La battaglia sul fronte della guida autonoma è prossima a vivere una nuova fase. È quanto emerge da un dettagliato articolo del Financial Times del 14 febbraio 2019 che compie una interessante analisi di questo ambito tecnologico che è tanto complesso quanto promettente. La questione principale è, in sintesi, che lo sviluppo di tecnologie per la guida autonoma non è per tutti e lo sarà sempre meno. Ciò perché si tratta di un settore che richiede grandi capitali e grandi competenze, risorse che sono scarse e che quindi tendono a concentrarsi. L’analisi di Tim Bradshow e Shannon Bond che hanno scritto l’articolo parte da due notizie che coincidono con grandi round di finanziamento ricevuti da due startup/scaleup del settore: Nuro che ha raccolto 940 milioni di dollari dal fondo Vision Fund di SoftBank e Aurora che ha ricevuto investimenti per un totale di 530 milioni di dollari da diversi investitori tra cui Sequoia Capital e Amazon. Si tratta di due aziende che hanno meno di tre anni di vita e che completano uno scenario che si è avviato lo scorso mese di luglio quando una terza startup del settore, Zoox raccolse 500 milioni di dollari. In totale, si rileva da dati di CB Insights, che l’ammontare degli investimenti totali in startup del settore autonomous vehicle nei soli Stati Uniti è passato dai 282 milioni di dollari del 2015 ai 4,5 miliardi di dollari del 2018. Lo scenario è però popolato non solo dalle startup ma anche da operazioni fortemente finanziate e guidate da grandi aziende come il progetto di Google che è stato valutato oltre 175 miliardi di dollari e come quello denominato Cruise e gestito da General Motors e che lo scorso hanno ha ricevuto anche 3 miliardi di dollari di investimenti da SoftBank e da Honda, quest’ultima ha reso noto di volere investire altri 2 miliardi di dollari nel progetto nell’arco dei prossimi 12 mesi. Quella della guida autonoma è una sfida tecnologica, ma anche sociale, urbana, normativa, assai complessa, è una sfida della quale si parla già da anni ma che fino a oggi ha portato nel concreto pochi esperimenti in ambiti circoscritti, i giornalisti del Financial Times citano per esempio li servizio di taxi attivo nella periferia della città di Phoenix o quello di trasporto all’interno di un villaggio per pensionati in Florida. Una sfida che richiede quindi tempi lunghi prima di poter produrre qualcosa che sia in grado di ripagare i grandi investimenti che a loro volta sono fondamentali per continuare nella strada dello sviluppo del sistema e delle infrastrutture necessarie, oltre che della mentalità che dovrà profondamente cambiare nella relazione che ognuno di noi ha con i veicoli per il trasporto personale. Ci sono poi diverse scelte di sviluppo: chi si concentra su veicoli per il trasporto di cose e che sta sviluppando l’intera piattaforma e chi invece si concentra su tecnologie capaci di adattare alla guida autonoma veicoli che sono stati originariamente progettati per avere un conducente umano. Filosofie diverse, ancora non si sa quale prevarrà ma è interessante osservare come da parte loro i venture capital credono moltissimo un questa opportunità, tanto da investirci miliardi di dollari nei soli Stati Uniti, tanto da sostenerne lo sviluppo anche consapevoli che i tempi saranno lunghi e che il rallentamento dell’economia globale li allungherà ulteriormente e perciò, enfatizza FT, gli investitori hanno deciso di assicurare finanziamenti a lungo termine alle startup che ritengono le più adatte. C’è poi anche un’altra risorsa che in questa delicata partita gioca pure un ruolo chiave: quella delle competenze. Le persone che hanno il giusto background tecnico e imprenditoriale per cogliere la sfida dello sviluppo della tecnologia e del mercato dei veicoli a guida autonoma non sono molte. Figure come Dave Ferguson e Chris Urmson che hanno contribuito a fondare e che guidano Nuro e Aurora rispettivamente, sono rare, così come è rara la disponibilità di programmatori, tecnici, scienziati con le giuste specializzazioni e l’emergere di startup e scaleup con grandi fondi farà certamente da polo di attrazione per questi talenti, così, si prevede, anche per le startup del settore più piccole e non altrettanto ben finanziate il futuro non dovrebbe essere troppo negativo perché non è escluso che quelle più solide le acquisiranno più per i loro staff che per le loro tecnologie, rinnovando ancora una volta il fenomeno noto come acqui-hire (l’assunzione di persone di talento attraverso l’acquisizione della startup in cui lavorano e che molto spesso hanno contribuito a fondare e fare crescere). Infine, come detto, la sfida è tutt’altro che limitata alla tecnologia come ha anche ricordato Erik Klimczak, principal designer di Uber, intervenendo alla prima edizione dei Digital Design Days Business Edition di Ginevra, il quale ha enfatizzato sul fatto che ciò che serve è ripensare i sistemi di trasporto in modo multimodale. La guida autonoma è certamente una tecnologia fondamentale in questo processo perché ribalta il paradigma: da tanti veicoli che si muovono poco a pochi veicoli che si muovono sempre che soprattutto in un contesto urbano significa ridurre sia il traffico e quindi anche l’inquinamento ma soprattutto liberare moltissimo spazio che oggi è destinato alle automobili ferme che può essere destinato ad altri usi: dal verde alle zone pedonali. “E’ il contesto urbano la sfida principale sia perché è quella più complessa per le tecnologie e per i nuovi modelli sia perché nel 2050 il 68% della popolazione mondiale vivrà nelle città”. @emilabirascid
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