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Quello di ieri è stato un lunedì decisamente nero per la Borsa. Era dai tempi della pandemia che la borsa non rimbalzava come in questi giorni. Uno spauracchio per Wall Street. Stavolta i titoli delle big tech hanno giocato un ruolo fondamentale, e la loro origine potrebbe essere legata alla svalutazione dello yen.
Il lunedì nero
Tutto è iniziato in Asia, con l’indice Nikkei giapponese, che dopo aver perso il 5,6% venerdì, ieri mattina alla riapertura dei mercati è crollato del 12,4%. Nelle ultime tre settimane ha quindi perso il 26%. E non è l’unico: Wall Street a -2,6%, con alcuni analisti che iniziano a ipotizzare una riduzione d’emergenza dei tassi da parte della Fed, accusata di aver atteso troppo per allentare la sua stretta monetaria. Il Ftse Mib di Milano a -2,3%, così anche il Cac di Parigi (-1,4%), il Dax di Francoforte (-1,9%), il Ftse 100 di Londra (-2,1%), l’Ibex di Madrid (-2,3%) e l’Aex di Amsterdam (-2,1%).
Ma sull’azionario a risentirne sono state soprattutto le grandi aziende tecnologiche, forse le più colpite: Nvidia Corp +4,49%, Alphabet Classe A -0,93% e Meta Platforms +0,10% . Vendite anche su Apple +0,38% in seguito alla notizia che la Berkshire Hathaway di Warren Buffett ha venduto quasi la metà delle sue azioni nell’azienda con sede a Cupertino nel secondo trimestre.
A Milano nessun titolo è riuscito a chiudere sopra la parità: Nexi cede il 6%, poi Erg (-4,7%), Saipem (-4,1%) ed Hera (-4%).
Gli analisti sono divisi: da un lato starebbero pesando le tensioni geopolitiche in Medio Oriente, sempre più forti, dall’altro ovviamente lo spettro della recessione dell’economia americana. Qui cause potrebbero essere diverse.
I motivi
L’aumento del rischio recessione sarebbe da rinvenire in una politica statunitense soft landing evidentemente scellerata: con il cruccio di una imminente recessione, da due anni molti economisti avevano scelto la via dell’”atterraggio morbido”, scelta utilizzata quando una economia è in forte crescita e le banche centrali, come la Federal Reserve negli Stati Uniti, cercano di frenare il suo surriscaldamento, che, nei peggiori dei casi, potrebbe portare a un’inflazione eccessiva, per non provocare un calo drastico della crescita economica. Ecco allora mosse quali quella di controllare l’inflazione, quella di tenere bassi i livelli di disoccupazione, e infine quella di giocare con i tassi di interesse attraverso politiche monetarie: in quest’ultimo caso, ad esempio, la banca centrale può aumentare gradualmente i tassi di interesse per rendere il credito più costoso e ridurre la spesa e gli investimenti, oppure vendere titoli di stato per ridurre la quantità di moneta in circolazione o acquistarne per aumentare la liquidità.
Da non sottovalutare poi la mancata liquidità: le principali banche centrali infatti stanno riducendo, anziché aumentando, la liquidità in circolazione. La Federal Reserve continua a ridurre il suo bilancio. Se continuerà a farlo potrebbe provocare un aumento dell’inflazione.
E invece a luglio ecco l’improvvisa salita al 4,3% della disoccupazione (dato peggiore degli ultimi tre anni) e le quotazioni di Borsa giudicate da molti troppo elevate, soprattutto per i titoli tecnologici. In questi anni infatti i titoli delle big tech come Apple, Nvidia, Meta-Facebook, Alphabet-Google, Microsoft, Amazon e Tesla, hanno continuato a salire, soprattutto per via dell’hype dell’Intelligenza artificiale.
Ma a provocare tale lunedì è, secondo molti osservatori, stata la scossa dello yen: la Bank of Japan il 1 agosto ha aumentato i tassi allo 0,25%, come non accadeva dal 2007 e in un momento in cui tutte le altre grandi banche centrali, a cominciare da quella USA e dalla BCE hanno i tassi piuttosto alti. Ciò ha scatenato un rimbalzo dello yen rispetto al dollaro e alle altre principali valute. Proprio sulla forte svalutazione dello yen degli ultimi due anni, che ha portato una perdita di valore della moneta giapponese del 50% rispetto al dollaro, molti investitori hanno preso in prestito così denaro in valuta yen – quindi a un tasso di interesse basso – per acquistare poi asset in altri Paesi con rendimenti più elevati (carry trade). E buona parte del rialzo dei titoli tech del Nasdaq relativi all’intelligenza artificiale sarebbe stato alimentato proprio da tali operazioni.
I recenti rapporti trimestrali di Alphabet, Microsoft e Amazon hanno poi evidenziato difficoltà, colpa soprattutto dell’intelligenza artificiale. Nonostante ciò, analisti come Toshiya Hari di Goldman Sachs continuano a consigliare l’acquisto delle azioni di Nvidia, prevedendo che il chip Blackwell giocherà un ruolo cruciale nella crescita futura del gruppo.
Un mix quindi innescato probabilmente più dalle Borse e operazioni bancarie che dai conflitti, dall’Ucraina a Gaza, al rischio di un’escalation in tutto il Medio Oriente. Questo episodio è un esempio lampante di quella bolla dei titoli tecnologici che starebbe per sgonfiarsi. Microsoft, Meta, Apple e Amazon, complessivamente, hanno visto in tre settimane bruciare 1.000 miliardi di dollari di valore. E a conferma di ciò c’è anche un editoriale del Financial Times che è stato pubblicato domenica 4 agosto, quindi il giorno prima del crollo della Borsa giapponese. (Foto di Aditya Vyas su Unsplash)
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