Lavoro precario? No, creativo. Così è lo smart working dei millennial

Laureati e trova un buon posto di lavoro, così ti sistemi‘. Siamo cresciuti (parlo della mia generazione, quella dei nati tra i ’70 e gli ‘80) con i nostri genitori che ci dicevano in continuazione parole come queste. La loro è stata la generazione che aspirava al posto fisso e che ha passato (quasi sempre) una felice vita professionale all’interno di una sola organizzazione. Noi siamo la generazione dei laureati, dei master e dei dottorati. Alcuni sono ancora alla ricerca del posto fisso. Altri (spero la maggior parte) si saranno resi conto che il mondo del lavoro è diverso. Si cambia lavoro ogni 3 anni circa, spesso anche settore o nazione. L’euro e l’Europa unita hanno facilitato la mobilità soprattutto di coloro che sono super formati, come i dottorati. Spesso si inizia con un periodo all’estero per fare “un’esperienza” e si finisce col fare del mondo la propria casa. Da dove vieni? All’inizio dicevo dalla Puglia (noi Pugliesi non so perché diciamo il nome della nostra regione al posto della città di provenienza); dopo dall’Italia e ultimamente dall’Europa (spinto da un senso di aggregazione simile agli Stati Uniti d’America). Ed è così che facilmente finiamo col fare un lavoro che i nostri genitori non capiscono cosa sia; e trasformiamo le regole del nuovo mondo in cui viviamo in un vantaggio per la nostra professione. Lo sanno bene in California dove la nuova generazione (i Millennials) odiano guidare e usano Uber e Lyft per gli spostamenti quotidiani. Dietro al volante di queste auto c’è gente di ogni estrazione sociale, che fa l’autista a pagamento anche solo per un paio di ore a settimana. Una sera l’autista che mi portava a una cena da Buck’s di Woodside mi disse che lui faceva tutti i giorni il “commute” (pendolare) da San Francisco a Cupertino e lungo la strada accendeva l’app di Lyft per prendere qualche passeggero, fare un guadagno extra e soprattutto conoscere gente nuova. Come lui sono in tanti a farlo. Potrei anche raccontare di esperienze in case affittate in Airbnb grazie alle quali ho conosciuto venture capitalist e imprenditori di successo che, forse per gioco o perché i soldi hanno comunque un valore, affittano una parte della casa (quella che chiamano la “in-law unit”, destinata ai suoceri in visita). C’è poi chi si inventa i mestieri più strani o meglio, chi si crea il lavoro fiutando i cambiamenti in corso. E’ questo il caso dei co-host di Airbnb, esperti che aiutano coloro che hanno una camera o un appartamento “extra” ad affittarlo usando Airbnb, HomeAway e altri. Oppure chi ha fatto la sua fortuna come agenzia pubblicitaria su Google, Facebook, Pinterest e gli altri social. Abbiamo recentemente incontrato a Menlo Park il fondatore di Indiez, Nitesh Agrawal. (di seguito la video intervista). E’ lui la mente dietro quello che definirei l’Airbnb degli sviluppatori. Il concetto è semplice: se sei un web designer, un developer di front-end o qualsiasi altra sia la tua specialità, nel tempo libero puoi ricevere piccoli lavori e far parte di un gruppo di persone che – sotto un coordinamento professionale – porta avanti un progetto. Ora, pensate a quanto possa essere accattivante questo gruppo di sviluppatori se il designer della nuova applicazione web lavora durante il giorno da Apple e il progettista che lo affianca disegnando il codice di back-end lavora per Google e la squadra è completata da un esperto cloud di Amazon! Si, fantastico. Questo è quello che fa la startup di Nitesh che in un anno ha aumentato di 12 volte il suo fatturato giunto ormai a milioni di dollari e che con oltre 400 ingegneri sviluppa per colossi come AT&T. Non molto lontano, sempre a San Francisco, c’è chi usa un concetto simile per rendere disponibili i giovani avvocati che lavorano per i famosi studi legali e permettergli di gestire, nei ritagli di tempo, qualche cliente extra. Alla base di questi progetti ci sono tecnologie e processi avanzati che mirano a creare professioni che fino a ieri non esistevano.

Anche il mondo dei creativi ha visto una immensa rivoluzione negli ultimi anni. I contenuti video sono esplosi su tutti i canali social e hanno creato la necessità di registi, attori, montatori, in grado di produrre video di alta qualità, super coinvolgenti, ma – al tempo stesso – brevi ed economici. Ho visitato a Lubiana in Slovenia un co-working i cui “abitanti” sono solo creativi, che lavorano autonomamente ma in maniera sinergica intorno a progetti comuni. A cambiare è anche la concezione del luogo o spazio di lavoro. In tanti lavorano da casa o da un co-working (per sentirsi a volte meno soli o per cercare opportunità attraverso il contatto con gli altri). Bellissimo è “HanaHaus” – nella foto di copertina, ex teatro in downtown Palo Alto ristrutturato dalla tedesca SAP – dove si paga la scrivania ad ore mentre il bar “Blue Bottle” riempie l’aria del profumo di caffè. Per i più spartani o con limitate risorse, c’è sempre Red Rock Cafe a Mountain View sulla Castro Street, oppure i classici Starbucks in ogni angolo della nazione, dove con $5 hai un caffè, un tavolo su cui lavorare e Internet gratuito. E’ così che il fondatore di BlueJeans, Krish Ramakrishnan, racconta di aver mosso i primi passi di quella che è oggi una startup che ha raccolto 175 milioni in 5 round di investimento. Cambiano gli strumenti. In uno dei miei film preferiti, “La ricerca della felicità”, il protagonista fa del telefono il più importante mezzo lavorativo. Erano gli anni ’80 in America. Mentre in Italia il telemarketing persiste ancora, oggi i telefoni scompaiono dalle scrivanie (del resto come fare a telefonare in un open space) cedendo il posto a strumenti di comunicazione interna come Slack.com ed esterna come Mailchimp e i citati social media. Le riunioni diventano telefonate da fare con Zoom.us, Skype o Google Hangout organizzate preventivamente via email o Google Calendar. Il computer è la “scrivania” di molti e uno scanner (meglio se fronte retro) e un buon sistema cloud come Dropbox o Box.com sostituiscono pratiche, cartelline e archivi polverosi. Il posto fisso dei nostri genitori? Forse non esiste più, ma chi ha creatività e voglia di fiutare il vento, può trovare tante opportunità. In fondo, che noia sarebbe alzarsi la mattina e fare sempre la stessa vita sognando il giorno della pensione. Contributor: Bruno Iafelice, TVLP Institute VIDEO INTERVISTA: Nitesh Agrawal, fondatore e Ceo di Indiez.io intervistato a Menlo Park, California da Paolo Tomassone  

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