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Di cosa si parla con la locuzione ‘economia dell’idrogeno’? Partiamo subito con un esempio. Recentemente, la società elettrica spagnola Iberdrola e la svedese H2 Green Steel hanno stretto un accordo per la realizzazione di uno dei più grandi impianti per la produzione di idrogeno verde che siano mai stati concepiti, che assorbirà un investimento pari 2,3 miliardi di euro. Il proposito è quello di dare vita a un impianto con una capacità di elettrolisi da 1 gigawatt che sarà utilizzato da H2 Green Stell per la produzione di acciaio a zero emissioni, che è poi la mission di questa società. Franco Bernabè, il noto manager attualmente a capo di Acciaierie d’Italia, la newco costituita dalla società pubblica Invitalia e dal gruppo siderurgico ArcelorMittal per gestire il polo ex Ilva di Taranto, prevede di trasformare l’acciaieria nel polo nazionale dell’idrogeno. Sono esempi del movimento esistente nel settore delle nuove energie alternative ai combustibili fossili, esempi di quella che potremmo definire ‘economia dell’idrogeno’, di cui in futuro vedremo moltissimi esempi.
Cos’è l’economia dell’idrogeno
Per economia dell’idrogeno si intende tutto l’ecosistema industriale e di servizi, i prodotti, le tecnologie e le competenze, che ruotano, oggi e sempre più in futuro, intorno alla risorsa ‘idrogeno’, in particolare quello verde. Con tale terminologia ci si riferisce anche al sistema economico, basato su questo vettore energetico, che contribuirà a soppiantare in futuro l’economia del petrolio. L’energia è alla base della moderna società, qualunque attività umana è oggi legata alle risorse energetiche: industrie di ogni genere, trasporti, vivere quotidiano, produzione di beni e servizi. Non è un caso che la stessa Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile dedichi l’obiettivo 7 ad ‘Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni’. Cioè, l’impegno deve riguardare l’energia pulita, ma anche l’allargamento dell’accesso, condizione per lo sviluppo di una società globale più equa e che cammini insieme. Tra le nuove tecnologie energetiche green, l’idrogeno è un ambito piuttosto discusso ed anche polarizzante negli ultimi tempi, la stessa Enel, non più tardi di qualche mese si è espressa con le parole del CEO Starace : “L’idrogeno oggi è una nicchia, ed è una nicchia che ha bisogno di svilupparsi in uno standard commerciale e in … grande industria, con prezzi competitivi”, segnalando che un tale cambiamento richiederà probabilmente almeno 10 anni. I fatti, però, stanno dimostrando che, grazie a un continuo sviluppo tecnologico e la disponibilità di ingenti capitali che sta arrivando in questo ambito anche dal settore privato e anche pubblico (anche con il Green deal europeo e il PNRR), i tempi potrebbero essere inferiori, o almeno, questa è la speranza. D’altro canto, l’emergenza climatica non ci offre 10 anni di tempo. Vi sono diversi tipi di idrogeno, prodotti in modo diverso, e diversi gli usi che se ne possono fare, ma quando parliamo di alternativa vera ai combustibili fossili dobbiamo parlare di ‘idrogeno verde’, detto anche ‘idrogeno sostenibile’.
A cosa serve l’idrogeno
La domanda è meno banale di quanto sembra, perché l’idrogeno non è una fonte energetica primaria come spesso si crede, bensì è quello che viene definito un vettore energetico e un combustibile, in quanto altamente infiammabile (come un gas). Attualmente il business dell’idrogeno (quindi il suo utilizzo) è, in termini globali, ragionevolmente piccolo, molto sporco e assolutamente cruciale. Riportava l’Economist, appena lo scorso ottobre: ‘Ogni anno si producono circa 90 milioni di tonnellate di questa roba, con un fatturato di oltre 150 miliardi di dollari, che si avvicina a quello della ExxonMobil, una (sola) società di petrolio e gas. Questo viene fatto quasi interamente bruciando combustibili fossili con aria e vapore – un processo che utilizza il 6% del gas naturale del mondo e il 2% del carbone ed emette più di 800 milioni di tonnellate di anidride carbonica, praticamente lo stesso livello di quelle della Germania. La natura cruciale di questo deriva da uno degli usi successivi del gas. Oltre ad essere usato per il trattamento del petrolio nelle raffinerie e per produrre metanolo da usare nella plastica, l’idrogeno è anche, in modo cruciale, usato per la produzione di quasi tutta l’ammoniaca industriale del mondo. L’ammoniaca è l’ingrediente principale dei fertilizzanti artificiali che rappresentano una parte significativa del raccolto mondiale”. L’economia dell’idrogeno, quindi, esiste già, ma non è per niente legata a quella rivoluzione verde che la maggior parte delle persone pensano. Può diventarlo? Questo è naturalmente l’auspicio, vediamo in quali modi potrebbe essere utile.
