Legge di Bilancio, ecco i fondi per Venture Capital, Blockchain, IoT e AI
La Legge di Bilancio è pronta. La versione ‘bollinata’ e firmata da Quirinale del testo inizia ora il suo iter parlamentare e tra le tante voci vi è anche attenzione al venture capital. Più nel dettaglio è l’articolo numero 19 ai commi tra il numero 7 e il numero 20 che si occupa specificamente del tema. Quanto segue è ciò che è riportato dalla relazione tecnica a supporto della Legge di Bilancio. (pubblichiamo integralmente in PDF L.-BILANCIO-BOLLINATA-31.10.18)

“Commi 7, 8, 9 e 10. Il mercato del Venture Capital in Italia presenta ancora un forte ritardo di sviluppo. Sebbene in crescita negli ultimi anni, si stima che il mercato del VC in Italia non superi ad oggi i 250/300 milioni di euro all’anno di capitali investiti e sia ancora molto in ritardo, in termini di raccolta fondi, investimenti finalizzati e transazioni fatte, rispetto agli stadi di sviluppo del VC presenti in Paesi a noi vicini quali Spagna, Francia e Germania. Per ovviare a questo storico ritardo dell’industria dei Fondi di Venture Capital in Italia si prevede di istituire presso il MISE un “Fondo per il sostegno al Venture Capital”, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, che possa investire a sua volta in Fondi di VC. La finalità dell’intervento è quella di aiutare gli istituti nazionali di promozione nella loro attività di fund raising su Fondi di VC nei confronti di investitori istituzionali, pubblici e privati. Lo Stato attraverso il Fondo di sostegno al Venture Capital è autorizzato a investire in classi di quote o azioni di uno o più organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera k-ter), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, di uno o più Fondi di Venture Capital, come definiti dall’art. 31, comma 2, del decreto legge n. 98 del 2011 coprendo tutte le diverse fasi di investimento del VC: dal seed/early stage investment fino all’expansion capital.

La misura comporta maggiori oneri per la finanza pubblica pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025.”

Qui in pratica si tratta della nascita di un fondo con una dotazione di 30 milioni di euro l’anno per gli anni tra il 2019 e il 2021 e 5 milioni di euro l’anno per gli anni tra il 2022 e il 2025. Una misura che ha una dotazione appena sufficiente in relazione all’effettiva necessità del settore ma vi è la speranza che questo tipo di interventi più che spostare da soli la bilancia delle risorse disponibili, possa fare da volano affinché crescano gli investimenti privati che vanno nella direzione del venture capital e del sostegno alle imprese di nuova generazione. Quindi che i 30 milioni di euro possano mostrare come un impegno diretto dello Stato in questo senso sia da esempio per sbloccare ulteriori capitali e quindi aumentare la cifra in modo esponenziale. La stima che si fa del valore investito (250/300 milioni l’anno) è certamente in linea con la presa di consapevolezza che vi è un ritardo da colmare anche rispetto a Paesi a noi vicini, ma è prudenziale, infatti le proiezioni per il 2018 danno un valore compreso tra i 400 e i 500 milioni di euro.

 

“Comma 11 (Incentivi agli investimenti in Fondi di VC) La disposizione in esame interviene sull’articolo 31 del decreto-legge n. 98 del 2011 recante un regime di favore volto a incentivare l’accesso al venture capital e a sostenere i processi di crescita di nuove imprese.

In particolare con la lettera a) della disposizione in esame si specifica l’ambito oggettivo di operatività del venture capital riferendosi allo strumento degli OICR chiusi, così come definiti dall’art. 1, comma 1, lett. k-ter) del D.lgs. n. 58/1998; con la lettera b) vengono definiti Fondi per il Venture Capital (FVC) gli OICR residenti in Italia che investano almeno l’85%, in luogo del 75%, del valore degli attivi in PMI non quotate su mercati regolamentati, nella fase di sperimentazione, di costituzione, di avvio dell’attività o di sviluppo del prodotto. Infine con la lettera c) si eliminano alcuni dei requisiti che le società destinatarie dei FVC devono possedere a legislazione vigente ovvero: le relative quote od azioni devono essere direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche (lett. c); essere società esercenti attività di impresa da non più di 36 mesi (lett. e); avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro (lett. f).

Con riferimento agli aspetti di natura finanziaria si segnala che le disposizioni hanno carattere principalmente definitorio e non incidono direttamente sulla disposizione di natura fiscale rappresentata dal comma 4 dell’articolo 31 del DL 98/2011 recante l’esenzione dei proventi derivanti dalla partecipazione ai FVC. Si evidenzia, in ogni caso, che la finalità dell’intervento è chiaramente quella di facilitare e di semplificare l’offerta di strumenti tramite i Fondi di Venture Capital. Al riguardo, si stima che le disposizioni non determinano variazioni rispetto a quanto attualmente scontato nel bilancio dello Stato, in considerazione sia del limitato mercato del venture capital, legato al fattore di rischio, sia in considerazione del fatto che a legislazione vigente esistono altri strumenti che assicurano rendimenti esenti a fronte di forme di investimenti finanziari.”

