Basato sul ciclo build-measure-learn e sul concetto di MVP (minimum viable product), il metodo “lean startup” è diventato negli ultimi anni la Bibbia del fare startup. Ultimamente però, in un articolo pubblicato dalla Harvard Business Review, il professore e ricercatore Ted Ladd, che insegna internet economics al Center for Disruptive Innovation della Hult International Business School, ha approfondito i limiti di questa metodologia. “La mia recente ricerca su 250 team che hanno partecipato ad un programma di accelerazione americano nel cleantech nel corso degli ultimi 10 anni, ha rilevato che sebbene l’approccio lean possa essere efficace, avere una strategia forte è più importante della conduzione di un numero enorme di test di mercato. – scrive Ladd – Non vi è alcuna relazione lineare tra il numero di ipotesi validate (cioè di MVP validati, ndr.) da parte di una startup e il suo successivo successo. Insomma, più validazioni, più test, non sono necessariamente “meglio”. Troppi feedback da parte dei clienti possono creare confusione nell’imprenditore, il continuo pivoting mette a dura prova tutto il team e fa perdere lo slancio iniziale; inoltre il metodo lean startup produce falsi negativi , cioè provoca la morte prematura di buone idee, poichè non esiste una vera e propria regola che stabilisca quando un test è da considerarsi fallito o quando si può invece cantare vittoria. Ted Ladd non è il solo a intravedere i limiti del lean startup method: come egli stesso indica nel suo articolo c’è anche chi ha delineato il “lean strategy process” una metodologia che coniuga il lean startup tradizionale con l’approccio strategico. Leggi l’articolo integrale qui.
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