La caratteristica migliore è il fatto che quando viene utilizzato non genera emissioni di anidride carbonica e altri gas climalteranti, né emissioni dannose per l’uomo e per l’ambiente. Nella decarbonizzazione dell’industria potrebbe quindi essere davvero un change maker (se parliamo di idrogeno verde).
Come si produce l’idrogeno
Le emissioni di CO2 dell’idrogeno riguardano la sua produzione. L’idrogeno, infatti, benchè sia l’elemento più diffuso nell’universo (è il primo elemento chimico della tavola periodica), è praticamente impossibile sulla Terra trovarlo allo stato puro, è sempre legato ad altri elementi: per esempio l’acqua è formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, il metano è un atomo di carbonio e 4 di idrogeno. Per utilizzarlo è quindi necessario separarlo da altri elementi, e questo processo richiede energia. Attualmente si utilizzano principalmente due modi per produrre idrogeno:
- Steam Reforming: è un processo di produzione dell’idrogeno a partire dal metano;
- Elettrolisi: si tratta di un processo che prevede l’utilizzo di energia elettrica ed acqua ed il cui risultato è la produzione di idrogeno e ossigeno. Nel caso in cui l’energia elettrica venga prodotta solo tramite fonti rinnovabili è possibile considerare l’impatto dell’idrogeno sull’ambiente bassissimo. Per questo metodo si utilizzano gli elettrolizzatori.
Per la produzione in scala di idrogeno si utilizzano gigafactory con tanti elettrolizzatori, in Italia Snam sta progettandone uno.
Tipologie di idrogeno, dal nero al verde
In realtà l’idrogeno è sempre idrogeno, ma è la diversa modalità con la quale viene prodotto, e la quantità di CO2 che ne deriva, che determinano il suo essere definito nero, grigio, blu, viola e verde.
Idrogeno nero
Il peggiore da un punto di vista ambientale, viene estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale elettrica a carbone o a petrolio.
Idrogeno marrone
Si ottiene dal carbone, attraverso la gassificazione.
Idrogeno grigio
Attualmente rappresenta il 90% della produzione totale odierna: l’idrogeno si ottiene – principalmente per usi industriali – a partire da gas naturale (metano), attraverso un processo di conversione termochimica con produzione di CO2; oppure può essere lo scarto produttivo di una reazione chimica.
Idrogeno blu
Se alla modalità sopradescritta per l’idrogeno griogio, viene essere affiancata la tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) si ottiene idrogeno decarbonizzato, poichè l’anidride carbonica che risulta dal processo non viene liberata nell’aria.
Idrogeno viola
E’ quello prodotto dall’acqua con processo di elettrolisi usando la corrente prodotta da una centrale nucleare, quindi a zero emissione di CO2. Tuttavia, a causa degli alti costi, del problema scorie e del dibattito sempre aperto sul nucleare, è un’alternativa poco considerata.
Idrogeno verde
E’ prodotto a partire dall’acqua con il processo di elettrolisi, che prevede l’utilizzo di energia elettrica rinnovabile per “scomporre” l’acqua in idrogeno e ossigeno, senza produzione di CO2. Oggi si produce in questo modo solo il 4/5% dell’idrogeno globale, ma rappresenta la tipologia di idrogeno su cui punta anche la UE perchè appare la più ecologica, sebbene al suo interno si tenda a fare differenze di ‘verde’ tra maggiore e minore sostenibilità: i pannelli fotovoltaici, per esempio, darebbero energia più pulita dell’energia eolica, sebbene entrambi siano fonti rinnovabili. La produzione globale di idrogeno è quasi esclusivamente prodotta dagli idrocarburi. L’idrogeno grigio, marrone e nero costituiscono un 99,6% combinato della produzione globale. Quindi, anche se c’è una quantità enorme di attenzione per quanto riguarda l’idrogeno verde, al momento il suo peso è minimo in tutta la catena del valore (fonte: Wood MacKenzie). [infografica id=”110411″ class=”attachment-full infoImg infoImg-contain-width infoImg-contain-width-transform hide” ]
Applicazioni dell’idrogeno
Auto a idrogeno
Aerei a idrogeno
L’aereonautica è tra le industrie maggiormente interessate dalla rivoluzione dell’idrogeno. Diversi programmi sperimentali hanno utilizzato le celle a combustibile a idrogeno in progetti come il Pathfinder e l’aereo senza pilota a lunga durata Helios. Recentemente, Airbus ha svelato concetti per aerei “ZEROe” alimentati a idrogeno che utilizzano idrogeno liquido per alimentare motori a turbina a gas modificati. Da poco, la startup campana NEAE-GSI, che ha messo a punto un innovativo propulsore elettrico, con alimentazione a idrogeno, per aerei civili di grandi dimensioni, è stata incluso nella ‘pipeline’ di iniziative prioritarie della European Clean Hydrogen Alliance.
