“Un aumento così sorprendente degli investimenti angel è un segnale molto positivo, che sommato al numero sempre crescente di imprese innovative registrate dal MISE, fotografa un sistema in fermento e, speriamo, pronto a fare il salto di qualità per contribuire alla crescita e al rinnovamento del Paese”, ha dichiarato Paolo Anselmo, Presidente di IBAN, sottolineando che “sicuramente le norme che incentivano investimenti in startup stanno iniziando a dare frutti”.
Oggi alla XVI Convention Iban, ancora in corso, rilasciati i dati della Survey annuale che l’associazione realizza pre tracciare l’andamento dell’angel investing. Se lo scorso anno (su investimenti 2013) i dati non erano stati entusiasmanti, per quanto riguarda il 2014 ciò che risulta dalla raccolta dati Iban è decisamente un’impennata: 46 milioni investiti per 135 operazioni (su un campione di 279 angel che hanno risposto alla survey). I settori che hanno beneficiato maggiormente dei finanziamenti sono l’ICT, seguito da Terziario avanzato e Commercio e Distribuzione, e questo ha permesso la creazione di oltre 180 nuovi posti di lavoro in neoimprese, soprattutto nel Centro Nord. Si riduce il numero complessivo di operazioni – 135 nel 2014 contro le 324 del 2013 – ma aumenta di oltre tre volte l’investimento medio – 351mila euro rispetto ai 98mila euro dello scorso anno: secondo un trend sempre più diffuso, gli investitori tendono ad unirsi in cordate per aumentare l’apporto finanziario e ridurre il rischio. “L’incremento del valore unitario degli investimenti realizzati dai business angel testimonia, da un lato, la crescente rilevanza di questo segmento del mercato dei capitali, che sempre più deve rappresentare una delle principali leve da valorizzare e incentivare da parte dei policy maker responsabili della formulazione di politiche industriali capaci di produrre crescita e occupazione”, ha commentato il Professore Vincenzo Capizzi dell’Sda Bocconi, che ha condotto l’indagine “dall’altro, segnala la capacità degli angel di sviluppare logiche di networking e compartecipazione, oltre che di processo produttivo, tipiche degli investitori istituzionali nel capitale di rischio”. Purtroppo ancora poche le exit, almeno sulla base dei dati dichiarati: solo il 4% del campione ha dichiarato di aver portato a termine almeno un disinvestimento nel 2014, prevalentemente da start up del settore energie rinnovabili seguito da quello sanitario e apparecchiature medicali. Le exit, in media, si verificano 3 anni e 3 mesi dopo l’investimento e avvengono prevalentemente sotto forma di vendita ad altri investitori e vendita al team imprenditoriale (40% in entrambi i casi). Si registra, inoltre, un 20% di cessazione attività.
Il profilo e le caratteristiche del business angel tipico non sono cambiate negli ultimi anni. Dalla ricerca emerge, infatti, che il business angel italiano è un imprenditore con un passato da manager, un’età che varia tra 30 e 50 anni, laureato, affiliato a IBAN, a uno dei BAN territoriali, o a un Club d’investitori nel Nord Italia, con un patrimonio inferiore ai 2.000.000 di euro, di cui circa il 10% dedicato ad investimenti in start up. Nel momento di valutare il progetto imprenditoriale, i principali criteri presi in considerazione sono la crescita potenziale del mercato di riferimento (33%), le qualità del team di manager (22%) e le caratteristiche del prodotto/servizio (16%). Si nota anche una maggior considerazione alla strategia d’uscita rispetto agli anni precedenti (9%). Il 57% degli intervistati afferma inoltre di essere molto coinvolto nella start up investita, soprattutto in termini competenze strategiche e contatti per lo sviluppo dell’attività economica, oltre all’apporto risorse finanziarie.
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