La scienza della narrazione

Marco La Rosa è un divulgatore scientifico che ha scritto un libro che si intitola Neuroscienze della narrazione con il sottotitolo che recita Lo storytelling nell’era delle neuroscienze e dell’intelligenza artificiale (pubblicato da Hoepli, 255 pagine, 24,90 euro).

Il libro è un saggio approfondito sul significato delle storie, su come esse vengono scritte, lette, interpretate, su come si intrecciano la percezione di chi scrive e di chi legge. Si apre con un’analisi del modo in cui funziona la mente, del ruolo delle percezioni sensoriali e delle emozioni, oltre che di quello dell’apprendimento e delle capacità analitiche, si introduce il concetto di narratologia che è appunto alla base dello studio delle storie e di come essere vengono costruite e sviluppate.

La Rosa compie un ulteriore passo parlando di narratologia cognitiva che è l’applicazione di informazioni scientifiche al ruolo che la narrazione ha, alla specifica relazione che si stabilisce tra il singolo lettore e la storia, al fatto che lo storytelling diviene strumento di ragionamento, di impatto vero e proprio sulla conoscenza e la percezione della realtà e non si tratta solo di narrazione scritta ma abbraccia ogni contesto e ogni media comunicativo.

Ognuno di noi, dice l’autore, è il frutto non solo dei nostri geni ma anche della nostra cultura e della nostra conoscenza, ed enfatizza come l’applicazione di tecniche scientifiche all’analisi della percezione del racconto può essere ricondotto a quello che è stato definito come il literary darwinism. La neuronarratologia riconduce ad analisi empirica e scientifica, seppur non del tutto ancora pienamente decodificata, la capacità di un racconto, dello storytelling, di coinvolgere il lettore non solo sul piano dell’intelletto ma anche su quello delle emozioni per comprendere per quanto possibile quali sono le dinamiche che generano il coinvolgimento e quindi il successo di una storia, sia essa un libro o uno spot pubblicitario (e qui la mente corre a Vance Packard, giornalista e critico della sociologia che scrisse, già nel 1957, un libro che in italiano ha preso il titolo di Persuasori occulti, in cui già descriveva tecniche di manipolazione del messaggio che facevano leva sul subconscio umano, tecniche la cui applicazione è poi stata impedita).

Proprio per mettere in guardia il lettore La Rosa affronta il tema enfatizzando come, da un lato, è opportuno fare attenzione e non confondere l’applicazione di principi scientifici con quella di tendenze che si propongono come frutto di ricerca ma che non lo sono (neuropop) e, dall’altro, guarda all’effettivo impatto che ha l’intelligenza artificiale (allo stato attuale) sottolineando come il suo impiego, che in certi contesti può risultare efficace, non è ancora in grado di sostituire il lavoro creativo di scrittori, giornalisti o creatori di contenuti perché vittima di un appiattimento conformistico che gli rende impossibile, ora, essere capace di raggiungere le capacità della mente umana. Ciò detto non esclude che presto inizieremo a trovare contenuti dove sarà specificato se sono scritti da intelligenza artificiale o partoriti da mente umana.

Applicare le teorie

Fatta l’analisi dello scenario l’autore passa all’azione approfondendo le modalità di applicazione dell’approccio scientifico allo storytelling, lo fa anche attraverso una serie di interviste sapientemente inserite nel testo principale a Pierguido Iezzi, esperto di cybersecurity, a Paolo Cattaneo docente universitario e musicologo, ad Alberto Casadei professore ordinario di letteratura italiana all’Università di Pisa, a Mario Furlan fondatore dei City Angels, a Paolo Borzacchiello esperto di intelligenza linguistica e a Luisella Battaglia fondatrice e direttrice dell’istituto italiano di bioetica.

Qui entrano in gioco la dopamina, l’ippocampo e l’importanza dello strumento narrativo delle metafore che l’autore considera molto importanti, così come è importante la struttura narrativa che non è più la ricerca di un contesto ideale ma tende a costruire un filo del racconto che passa da momenti negativi a momenti positivi creando così coinvolgimento ed emozione nel lettore. Ciò avviene applicando tecniche narrative ben precise, si pensi ai colpi di scena o ai momenti di suspence che viviamo quando guardiamo un film, per esempio, oppure all’esperienza che viviamo quando guardiamo un’opera d’arte, esperienza che se scientificamente rilevata, dimostra come le dinamiche di attenzione e attrazione sono assai diverse se si tratta di un’opera classica, per esempio un quadro che raffigura persone, o di un’opera astratta. Naturalmente l’insieme di queste conoscenze, ricorda l’autore, può essere da un lato usato anche per sfruttare il potere nello storytelling in contesti clinici e dall’altro impiegati al fine di creare una comunicazione manipolativa sfruttando per esempio i bias cognitivi, e generando quelle che orami sono note come fake news.

Il libro rappresenta un efficace e completo strumento per conoscere dinamiche, tecniche, potenzialità della comunicazione nelle sue varie forme, dello storytelling nelle sue declinazioni e con la sua capacità di essere applicato alla comunicazione di ogni tipo e per ogni possibile scopo.

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