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Il nuovo report di Startup Genome pubblicato oggi, GSER 2021, analizza gli ecosistemi più performanti nel mondo, ovvero i luoghi in cui le startup in fase iniziale hanno le migliori possibilità di ottenere un successo globale, indagando sulle cause della loro crescita o ritardo.
Il report
Rispetto al report del 2020, di cui avevamo scritto qui, in cui emergeva il timore che la pandemia avrebbe bloccato i mercati dell’ecosistema – la domanda dei consumatori era crollata, i viaggi cessati, i tagli del personale aumentati e molte aziende fallite, il VC globale sceso del 17% nel primo trimestre rispetto al precedente con il numero di round in calo del 5% e in Cina il numero di venture round sceso del 74% in soli due mesi – i dati del nuovo report hanno sbalordito il founder e Ceo di Startup Genome, JF Gauthier, dati relativi alla seconda metà del 2020 e la prima del 2021: la pandemia non è riuscita a diminuire il potenziale delle startup, anzi, ha allentato la presa della Silicon Valley sull’ecosistema. “E questa – secondo Gauthier – è una grande cosa per cui abbiamo tutti lavorato e per la quale dobbiamo festeggiare! Per decenni, la Bay Area ha assorbito talento tecnologico, ha fatto aumentare drammaticamente il costo della vita e i salari, e ha reso lo spazio la risorsa più scarsa. Non appena i vincoli fisici di vivere vicino all’ufficio sono stati rimossi, i talenti esperti della Valle si sono dispersi in tutto il mondo, riducendo la pressione sulle proprietà immobiliari”. Il lavoro a distanza infatti ha aumentato la produttività del 3,1%. Le aziende hanno accelerato la digitalizzazione lavorativa per i clienti e filiera di fornitura da tre a quattro anni. Gli investitori hanno diversificato i loro investimenti.
Vediamo i numeri: nella prima metà del 2020 i finanziamenti di venture in tutto il mondo sono stati 148 miliardi di dollari. Nella prima metà del 2021 è salito del 95% a 288 miliardi di dollari, con aumenti in ogni fase. Le startup stanno anche beneficiando di nuovi canali di investimento, come il crowdfunding. E poi ci sono gli unicorni: ad agosto c’erano più di 800 startup in tutto il mondo con evaluation superiori a 1 miliardo di dollari, per una evaluation cumulativa superiore a 2,6 trilioni di dollari, ne avevamo scritto qui. Solo tra ottobre 2020 e giugno 2021 il loro numero è aumentato del 43%. Anche se le aziende statunitensi hanno dominato, Cina, Canada, India, Germania, Israele, Regno Unito e Francia hanno prodotto tra 7 e 10 unicorni nella prima metà del 2021.
Nonostante la democratizzazione delle startup, accelerata dalla pandemia – non esistono quasi più vincoli geografici grazie, nel 2021, all’aumento della capacità di Internet del 35% e del traffico globale a banda larga nel quarto trimestre del 51%, col commercio elettronico globale salito a 26,7 trilioni di dollari – c’è ancora una grossa sfida da superare nell’ecosistema: il cleantech scaleup gap. “La pandemia ha risparmiato – e poi stimolato – l’economia delle startup. Ora è il momento che l’economia delle startup usi la sua forza e la sua ingegnosità per affrontare i problemi più urgenti del mondo”. Gli Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Corea del Sud hanno fatto passi da gigante per le questioni legate al riscaldamento globale. Ora, con una scarsa offerta di unicorni cleantech, le opportunità per le startup in questo settore abbondano: “circa il 35% della riduzione cumulativa delle emissioni entro il 2070 emergerà da tecnologie attualmente in fase di prototipo o fasi dimostrative”. Le tecnologie non ancora commercializzate rappresenteranno un altro 40%.
Con la 26esima conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico dietro l’angolo e una maggiore attenzione agli obiettivi net zero dei singoli governi, il climatetech rappresenta una significativa opportunità di investimento. La partnership della Commissione europea con Bill Gates per spendere un miliardo di dollari per costruire progetti dimostrativi cleantech su larga scala e l’impegno del governo britannico di 233 milioni di dollari per il greentech sono tra le sfide che probabilmente attireranno le startup. Lo slancio di questo settore continuerà solo nel prossimo decennio.
