Le sfide del foodtech e il ruolo degli acceleratori a Seeds&Chips

Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit – si conferma palcoscenico del foodtech e ques’anno in particolare degli acceleratori foodtech.  Come avevamo anticipato in questo articolo,  la manifestazione si svolge proprio in questi giorni a Milano Rho Fiera, e precede le prossime tappe in Australia e Usa nel corso dell’anno, ospitando un centinaio di relatori da tutto il mondo e dedicando un focus particolare ai Sustainable development goal (Sdg) e l’Africa. Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chips, in una battuta con Startupbusiness ha manifestato soddisfazione per i risultati che sta ottenendo con l’edizione di quest’anno. Nei giorni scorsi aveva comunicato in un suo post su Linkedin, anche il lancio di Sustain&Ability, la sister company di Seeds&Chips, e la partenza da Bari del treno dei Sdg che è stato esposto nel padiglione prima di andare a fare il tour del mondo.  Seed&Chips è un luogo privilegiato anche per parlare di startup del foodtech, infatti è stato qui realizzato il demo day  del primo batch del foodtech accelerator di Deloitte basato a Milano, momento che giunge al termine del programma di 100 giorni di accelerazione. Dopo tanto sudore, giorni difficili, esperienze nuove e partnership nuove, si sono succedute sul palco sette startup che sono state scelte dopo una fase di selezione partendo da oltre 300 startup da tutto il mondo, come ha sottolineato Cristiano Camponeschi, partner Deloitte e delegato Emea e Global per l’innovazione nonché parte del leadersahip team di Office Innovazione: “abbiamo creato un hub per ospitare le startup e per permettere loro di lavorare insieme ai corporate e investing partner e provare soluzioni sul campo insieme a Cerealdocks, Gruppo Finiper e Amadori”. “Questa prima esperienza è stata una learning curve per tutti, e – secondo Gabriele Ronchini di Digital Magics – le corporate devono sempre più lavorare con le startup in ottica di open innovation”. Le startup selezionate lavorano in quattro ambiti diversi: circular economy, alternative ingredients, quality traciability, omnichannel e si chiamano: FeatFood, italiana, è un operatore integrato multichannel che produce, vende e distribuisce cibi salutari e bilanciati, pensati soprattutto per una dieta a sostegno di una vita sportiva. Inspecto, israeliana, ha sviluppato uno scanner portatile per l’analisi della contaminazione nella materia prima vegetale da parte di eventuali sostanze nocive. I dati scansionati sono archiviati sul cloud e protetti da un sistema strutturato su un protocollo blockchain. FedoOh, italiana, produce e vende cibi pronti human grade per cani, utilizzando materie prime di qualità e bilanciando ingredienti e proprietà nutritive grazie a un algoritmo proprietario. Planetarians, statunitense, ha messo a punto il processo e la composizione di un nuovo prodotto innovativo. Si tratta di una farina ricca di proteine e poco costosa ricavata dai semi di girasole già utilizzati per la produzione. Rise, statunitense, produce una farina organica pensata per le preparazioni dell’industria dolciaria. Nutriente e poco costosa, questa farina viene prodotta riciclando le rimanenze di orzo dei birrifici. ReOlì, italiana, produce una crema a base di olio extravergine d’oliva da utilizzare al posto del burro o della margarina. Il prodotto è ottenuto attraverso un processo innovativo brevettato, che permette la solidificazione dell’olio. Wasteless, israeliana, utilizza un algoritmo di intelligenza artificiale scalabile offrendo una soluzione di dynamic pricing per i supermercati, basata sulla data di scadenza dei prodotti grazie al monitoraggio real-time della merce venduta. Il lancio della seconda edizione del foodtech accelerator di Deloitte è ormai sicura, e la candidature saranno aperte a breve, entro il mese di maggio 2019.

