamo fare cose che prima erano impossibili e potremmo presto fare cose che oggi nemmeno immaginiamo e queste possibilità hanno impatto sulla vita economica, sociale, politica, professionale di tutti noi.
In Italia questo scontro è in pieno atto ed è in quella fase in cui ancora il vincitore – che per inciso è il cambiamento – non ha ancora avuto del tutto ragione del perdente – che per inciso è la paura del cambiamento. Questa fase è bizzarra perché fa emergere in modo lampante la vanezza dei tentativi di chi si aggrappa allo status quo e la, ancora forse a non tutti comprensibile, visione di chi invece verso il futuro sta correndo.
Gli esempi non mancano. La ricerca che Instilla ha pubblicato questa settimana in cui analizza i siti web delle startup innovative iscritte al registro voluto dall’apparato governativo centrale indica non solo l’incapacità di molte di esse di avere una dignità online e quindi una dignità di progetto e una credibilità legata alla capacità di creare valore, ma indica come ancora oggi quando si tratta di godere di incentivi pubblici si fanno carte false pur di ricadere nella categoria incentivata, tanto nessuno fa i controlli, tanto è una autocertificazione, tanto in Italia si è sempre fatto così. E qualcuno continua a credere che si possa proseguire nel fare così, ma oggi i furbetti e gli incapaci saltano fuori con più facilità. Proprio grazie alle nuove tecnologie.
Altro esempio? L’ansia di mantenere le rendite di posizione e il controllo centralizzato da parte di enti come per esempio la Siae, la Società italiana autori editori che controlla il business dei diritti d’autore. La Siae è oggetto di attacchi ripetuti da parte di alternative, la più nota è proprio quella di una startup che si chiama Soundreef, che desiderano proporre modelli più efficienti, alternativi, concorrenziali, trasparenti. Ma la Siae si aggrappa a tutto ciò che può per prolungare la sua inevitabile agonia, o, auspicabilmente, profonda trasformazione.
Un altro esempio? Il Foia, sigla che sta per Freedom of information act, un documento che dice una cosa che dovrebbe quasi essere scontata: ogni cittadino ha diritto di accedere a ogni informazione che il suo Stato/governo produce. Semplice in un mondo lineare, complesso in un mondo in cui la concentrazione del potere è mantenuta grazie alla asimmetria informativa: io so qualcosa che tu non sai ma che ti serve e quindi io esercito del potere su di te. Il concetto di asimmetria informativa è stato usato per molto tempo dalle banche per esempio che potevano vendere ai loro clienti l’esperienza e la conoscenza dei mercati finanziari, oggi ciò avviene sempre meno grazie a sistemi e piattaforme che offrono questo tipo di servizi anche in modo automatizzato (robo-advisor), e a livello di gestione di governo continua a essere una leva: se tu cittadino vuoi una informazione bisogna prima vedere se io Stato ho voglia di dartela e poi magari ti chiedo pure dei soldi per averla. Ecco con un Freedom of information act efficace questo non dovrebbe più accadere e il documento che il governo ha delineato è tutt’altro che trasparente ed efficace, basti per esempio pensare che lo Stato si riserva il diritto di non divulgare le informazioni che non vuole divulgare senza nemmeno dovere giustificare tale decisione, ma anche in questo caso ci sono già coloro che si battono perché il Foia italiano sia veicolo di vera trasparenza come fa Foia4Italy. Quindi ancora il nuovo contro il vecchio.
E perfino quando si tratta di internet il passato si scontra con il futuro. Ne abbiamo purtroppo visto un esempio lampante nei giorni scorsi quando il governo, nel suo ormai classico schema propagandistico, ha creato un carrozzone per celebrare il trentennale dal giorno in cui un computer italiano si è collegato per la prima volta alla rete internet, progetto nato e originariamente sviluppatosi in Usa. Una celebrazione che oltre a essere smaccatamente provinciale e vuota di contenuti, nonché al servizio di aziende commerciali (l’hashtag dell’evento era sponsorizzato dalla società di telecomunicazioni ex monopolista), è stata esclusivamente rivolta al passato mancando totalmente di guardare al futuro che in questo caso coincide con il dare al Paese la dignità di connessioni e infrastrutture con prestazioni almeno pari a quelle del resto d’Europa. Questo è mancato, così come manca da mesi la realizzazione di un annuncio – quello appunto di dotare l’Italia della banda ultralarga – ormai prorogato quasi alla nausea e che inizia a suonare come una presa in giro. Ma la cosa più stridente è che in questo Paese per avere le connessioni a banda larga dobbiamo aspettare che l’obsoleta, fatiscente, inconcludente e costosissima macchina burocratico-politica scriva, pubblichi, approvi l’apposito bando. E senza bando, niente banda (larga). Per fortuna c’è chi ci fa un po’ di sana ironia come Biancoshock con il progetto ‘Web 0.0’.
Insomma lo scontro tra il vecchio e il nuovo, il passato e il futuro, le rendite di posizione e il cambiamento è innescato, si manifesta in tantissimi modi ed episodi che saranno sempre più frequenti e riguarderanno ogni aspetto economico e sociale, il processo è inarrestabile bisogna solo scegliere da quale parte si vuole stare.
Emil Abirascid
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