Entrando nel dettaglio, un altro fenomeno che più si sta rivelando nell’ecosistema globale riguarda proprio il Paese con il suo epicentro più prospero di innovazione e startup, gli Usa e la loro Silicon Valley: anche se tuttora rimane il primo punto di riferimento per gli imprenditori tecnologici – attraendo più di un terzo dei finanziamenti in VC, numerosissime città e regioni sembrerebbero prospettare un’alternativa: Asia e MENA (Middle East and North Africa) stanno avendo aumenti nella loro quota di finanziamenti ed exit globali anno dopo anno. Ma la competizione stavolta non riguarderebbe solo il capitale investito: la Silicon Valley ha sperimentato una migrazione netta verso l’esterno di talenti tecnologici e manageriali, spinta sia da covid-19 sia da un mercato immobiliare dai prezzi stratosferici.
La quantità di VC statunitense nel 2020 è scesa, in percentuale sul totale mondiale, dall’84 del 2004 al 51. Il resto di quel denaro è andato in giro per il mondo, come in Asia con la Cina in particolare, che ha avuto sin da subito un recupero rapido dai numeri e gli effetti della pandemia: gli investimenti in aumento hanno raggiungendo più di 37 miliardi di dollari nei primi cinque mesi del 2021. Le startup indiane invece hanno raccolto 12,1 miliardi di dollari nella prima metà del 2021: ad agosto l’India aveva generato 24 unicorni nel 2021, di cui 6 in soli 4 giorni in aprile. Anche i finanziamenti per le startup latino-americane e africane sono a record: guidate dal fintech, le aziende latinoamericane hanno raccolto circa 6 miliardi di dollari nella prima metà del 2021, un 51% aumento rispetto al totale del 2020. Nel frattempo, si prevede che le startup africane raccoglieranno fino a 2,8 miliardi di dollari solo nel 2021, con la Nigeria e il Kenya epicentri. Le proiezioni mettono l’investimento africano a più che 10 miliardi di dollari entro il 2025.
Nonostante il boom delle startup e delle aziende in crescita, le Big Five si sono arricchite ancora di più. Grazie alla pandemia, Alphabet (Google), Amazon, Apple, Facebook, e Microsoft hanno raggiunto un market cap collettivo che supera gli 8 trilioni di dollari. Ma gli imprenditori che sperano di trarne profitti potrebbero essere sfortunati: ad agosto Crunchbase aveva riportato solo 12 acquisizioni di aziende imprenditoriali da parte dei colossi.
Le politiche
Anche le politiche dei diversi Paesi hanno salvaguardato la vita dell’ecosistema. L’Unione europea – in competizione con USA e Cina – ha da poco proposto una serie di normative per incoraggiare le startup tecnologiche nei suoi paesi membri: regole sulle stock option e Immigrazione, o sullo snellimento del processo legale per la creazione di un business one day. A febbraio, la Spagna ha presentato un piano decennale che copre circa 50 misure che vanno dalla riduzione dei regolamenti al mantenimento dei talenti. A marzo l’ha seguita la Germania lanciando il Future Fund da 12 miliardi di dollari, un fondo azionario per sostenere le aziende tech innovative per le loro scaleup. I Paesi africani hanno lanciato i loro Startup Act per gli anni a venire, con agevolazioni fiscali, sovvenzioni e politiche che – per esempio – forniscono ai fondatori un sostegno finanziario durante la nascita delle loro startup. A dicembre il Kenya ha introdotto un disegno di legge con il quale si istituisce un’agenzia nazionale per l’innovazione e per promuovere le partnership tra startup, incubatori e investitori. La versione proposta dall’Etiopia, invece, copre tutto, dallo snellimento dei processi all’aumento degli investimenti stranieri fino alla copertura delle tasse per la registrazione della proprietà intellettuale. Tali cambiamenti politici stanno avvenendo ovunque. Il Brasile ha da poco approvato una legge per rafforzare il quadro legale per fare impresa. L’India sta collaborando con gli acceleratori per fornire fino a 300 startup tecnologiche in fase iniziale con finanziamenti, mentoring e altre risorse. L’anno scorso lo stato di Victoria in Australia ha lanciato un fondo di 2 miliardi di dollari per guidare un decennio di investimenti in life science, advanced manufacturing, cleantech e altre startup del settore.