Il ruolo degli acceleratori in ambito foodtech

Il ruolo degli acceleratori in ambito foodtech è emerso anche nel corso di un panel dal titolo : Accelerating the future of the food system e che ha visto la partecipazione di Andrea Zorzetto managing partner, Italy Plug and Play che è dedicato proprio al foodtech e di cui abbiamo scritto qui; Alex Worker co-fondatore Hatchery – China’s Food Incubator; Marco Perrone senior manager Deloitte; Peter Kruger Ceo di Startupbootcamp FoodTech com sede a Roma il quale proprio oggi ha anche annunciato tramite Linkedin di avere assunto l’incarico di managing partner per le Seed Operations presso PeakBridge Partners; Barry McGookin general manager Innovation, capabilities and skills food innovation Australia; Andrew Ive founder e managing director Big Idea Ventures e Matthieu Vincent, co-fondatore di DigitalFoodLab. Uno dei temi emersi dal panel ha puntato sull’importanza della location per questi acceleratori che si occupano di foodtech e qui è emerso come l’Italia può giocare un ruolo chiave in questo ambito. Lo ha detto Zorzetto sottolineando come PnP ha scelto proprio Milano come sede del suo primo verticale sul foodtech fuori dagli Usa, lo ha ribadito Perrone enfatizzando come anche Deloitte abbia visto nel nostro Paese il terreno più fertile per lanciare il suo programma di accelerazione e lo ha confermato Kruger che ha scelto Roma per il programma food tech di Startupbootcamp ed è importante sottolineare che tutti questi tre programmi attirano startup food-tech da tutto il mondo e lavorano in stretta sinergia con grandi aziende del settore. Certo la cultura del cibo è importante ma lo sono anche altri fattori che comprendono la disponibilità di risorse, la presenza di industrie, di università ed è perciò che anche gli altri acceleratori che hanno sede in Australia, Cina e Stati Uniti hanno enfatizzato come, benché il territorio sia importante e l’Italia è certamente uno dei più interessanti al mondo, sia altrettanto importante avere un track record e una reputation solide e forti relazioni con il mondo industriale e finanziario per potersi porre nei confronti delle startup globali come poli di attrazione. E in questo gioca un ruolo anche la capacità di fare network, che non è solo quello tra le startup e le corporate, ma anche quello tra le corporate che sono partner del programma e tra le diverse emanazioni che questi programmi di accelerazione hanno in diversi Paesi del mondo come avviene per Pnp e Startupbootcamp per esempio. Infine un ulteriore spunto arriva dall’analisi delle tendenze, ovvero delle mode tecnologiche: “fino a qualche anno fa gli investitori volevano startup sul food delivery – dice Kruger – ora nessuno vuole può questo filone e oggi sembra che la ‘next big thing’ siano le soluzioni plant-based e quindi tutti vogliono andare in quella direzione”. Le startup food tech continuano a proporre soluzioni di varia natura e tipologia ma certamente, grazie anche alla recente quotazione a Wall Street di Beyond Meat, l’attenzione sul cosiddetto plant-based, ovvero lo sviluppo di alternative vegetali a cibi che sono tradizionalmente di origine animale, sta crescendo forse in modo un po’ troppo smisurato. Infatti Andrew Ive ha sottolineato come l’obiettivo principale deve essere quello di arrivare a produrre cibi salutari, capaci di rispettare l’ambiente, che siano sempre migliori ma che siano anche per tutti, che siano alla portata di tutti e che soddisfino le esigenze e i desideri di tutti, quindi non solo di chi fa scelte radicali e nette come per esempio i vegetariani, ma che siano capaci di rispondere alle necessità alimentari dell’umanità del futuro. Così l’innovazione, quella fatta dalle aziende di nuova generazione, le aziende che gli acceleratori supportano e che possono essere il veicolo per portare nuove tecnologie anche al mondo dei grandi colossi dell’industria alimentare, può rispondere e fare la sua parte per rispondere ai Suistanable development goal che Seeds&Chips ha fatto suoi e che sta contribuendo a portare in giro per il mondo.

Maria Matloub (@mariamatloub)

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