 

In questa sezione si cerca di rendere più agile la definizione degli strumenti di investimento in capitale di rischio, queste disposizioni andranno ulteriormente dettagliate e chiarite per verificare se effettivamente possono portare un beneficio concreto allo sviluppo del venture capital in Italia.

 

“Commi da 12 a 15  (Chiusura del fondo “Balcani”) L’obiettivo delle disposizioni  è quello di procedere alla chiusura del Fondo rotativo “Fondo Balcani di venture capital” istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera g) della legge 21 marzo 2001, n.84 e di destinare all’entrata del bilancio dello Stato risorse pari a  2,5 milioni di euro attualmente presenti sul conto aperto presso la tesoreria dello Stato n. 22050 intestato a Finest SpA.  La scelta è riconducibile alla constatazione dello scarso utilizzo dello strumento da parte del tessuto imprenditoriale del Triveneto. Il Fondo Balcani rimarrà operativo limitatamente alle operazioni già deliberate, prevedendo un accantonamento, in via cautelativa, di risorse pari a circa 0,8 milioni di euro per la gestione corrente delle partecipazioni in portafoglio e per il pagamento dei compensi annuali riconosciuti al soggetto gestore. Le modalità operative per la gestione a stralcio della misura compreso il versamento all’entrata del Bilancio dello Stato delle risorse residue non utilizzate per le finalità del Fondo e delle disponibilità derivanti dai rientri relativi dal riacquisto da parte dei beneficiari delle relative partecipazioni, saranno disciplinate con apposita Convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e la Finest.”

 

Il fondo Balcani evidentemente non ha avuto grande fortuna. La speranza è che i 2,5 milioni di euro che vengono resi disponibili vadano a fare parte della dotazione a supporto del venture capital.

 

“Commi 16, 17, 18 e 19. L’obiettivo della norma è di procedere alla chiusura del Fondo rotativo fuori bilancio “Fondo Start Up” istituito ai sensi dell’articolo 14 della legge 23 luglio 2009, n. 99 e disciplinato dal decreto 4 marzo 2011, n. 102 e destinare le relative risorse, pari a 2,5 milioni di euro, all’entrata del bilancio dello Stato. La scelta è riconducibile alla constatazione dello scarso utilizzo dello strumento da parte del tessuto imprenditoriale. Alla data di entrata in vigore della presente normativa cessa pertanto l’operatività collegata a nuove iniziative, in quanto termina la ricezione di nuove domande di intervento. Il Fondo Start Up rimarrà operativo limitatamente alle operazioni già deliberate. La gestione a stralcio della misura sarà disciplinata da apposita convenzione tra il Ministero e la Simest SpA.”

Anche in questo caso si tratta di un altro fondo che secondo la relazione tecnica non ha prodotto i risultati attesi e anche in questo caso vi sono 2,5 milioni di euro che ci si augura vadano assegnati, con diverse modalità, sempre alle startup e agli strumenti a sostegno delle startup.

 

“Comma 20. In considerazione dell’importanza sempre crescente delle tematiche connesse all’Intelligenza Artificiale, alla Blockchain e all’Internet of Things, risulta fondamentale sostenere lo sviluppo di tali tecnologie, favorendo gli investimenti nei suddetti ambiti e garantendo al contempo il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati. A tal fine, la disposizione in esame prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di un Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. In particolare, si specifica che il Fondo ha lo scopo di perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché di accrescere la competitività e la produttività del sistema economico. Si precisa, inoltre, che il CIPE, nella seduta del 25 ottobre 2018, ha deciso, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, di  assegnare 100 milioni di euro per lo sviluppo del Wi-Fi e le tecnologie emergenti (Intelligenza artificiale, Blockchain, Internet delle cose) a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 con contestuale rifinalizzazione delle risorse già assegnate con le delibere CIPE n. 65/2015, n. 71/2017 e successivamente con la delibera n. 105/2017 relative al piano banda ultra larga.