La classifica di Startup Genome
Anche quest’anno gli stessi cinque ecosistemi di startup globali del 2020 rimangono in cima alla classifica. La Silicon Valley è prima seguita da New York City e Londra, che per 2 anni consecutivi hanno condiviso il secondo posto. Pechino è quarta e Boston quinta. Questi top performer eccellono in talent and experience success factor: New York, Londra e Boston sono in grado di attrarre talenti tecnologici di alta qualità.
Il Nord America continua a dominare il global ranking, con il 50% dei primi 30 ecosistemi in questa regione. L’Asia è successiva con il 27%. L’Europa ha il 17%. Tokyo è l’unica novità della Top 10 (nono posto).
Insomma, il Nord America continua a dominare la classifica, con il 50% dei primi 30 ecosistemi in questa regione. L’Asia è successiva con il 27%, e potrebbe raggiungere il Nord America, come si vede dalla crescita costante del valore delle exit nel 2021 (423,5 miliardi di dollari).
E quindi i 7 ecosistemi globali sono rimasti gli stessi per 3 anni consecutivi. Ognuno ha creato almeno 110 miliardi di dollari di valore nell’ecosistema, con una mediana di 157 miliardi di dollari. In totale, i 7 Leader rappresentano un ecosystem value di oltre 2,2 trilioni di dollari, in aumento di mezzo trilione di dollari rispetto l’anno scorso. In confronto, i restanti ecosistemi principali, in aggregato, hanno creato 942 miliardi di dollari di valore. Londra rimane un tech hub vibrante e in crescita. La sua posizione al secondo posto, spalla a spalla con New York, deriva in gran parte dalla performance estremamente forte in funding, connectedness e access to talent. Los Angeles, precedentemente legata al 6° posto con Tel Aviv, è passata in avanti quest’anno con un miglioramento in funding e exit activity, superando i 50 milioni di dollari. Tel Aviv, al settimo posto, continua a essere forte in quasi tutte le categorie: performance, funding, experience, connectedness, e market reach.
In Europa, Berlino è un ecosistema che ha mostrato una promettente crescita negli anni precedenti, e rimane nella top 30.
Nel 2020, 6 paesi vantano due o più ecosistemi di startup top. Gli Stati Uniti hanno 15 dei migliori ecosistemi di startup: uno in più dell’anno scorso. Cina, India, Canada, Germania e Australia hanno tutti mantenuto i loro migliori ecosistemi.
I secondi classificati di quest’anno (dal numero 31 al numero 40) includono Dublino e il Research Triangle, che hanno scalato la classifica.
Nella top 100 emerging ecosystem invece Mumbai è ancora una volta la numero 1.
Ci sono cambiamenti significativi nella top 10 emerging ecosystem: Barcellona ha sorpassato Madrid, al quinto posto, ed è legato ad un altro contendente quest’anno – l’Estonia, che è passata dalla 14esima posizione alla quinta. Miami è ora un emerging ecosystem top 10 al decimo posto.
Quindi l’Europa e l’Asia dominano la top 10 degli emerging ecosystem, rispettivamente con 5 e 4 ecosistemi.
I primi 100 emerging ecosystem hanno aggiunto oltre 540 miliardi di dollari in valore di ecosistema, che è un 55% di aumento rispetto all’anno scorso. Mentre l’Europa e il Nord America continuano ad avere la maggior parte degli emerging ecosystem, l’America Latina ha tre ecosistemi in più nella top 100 rispetto all’anno scorso: Città del Messico e Bogotà sono raggiunti da Buenos Aires, Santiago-Valparaiso e Rio de Janeiro.
La regione MENA è rappresentata da quattro ecosistemi emergenti quest’anno: Dubai, Cairo, Riyadh e Abu Dhabi. La regione MENA ha avuto i suoi primi unicorni nel 2016 e l’America Latina nel 2018. L’Asia è attualmente in testa, con il 36% del club del miliardo di dollari. seguito dal Nord America con il 30% e dall’Europa con il 27%.
