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Un report interessante sull’ecosistema delle startup in Europa è l’European Startup Monitor 2018, che delinea le attuali caratteristiche della startup europea media. Un primo tentativo da cui trarre spunti interessanti, consapevoli che non esiste un “registro” europeo delle startup e che spesso il contenuto della stessa viene interpretato in modalità differenti a seconda delle statistiche o di chi effettua la ricerca. Ancora oggi spesso le definizioni di early stage, seed o startup non sono così univoche. Come sappiamo, startup e scaleup (ossia startup che hanno già avviato un percorso consistente di crescita) sono oggi sempre più un driver per la crescita economica dei Paesi e delle loro economie, generano innovazioni spesso disruptive e creano tanti posti di lavoro. E ciò accade sempre di più anche in Europa. Significativa questa slide realizzata Axon Partners Group, società di venture capital spagnola che ho co-fondato diversi anni fa. Il 22 novembre 2018 la Commissione Europea ha adottato un’iniziativa finalizzata a migliorare e a regolamentare la situazione delle startup e scaleup. In totale, 46 diverse policy action saranno implementate per rendere le politiche europee in ambito startup più efficaci. E il report Startup Monitor ha la finalità di tracciare un riferimento con cui confrontarsi negli anni a seguire, per misurare l’efficacia delle policy adottate.
Startup europea: caratteristiche dei fondatori
Vediamo allora qualche dato di sintesi: da un punto di vista geografico, gli hub più importanti in Europa per le startup sono Londra, Berlino, Parigi, Copenaghen e Lisbona. L’età media del founder di startup europeo è 38 anni, a dispetto del mito del giovane startupper americano nel garage di casa; è solitamente maschio (82,8%) e laureato (84,8%). Il numero medio di founder per startup è 2,7, mediamente la startup europea ha 12,8 dipendenti provenienti da diversi Paesi e ha in programma di assumere ulteriori 7,5 persone nei successivi 12 mesi. Ahimè però l’Italia si posiziona ben al di sotto la media, con 5,2 dipendenti. Il campione analizzato ci dice però che a livello complessivo sono ben 18.015 i posti di lavori creati in Europa dalle startup.
Caratteristiche delle startup europee: internazionalizzazione
Molte startup si considerano “born global“, con un’attitudine naturale a lavorare cross-border e in alcuni casi ad aprire uffici operativi in più di una nazione rispetto a quella di origine. Ben l’88% del campione programma infatti di avviare un processo di internazionalizzazione nei successivi 12 mesi, sia in Europa che altrove, con USA e Silicon Valley come destinazione ancora preferita. Da notare che sta crescendo sempre di più l’interesse nei confronti dell’internazionalizzazione dall’Europa verso l’Asia (25,8% del campione). È questa una delle sfide più importanti per la startup europea, per rispondere alle richieste di una sempre maggior profittabilità e di crescita dei flussi finanziari.
Caratteristiche delle startup europee: settori
I settori in cui le startup sono attive sono ancora in prevalenza nel comparto IT/Software development (19.1%) e Software as a Service (18.5%); nuovi settori che registrano sempre più startup sono quelli delle Green Technologies (4%) e Fintech (5,1%). Anche in Italia stiamo notando nuovi trend, con gli investimenti che si spostano dal digital verso progetti “hard”, ossia verso le scienze dei materiali l’area del life science in generale (medtech & biotech), come scritto in questo articolo. Un dato interessante è che la maggior parte delle startup (82,1%) opera in mercati B2B (busines-to-business) e genera il proprio fatturato interamente (46,5%) o principalmente (25,3%) lavorando con altre company più che con il mercato degli utenti finali. A testimonianza che ipotizzare di sostenere business model che si basino solo sul mercato del cliente finale è sempre più dura, una strategia che forse oggi rimane riservata solo ai colossi o alle realtà già consolidate e con flussi di cassa stabili.
Finanziamenti della startup europea: il ruolo del venture capital
Da un punto di vista di chi supporta finanziariamente le startup europee, per il 77,8% sono i capitali privati dei founder, seguito dai capitali informali dei business angel (77,8%) e venture capital (26,3%). Una percentuale, quella degli investimenti di VC, sicuramente maggiore rispetto a quanto sperimentiamo in Italia, dove siamo al momento in cui scrivo a quasi 10.000 startup innovative ufficiali (si intende quelle iscritte al registro di Stato così come è stato definito con l’apposito decreto del 2012) e le startup venture backed sono solo una piccola parte di queste. Il report ci dice anche qualcosa circa le collaborazioni con le large corporation, quello che oggi chiamiamo open innovation: emerge che ben il 71,1% del campione già lavora con una grande impresa o con un’altra Pmi e la motivazione è prevalentemente quella di poter accedere a nuovi clienti e più ampi mercati. In Italia siamo ancora agli albori di questo fenomeno, spesso le nostre “grandi” imprese si avvicinano alle logiche di open innovation perché sentono che “devono” farlo, a volte più per marketing esterno che altro, senza una reale convinzione da parte dei vertici e del management interno. E quindi non è infrequente che le startup nostrane vengano ingaggiate dai top manager dell’innovazione delle corporate per improbabili o lunghissimi piloti, spesso poco pagati e dagli esiti successivi piuttosto incerti. Speriamo che l’incentivo previsto dalla norma di fine anno, che dovrebbe spingere le corporate a “sperimentare” le innovazioni delle startup per poi acquisirle, possa creare un cambiamento. Anche se il vero cambiamento avverrà solo con una vera presa di coscienza e un cambio di mentalità da parte delle corporate che hanno da guadagnare (ovvero sopravvivere) se collaborano bene con il mondo delle startup.
Startup europea: quale sarà il suo impatto
In conclusione, sebbene le startup e le scaleup siano spesso considerate un fenomeno percepito come una bolla, di moda e del tutto impalpabile, utile solo per fare convegni e di cui scrivere su blog e su LinkedIn, in realtà le startup sempre più trasformeranno le nostre economie, sviluppando tecnologie e innovazioni che vengono trasferite (spesso grazie a fondi di investimento in venture capital) al mercato dei consumatori finali. Prova ne è anche l’alto numero delle iniziative e soprattutto di capitali messi a disposizione dall’European Commission, dall’European Investment Fund (a oggi il più grande investitore in Europa in startup e venture capital) e la European Investments Bank. Insomma, il futuro sarà sempre più startup-based: meglio quindi prenderne atto definitivamente e orientare le politiche economiche e fiscali per favorire lo sviluppo e il consolidamento del mercato. Fortunatamente anche in Italia sembra che qualcosa si sia finalmente mosso, il governo in carica ha fatto già importanti scelte e ha messo in campo il primo Innovation Act. Stefano Peroncini Venture Capitalist, Comitato di Investimento di FARE Venture
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