Gli italiani guardano all’estero. I 107mila che nel 2015 sono emigrati all’estero (di cui quasi il 40% sotto i 34 anni – anche se la questione dei cervelli che fuggono ha valenza non solo italiana e non solo negativa ) non si sono limitati a guardare, così come non guardano nemmeno le imprese che appena possono aprono una sede, che in breve diventa quella di riferimento, in altri Paesi. Benché spesso in Italia restino le attività come la ricerca e lo sviluppo, sono numerose le imprese che hanno preso la strada che porta oltre confine per essere maggiormente competitive, per accedere più facilmente ai mercati e ai finanziamenti internazionali e anche, va purtroppo detto, per essere maggiormente credibili agli occhi di potenziali clienti e partner di tutto il globo. Secondo il rapporto di Heatmap sono quasi il 30% le startup italiane che si spostano all’estero. Che gli italiani guardino all’estero è quindi assodato, e che in molti oltre a guardarci ci vadano pure è un fatto. Ma la notizia è che sul fronte startup si iniziano a vedere i primi movimenti in controtendenza, cioè dall’estero verso l’Italia, movimenti che non sono riconducibili alla sola crescita di attenzione, ma avvalorati anche da alcuni numeri non trascurabili. Tra questi il più significativo è quello reso noto da ScaleIT (la cui seconda edizione si svolge a Milano il 12 ottobre) in un comunicato che ha recentemente diffuso in cui si dice come le scaleup che hanno partecipato alla prima edizione hanno raccolto complessivamente oltre 43 milioni di euro di investimenti molti dei quali provenienti da investitori internazionali. Alcuni di questi investimenti sono già stati annunciati come è per BeMyEye: 6,5 milioni di euro da Nauta Capital che era appunto uno dei fondi presenti a ScaleIT 2015 con P101, e 360 Capital Partners; Alyt: 1,5 milioni di euro; ToK.tv 5,5 milioni di dollari e Mosaicoon: 8 milioni di euro, mentre altri quattro deal – riferisce sempre la nota di ScaleIT – per un valore totale di 22,5 milioni di euro sono stati chiusi, ma ancora non ufficialmente annunciati. Considerando che gli investimenti annuali nel 2015 in aziende innovative italiane non hanno superato complessivamente i 130 milioni di euro, il risultato generatosi dall’azione di ScaleIT appare significativo così come lo è la crescita di questo evento che è passato da 11 a 15 scaleup e da 11 a 25 investitori internazionali presenti tra cui Ardian Nauta Capital, Earlybird VC, Aster Capital, Acton Capital partners, Index Ventures, Axa Stretegic Ventures, Iris Capital, Kreos Capital, Partech Ventures, Orange Growth Capital, Cisco investments, Endeavour Vision. Altro segnale del crescente interesse internazionale verso l’Italia dell’innovazione d’impresa si è avvertito, sempre a Milano, all’evento Tech Insights 2016 organizzato da United Ventures. Un evento, così come per ScaleIT solo ad invito, e orientato a fare il punto dello scenario attuale anche con il supporto di relatori internazionali come Gill Cogan di Opus Capital, Rob Kniaz di Hoxton Ventures, John Paton di Iva Ventures che moderati dalla sapiente Paola Bonomo hanno contribuito a enfatizzare l’urgenza per l’ecosistema italiano di divenire sempre più internazionale e di fare leva sulle sue specificità partendo dalla riconosciuta capacità degli imprenditori italiani. Una capacità che anche Massimiliano Magrini, cofondatore di United Ventures, mette in luce affermando come serve una spinta decisa verso l’ampliamento dell’ecosistema anche a livello di capitali: “dobbiamo fare crescere la consapevolezza verso i grandi investitori istituzionali che dirottare parte dei loro capitali sulle startup è scelta essenziale anche per loro perché solo così possono fare crescere i loro investimenti e continuare a rivestire il ruolo che hanno. Come potranno per esempio i fondi pensione continuare a pagare le pensioni se continuano a investire sui canali tradizionali che oggi rendono pochissimo? Devono differenziare e gli investimenti in imprese innovative sono oggi i più efficaci”. È un po’ il gioco del gatto che si mangia la cosa: se non investiamo fortemente non riusciamo a fare emergere i migliori e a creare casi di successo che diventerebbero modello per altri investitori, è necessario che si spinga nella direzione di puntare sulle startup migliori e non solo sulla creazione di un bacino di migliaia di startup che però generano poco a livello di business, ci serve la champions league delle startup italiane. L’Italia non è solo fucina di startup che opportunamente sostenute possono divenire aziende innovative globali e ad alta capacità di crescita, ma è anche potenzialmente piattaforma internazionale per lo sviluppo di startup di tutto il mondo che operano in specifici settori. È questa la direzione che hanno preso iniziative come quella di StartupBootCamp che ha scelto l’Italia, in questo caso la sede è a Roma, per il suo acceleratore FoodTech di cui a breve partirà il primo programma, mentre un altro grande acceleratore internazionale, di cui è ancora prematuro fare il nome, sta lavorando per raccogliere supporto da investitori e partner a sostegno di un programma basato in Italia, molto probabilmente a Milano, e anch’esso destinato alle startup di tutto il mondo che sviluppano tecnologie nell’ambito del food and beverage. A credere in questa direzione è anche il Fashion Technology Accelerator che a Milano (le altre sue sedi sono a Silicon Valley e Seoul) raccoglie le più promettenti startup di tutto il mondo che sviluppano progetti tecnologici legati al mondo della moda. Ultimo, ma non da meno, il lancio ufficiale di Endeavor Italia il prossimo lunedì Milano. Emil Abirascid (nota per il lettore: l’autore dell’articolo è anche advisor di ScaleIT)
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