I settori
Nella maggior parte dei settori la digitalizzazione sta accelerando. La gente ha praticato nel 2021 particolari attività dettate dai diversi lockdown, come ordinare cibo con un’app, giochi online, seguire lezioni a distanza. Ma altre applicazioni, come il monitoraggio della salute a distanza, i programmi di fitness online, ed eventi virtuali, hanno attirato un grande pubblico per la prima volta. Nel mondo B2B, i produttori e altre aziende con forza lavoro vulnerabile e catene di fornitura, hanno cercato di tutelarsi da eventuali lockdown, e quindi chiusure, attraverso la tecnologia. Il settore della life science ha avuto un utilizzo 38 volte più alto di quello pre-covid-19 e un’impennata degli investimenti. Ma anche le startup di cybersecurity hanno prosperato. Edtech e gaming, entrambi in declino fino al 2019, hanno sperimentato aumenti significativi nei funding di serie A: hanno visto una crescita del 33% nei funding di serie A e del 3% nelle exit negli ultimi cinque anni, che li ha riportati nella mature phase e grazie al rinnovato interesse per gli investimenti in early-stage. Nel 2019 si prevedeva che gaming sarebbe stato ringiovanito dall’implementazione di VR e AR. Tuttavia l’impatto più significativo sia sul gaming che sull’edtech è stato il covid-19, che ha costretto milioni di persone in tutto il mondo a intrattenersi a casa e ha richiesto alle scuole di passare all’istruzione online.
Il deep tech (advanced manufacturing, robotics, blockchain, agtech e new food, artificial intelligence e big data) rimane il settore più veloce in ascesa, rappresentando circa il 30% del capitale investito nella tecnologia a livello globale dal 2015. Questa è una buona notizia per le migliaia di startup che sfrutteranno l’AI, robotics e blockchain per costruire le loro offerte. Anche il fintech ha sperimentato una sostanziale crescita negli ultimi cinque anni: era in fase matura nel 2019, e ora sta dimostrando una rinascita dei finanziamenti di serie A che è più caratteristica della growth phase, indicando nuovi investimenti e innovazione in questo sub-sector.
Gli startup sub-sector nella fase di crescita stanno aumentando i deal di funding di serie A con un tasso notevole del 107% in cinque anni. I mature phase sub-sector sono cresciuti del 33% nello stesso periodo. I decline phase sub-sector sono scesi del 28%.
L’artificial intelligence, big data, advanced manufacturing e robotics, per esempio, stanno vivendo una crescita elevata misurata in base al numero di eventi di funding e di exit e alla quantità totale di investimenti. Le due diverse visioni dei cicli di vita dei sub-sector mostrano anche quali sub-sector stanno generando quantità spropositate di ecosystem value rispetto ai loro pari. Life science, con solo l’8% della quota di startup globali, hanno aggiunto 183 miliardi di dollari di ecosystem value nel 2020, il secondo importo più alto dopo artificial intelligence and big data.
I 4 sub-sector in più rapida crescita e con early-stage funding deal in 5 anni sono: agtech e new food (128%), blockchain (121%), advanced manufacturing (109%), artificial intelligence e big data (98%). Invece i top 2 declining sub-sector sono adtech (-35%) e digital media (-21%).
I 5 growth sub-sector (agtech e new food, blockchain, advanced manufacturing, artificial intelligence e big data, fintech) stanno aumentando di dimensioni a un ritmo sorprendente, con un aumento medio del 107% nelle operazioni di finanziamento early stage in soli cinque anni e una crescita media del 43% nelle exit. Il fintech è un nuovo arrivato in questo gruppo grazie all’aumento degli investimenti di serie A, atipico dei suoi pari dei mature sub-sector.
Tra i growth-phase sub-sector, AI, big data e analytics è il più grande, con il 27% di tutte le startup globali. agtech e new food è il più piccolo, con il 2%. L’artificial intelligence è l’elemento di spicco. Da sola – separata da big data e analytics – sta crescendo circa due volte più veloce della media del sub-sector.
I decline sub-sector (adtech e digital media) negli ultimi cinque anni hanno sottoperformato rispetto ad altri sub-sector di startup, indicato da una diminuzione dei tassi di crescita di round Serie A e delle exit.
