Con l’arrivo dei CD prima, e i file mp3 più tardi, per arrivare oggi ai servizi di musica in streaming (che libera completamente dalla necessità di possedere la musica per poterla ascoltare) è stato facile pensare che il disco in vinile fosse morto. Che forse non sarebbe stato nemmeno più prodotto. Ma il disco in vinile è più vivo che mai. Non tanto, o meglio non solo, come veicolo della musica, ma come oggetto di culto in sé, come opera d’arte in tutti i suoi elementi. Secondo le ultime stime di Deloitte, la vendita di dischi in vinile genererà, nel 2017, per la prima volta in questo millennio, più di un miliardo di dollari di ricavi, generati grazie alla vendita di dischi in vinile (90%), giradischi ed altri accessori. Deloitte prevede che il mercato del vinile godrà del suo settimo anno consecutivo di crescita a doppia cifra sia in termini di numero di dischi venduti (40 milioni) che in termini di giro d’affari. Il vinile rappresenterà il 7% dei ricavi dell’intera industria musicale globale; il che significa che la musica è oggi certamente fruita attraverso differenti modalità, la maggior parte digitali. Nel 2015 la musica digitale è diventa la prima fonte di ricavi per la discografia (fonte Global Music Report, scaricabile), superando per la prima volta i ricavi derivati dalla vendita dei formati fisici. I ricavi digitali rappresentano attualmente il 45% dei ricavi totali, mentre il fisico ne rappresenta il 39%. Il Global Music Report 2016 di IFPI registra una crescita del 10.2% dei ricavi digitali (6.7 miliardi di dollari), con un aumento dello streaming del 45.2%, più che compensativo del declino registrato invece dal download e dal fisico. Lo streaming resta la fonte di ricavi che cresce più velocemente. I ricavi sono cresciuti del 45.2% fino a raggiungere i 2.9 miliardi di dollari e sono quadruplicati negli ultimi 5 anni. Perchè dunque c’è anche un boom del vinile? A cosa è dovuto questo fenomeno prova a spiegarlo ancora Deloitte.
Le motivazioni che spingono i consumatori del nuovo millennio ad acquistare dischi in vinile hanno poco a che fare con l’ascolto della musica: gli acquirenti comprano i vinili come oggetti da collezionare e sono attratti principalmente dal loro aspetto estetico. Al pari dei libri cartacei, le immagini di copertina e la fattura dell’imballaggio rappresentano caratteristiche fondamentali nell’acquisto di un disco che, con molta probabilità, non verrà mai ascoltato.
In molti potrebbero dissentire su quest’ultima affermazione, il disco verrà certamente ascoltato: tra coloro che comprano il vinile ci sono gli appassionati dell’altà fedeltà e i sostenitori della qualità audio perchè il vinile suona meglio di quanto un file Mp3 potrà mai fare (i file audio vengono parecchio compressi per renderli più leggeri e poterli far viaggiare in streaming o archiviare su smartphone). Ma soprattutto il disco è un’esperienza sensoriale (con tutti i sensi) diversa, il disco si rivolge alla sensibilità estetica, il disco innesca un processo emozionale e d’interazione. In un articolo su Forbes, Jordan Passman, ceo di Score a Score, una società di Los Angeles che offre un servizio di musica personalizzata on-demand (fondamentalmente b2b) evidenzia come la resurrezione del vinile nel 2008 sia coincisa con il lancio di Spotify: il punto di massima digitalizzazione della fruizione musicale, ha fatto scoprire e riscoprire cose che il digitale non può dare. Il disco oggi si compra perché è un’esperienza più fisica, complessa e coinvolgente. Spesso, come dice il Global Music Report già citato sopra, sono i principali fruitori della musica in streaming (i giovani) a essere anche grandi collezionisti di vinile, quando sono veri appassionati di musica. Dice Stu Bergen, CEO, international and global commercial services, Warner Music “Fans today want to access music in formats ranging from vinyl to streaming. Look at markets such as Norway, which is driven by streaming, but where almost half our physical sales come from vinyl – a very interesting phenomenon. Our job is to deliver great music to fans in formats that work for them.” Anche Enzo Mazza, presidente di Fimi, ha detto in un suo articolo che “lo streaming in Italia è cresciuto nel 2016 del 54 % ed allo stesso tempo il vinile ha aumentato le vendite del 74%, pur rimanendo ovviamente una nicchia con il 4 % del mercato. L’82 % dei giovani tra i 13 e 16 anni ascolta musica in streaming su piattaforme legali ma allo stesso tempo non disdegna il prodotto fisico…Il prodotto fisico torna al centro della relazione fan/artista, perchè come nel live, quello che conta, anche nella musica registrata, è la dinamica esperienziale”. Il boom del vinile (oltre a rappresentare un caso di studio interessante sotto l’aspetto dell’innovazione di prodotto, una sorta di pivot dell’industria del disco) porta con se nuove opportunità. Lo ha capito, per esempio, Vyril Technologies, cui anche Wired US ha dedicato nei giorni scorsi un lungo articolo, startup di maker canadesi (ha raccolto un milione di dollari di investimenti vc) che ha inventato un macchinario totalmente robotizzato che si avvale anche di tecnologie software piuttosto sofisticate, per realizzare i dischi in vinile. Una nuova tecnologia che arriva dopo almeno 3 decenni di assoluta inerzia e che permette notevoli risparmi sui costi, sui tempi, che potrebbe contribuire quindi anche a rendere il costo di un disco in vinile più basso. La startup vende il macchinario online. Lo ha capito anche Warner Music che al Festival di Sanremo 2017 ha realizzato un’ operazione di marketing con la produzione di una tiratura limitata di singoli 45 giri in vinile dei propri artisti in gara al Festival e destinati ai fan più esigenti. d.c
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