Cosa si fa per festeggiare un investimento di un centinaio di milioni di dollari? Ma un mega party, naturalmente. Come quello che ha organizzato, un paio di settimane fa, Stability AI, una delle startup maggiormente sulla cresta dell’onda nell’ambito della cosiddetta Generative AI. Di cosa si tratta? In sostanza, come ben raccontato dal blog del fondo di venture capital Sequoia, la differenza fra l’intelligenza artificiale come l’abbiamo finora conosciuta e quest’ultima, è che la prima è soprattutto analitica: gli fornisci un dataset e da esso il modello estrapola alcuni schemi predittivi; per esempio, riesce a capire quale video di YouTube mostrarti in seguito, per tenerti incollato al canale. Nel caso della Generative AI, si tratta invece di crearlo, quel video. O di disegnare un’immagine, di redigere ex novo un testo, comporre una musica o l’audio per un podcast, scrivere del codice. Partendo da un semplice input (di solito un testo scritto o una riga di codice) da parte dell’utente. È facile capire come questo potrà avere enormi conseguenze su come vengono creati contenuti in una molteplicità di settori. Il lavoro di quella che Richard Florida ama definire la creative class, i giornalisti, i web developer, ricercatori, lavoratori della conoscenza in generale, ne sarà sicuramente impattato pesantemente. Nel bene ? Nel male ? È difficile dirlo. Senz’altro potenzierà enormemente le capacità di chi salirà sul treno al momento giusto e saprà utilizzare queste tecnologie come una specie di esoscheletro digitale. Un giornalista, per esempio, potrà scrivere molti più articoli in meno tempo: basterà avere ben chiari i concetti di fondo e poi lasciare fare al software. I grafici e gli esperti di marketing saranno in grado di generare in quattro e quattr’otto immagini “visionarie” per le loro campagne pubblicitarie. D’altra parte, è probabile che ci sarà bisogno di molti meno copywriter, programmatori e altri professionisti di medio livello. Perfino gli artisti non si sentono del tutto al sicuro. Lamentarsi e basta, in ogni caso, servirà a poco. Sono in molti a pensare che quella della Generative AI non sia una semplice moda, o un’utile evoluzione di quanto già esistente, ma di un cambiamento importante, forse uno spartiacque. C’è innanzitutto una differenza di livello ontologico. Usiamo già l’intelligenza artificiale in una miriade di occasioni. Di solito però senza nemmeno accorgercene. Opera dietro le quinte, valutando, selezionando, scegliendo per noi. Qui invece il processo alchemico sottostante diventa visibile, incarnandosi in un “prodotto” concreto.
L’attenzione degli investitori
Inoltre, i fondi fiutano l’affare e si stanno muovendo. Follow the money, dicono. E infatti. Affarone di Stability AI a parte, anche Jasper, un software di AI per il copywriting, ha raccolto di recente 125 milioni. Di dollari. E parecchi investimenti medio-piccoli si sono riversati su startup che applicano la Generative AI in altri settori. Ma forse l’argomento più valido a favore dell’ipotesi che il boom della Generative AI sia davvero uno spartiacque è che, a differenza di altri temi più ‘fuffosi’, come il metaverso, qui l’utilità di fondo è ben chiara, e la risposta dei potenziali fruitori molto più entusiasta. Da agosto, più di 200mila persone, per esempio, hanno scaricato il codice open source di Stable Diffusion, il “modello” generativo di Stability AI, racconta il New York Times. E milioni di persone usano il generatore di immagini DALL-E 2 di OpenAI. Il mercato è ancora da sviluppare, insomma, ma sembra esserci. L’interesse degli investitori anche. Non saranno i dubbi etici (ci attende un’inondazione di immagini pornografiche o di fake news generate con un clic?) o i timori legati alla perdita di posti di lavoro a invertire la tendenza. Anzi, i nuovi baroni rampanti del settore, in un film già visto, si stanno già iniziando ad atteggiare a salvatori del mondo. “Gran parte del mondo è stitico dal punto di vista creativo e noi faremo in modo che possano cagare arcobaleni!”, ha esclamato entusiasta al party Emad Mostaque, il CEO di Stability AI. Speriamo che, in futuro, un software perfezionato di Generative AI, gli possa suggerire metafore più eleganti. (Photo by DeepMind on Unsplash )
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