Si prevede che, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dello sviluppo economico,  di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sia definito l’organismo competente alla gestione delle risorse nonché l’assetto organizzativo atto a consentire l’uso efficiente delle risorse del Fondo al fine di favorire il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati dagli obiettivi di politica economica e industriale, la collaborazione con gli organismi di ricerca internazionali, l’integrazione con i finanziamenti della ricerca europei e nazionali, le relazioni con il sistema del venture capital italiano ed estero. Viene inoltre espressamente attribuita al Ministero dello sviluppo economico la funzione di amministrazione vigilante. Si prevede inoltre la possibilità per enti, associazioni, imprese o singoli cittadini di contribuire alla dotazione del Fondo e rimanda al predetto regolamento per la definizione delle modalità di trasferimento dei contributi.  La misura comporta un costo pari a 45 milioni di euro nel triennio 2019 – 2021 ripartiti in 15 milioni per ciascuno dei suddetti anni”

  E qui vi sono altri soldi: 15 milioni di euro l’anno per tre anni tra il 2019 e il 2021 per lo sviluppo di tecnologie strutturali di nuova generazione: blockchain, AI e IoT, una chiara manifestazione di impegno e soprattutto di presa di coscienza dell’importanza che gli investimenti che vanno in questa direzione hanno. Questi 15 milioni di euro l’anno per il prossimo triennio affiancano la dotazione dal 100 milioni di euro del Fondo Sviluppo e Coesione che vanno sempre in questa direzione. Qui ciò che farà la differenza è come questi soldi saranno utilizzati, quali saranno i parametri sui quali si valuterà la bontà degli investimenti e quali i veicoli di investimento che saranno utilizzati e quali le caratteristiche che i beneficiari dovranno avere. Se con il fondo al sostegno del venture capital il processo è più chiaro perché lo Stato si pone come LP (limited partner) di entità, i fondi di VC, che fanno quello di mestiere e quindi i processi e i ritorni sono chiari, qui tale processo non è definito. Una strada potrebbe essere quella di assegnare questi fondi, o parte di questi fondi, a startup che hanno progetti su Blockchain, IoT e AI e naturalmente anche a sostegno di progetti di ricerca da parte di atenei che hanno competenza in tal senso oltreché valutare il coinvolgimento, ma in modo ben definito, delle grandi multinazionali della tecnologia che posso portare certamente il loro contributo. Questa misura può rilevarsi potenzialmente indovinata e vincente e se la sua applicazione sarà efficace potrà tradursi in un concreto slancio di innovazione per il Paese. Cosa di cui abbiamo dannatamente bisogno.   Infine vi è anche una misura per accrescere il livello di competenza delle PMI con finanziamenti a fondo perduto per inserimento degli ‘innovation manager’ e la gestione della digital transformation. Si tratta di voucher del valore massimo pari a 40mila euro (80mila euro per le reti di impresa). Qui si vede la intenzione di sostenere il processo di innovazione anche presso gli attori dell’economia più tradizionali e consolidati al fine di non creare spaccature tra gli investimenti in imprese emergenti e sostegno alle imprese già consolidate ma che devono rinnovare i loro processi e anche la loro mentalità. Anche in questo caso sarà interessante osservare come la norma verrà applicata e come gli innovation manager ricorreranno anche alle risorse, competenze, soluzioni, prodotti, tecnologie delle startup per accelerare il processo di innovazione di tutto il settore economico e industriale.  

“Commi 21, 22 e 23. La misura introduce un contributo a fondo perduto per agevolare l’inserimento nelle PMI dei cd. manager per l’innovazione, vale a dire professionisti che devono assicurare la gestione delle attività di un’impresa inerenti ai processi di innovazione del business, in termini di processi organizzativi, prodotti/servizi e pensiero manageriale, stimolando la ricerca di soluzioni legate alla digital transformation e favorendo culturalmente l’introduzione e il consolidamento di idee innovative in azienda per lo sviluppo di un vantaggio competitivo sul mercato con la conseguente crescita del business. In particolare, la misura introduce un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher per l’acquisizione di competenze professionali di supporto alle imprese che intendono investire in innovazione e tecnologie digitali. L’agevolazione è corrisposta alle piccole e medie imprese, nonché alle reti di imprese che hanno assunto risorse manageriali per favorire processi di digitalizzazione e riorganizzazione aziendale e sviluppare competenze – sul piano tecnico e manageriale – in grado di consentire la gestione dei profili di complessità organizzativa e produttiva che impone la trasformazione tecnologica. L’ammontare del voucher è definito nella misura massima di 40.000 euro su base annua, incrementata a 80.000 euro per le reti di impresa.”

L’impostazione di base di questa parte della Legge di Bilancio che si propone di sostenere il processo di innovazione del Paese appare in generale costruttiva. È positivo che vengano sospese misure che hanno dimostrato di non funzionare come ci si aspettava come il fondo Balcani e il fondo Start up, ma è anche importante che le nuove misure siano applicate in modo efficace e che la loro capacità di tradursi in benefici venga costantemente monitorata e non si abbia paura di intervenire per effettuare eventuali aggiustamenti qualora una volta avviato il processo emergano fattori potenzialmente migliorabili e perfezionabili. Insomma non si rischi di fare come con la legge sulle startup innovative che ha prodotto molti meno risultati di quelli attesi e che andrebbe profondamente rivista in un ottica maggiormente inclusiva e maggiormente guidata da ragioni di mercato.

 

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