L’Europa
L’ecosistema europeo delle startup ha prosperato nel periodo pandemico. A livello globale ci sono 79 ecosistemi che generano oltre 4 miliardi di dollari di valore: più del doppio del 2017. La maggior parte si trova in Europa. Il covid-19 ha irrigidito il sostegno statale delle nazioni europee e la fiducia negli ecosistemi di startup come linfa vitale delle nostre economie. Il successo europeo sulla scena globale come ecosistema è stato sicuramente dovuto dalle nuove normative dettate dal covid, come soprattutto il Future Fund, creato dal governo del Regno Unito per spingere le aziende attraverso la pandemia, e che si stima abbia sostenuto l’11% degli equity deal del Regno Unito annunciati l’anno scorso, con circa 1,4 miliardi di dollari. Questi aumenti di finanziamenti statali sono stati diffusi in tutto il continente, contribuendo quindi al successo dell’Europa.
Il valore medio creato dagli ecosistemi di startup europee nel periodo tenuto in considerazione dal Global Startup Ecosystem Report di quest’anno è di 6,3 miliardi di dollari, secondo solo al Nord America. Diversi fattori stanno influenzando l’ecosistema startup europeo: la Brexit, le tensioni tra Stati Uniti e Cina, l’emergere di nuovi hotspot e la priorità dei Paesi in Europa quando si tratta di scaleup e di talento.
Stavolta l’Europa domina la classifica dei top 10 ecosistemi emergenti e ottiene 3 dei primi 5 posti per la connectedness: Londra, Berlino e Amsterdam stanno prosperando sulle loro relazioni internazionali, sui finanziamenti transfrontalieri e sullo scambio di idee. Ma l’impatto della Brexit sull’ecosistema delle startup non è ancora prevedibile: forse potrebbe portare a margini più grandi.
Dunque, le forze politiche globali possono anche influenzare gli ecosistemi tecnologici europei. Con la crescita dell’attrito tra Cina e Stati Uniti, l’Europa diventerà sempre più attraente non solo per il venture capital americano (come indicato dalla presenza europea di Sequoia e Tiger Global), ma molto probabilmente anche per gli investimenti cinesi. Gli investimenti asiatici in Europa hanno raggiunto un livello record all’inizio di quest’anno in termini di numero di accordi. Ogni receptivity di ogni Paese a questo extra-continental funding plasmerà il futuro degli ecosistemi europei.
Anche le priorità di espansione stanno cambiando: “una volta, se stabilivi la tua azienda nel Regno Unito, Francia e Germania, il 70% del tuo lavoro era fatto. Invece l’emergere di nuovi hotspot di alto livello in tutta Europa ha cambiato questa situazione: Dublino continua a prosperare grazie alla presenza di Big Tech e ai notevoli finanziamenti statali per gli imprenditori in early stage”, dice Brent Hoberman, co-founder and executive chairman of Founders Factory, Founders Forum and firstminute capital.
Attrarre talenti con competenze tecniche è vitale per il successo europeo. Ma c’è bisogno di più: garantire la creazione di una generazione di talenti tecnici diversificati. In merito, le partnership del settore pubblico e privato sono fondamentali: l’accesso gratuito alle scuole di coding con garanzie di lavoro per gli studenti di tutte le età, per esempio. Ogni Paese deve anche stabilire favorevoli processi di visto per imprenditori e talenti tecnici, per assicurarsi di poter competere tra talenti.
Il modo in cui i diversi Paesi risponderanno al finanziamento statale delle startup, all’afflusso di VC statunitense e cinese, alle conseguenze della Brexit, come sapranno realizzare terreni e ambienti favorevoli all’assunzione e alla formazione dei talenti, influenzerà l’evoluzione dei rispettivi ecosistemi e della loro capacità di creare aziende di successo, inoltre in Europa giocherà un ruolo fondamentale il processo di accelerazione verso la creazione di un ecosistema europeo, processo che vede direttamente impegnata la Commissione europea e che è ritenuto vitale dalla gran parte degli attori degli ecosistemi europei. (Photo by JOHN TOWNER on Unsplash )
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