Treni a idrogeno
A settembre 2018 il primo treno a celle combustibili a idrogeno è entrato in servizio in Gemania su un percorso di 100 km che collega le cittadine di Cuxhaven, Bremerhaven, Bremervörde e Buxtehude, sostituendo locomotive diesel. Il Länder della Bassa Sassonia ha in progetto altri 14 treni all’idrogeno pronti ad entrare in uso entro il 2021 e sta ultimando la costruzione della prima stazione al mondo per il rifornimento dei treni passeggeri a idrogeno; mentre il Regno Unito sta progettandone altrettanti per il 2022. L’interesse crescente verso i treni all’idrogeno è dovuto al fatto che permettono di mandare in pensione i treni diesel (altamente inquinanti) senza dover per forza elettrificare la linea, operazione pesante ed economicamente costosa. Se si userà idrogeno verde, l’impatto ambientale sarebbe prossimo alle emissioni zero. Per questo anche l’Italia ci sta puntando con gli investimenti del Pnrr: Lombardia, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Calabria e Umbria sono le prime regioni apripista individuate dal Piano nazionale di ripresa per la sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto ferroviario. In Valcamonica c’è il progetto in fase più avanzata: Fnm – Ferrovie Nord Milano – ha già ordinato 6 treni a idrogeno ad Alstom – gruppo francese che opera nel settore ferroviario – con opzione per ulteriori 8 e prima consegna prevista a dicembre 2023. Il convoglio è interamente progettato e costruito negli stabilimenti italiani di Alstom.
Batteria a idrogeno
Quando si parla di batteria a idrogeno, ci si riferisce principalmente alla fuel cell o pila(o cella) a combustibile, cioè il dispositivo elettrochimico che permette di ottenere energia elettrica direttamente dall’idrogeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica (vedi paragrafo successivo). Un altro esempio riguarda le batterie nichel-idrogeno, una tecnologia d’accumulo i cui primi utilizzi risalgono già agli anni ’70 e al settore aerospaziale. L’alto costo non le ha rese finora commercialmente attraenti, ma viste altre qualità (richiede quasi nessuna manutenzione offrendo nel contempo una durata di vita molto più lunga rispetto le batterie a ioni di litio, possono gestire infatti più di 20.000 cicli di carica con un’efficienza energetica dell’85%), stanno ricominciando a essere terreno di ricerca. Per esempio, la startup statunitense EnerVenue vuole portare sul mercato mondiale dello storage fisso le batterie nichel-idrogeno e costruire negli Stati Uniti la sua prima Gigafactory. Le prestazioni delle batterie a idrogeno potrebbero rappresentare una svolta anche nel settore dei cellulari e dell’uso domestico e delle auto. A pensarci, le batterie al litio attuali non si evolvono da anni e sarebbe una bella notizia per l’ambiente trovare un sostituto molto più efficiente, pensando anche al boom dei veicoli elettrici. La startup australiana Lavo sta sviluppando (primi prototipi sul mercato) il Lavo Hydrogen Battery System, un nuovo modello casalingo basato su celle a combustibile a idrogeno che non si limita ad accumulare energia come una semplice batteria al litio, ma sfrutta l’energia elettrica in eccesso per svolgere l’idrolisi, ricavando così idrogeno dall’acqua. In pratica produce e accumula energia sfruttando le proprietà dell’idrogeno, creando un modello che potrebbe sostenere l’autoconsumo.
Economia dell’idrogeno: le tecnologie collegate
Abbiamo già accennato in precedenza alle batterie a idrogeno e a come si produce l’idrogeno, vediamo ora quali sono le tecnologie utilizzate nei veicoli.
Vantaggi e futuro dell’economia dell’idrogeno
L’idrogeno è ancora un settore con zone grigie e con diverse variabili da considerare, tra cui gli alti costi per la produzione di quello verde, l’unico su cui ha senso puntare da un punto di vista di decarbonizzazione e sostenibilità.
Idrogeno verde, l’unico green
L’idrogeno verde, l’unico davvero sostenibile, è l’idrogeno ottenuto per mezzo di un processo di elettrolisi dell’acqua, realizzato in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Si ottiene attraverso un processo di elettrolisi dell’acqua che libera l’idrogeno stesso dagli altri elementi con i quali è combinato. Per quanto possa sembrare un processo semplice, l’elettrolisi dell’acqua è ben nota da tempo, è la produzione su scala con grandi impianti, uniti allo sfruttamento delle energie rinnovabili, che costituiscono una grande sfida.
Vantaggi e prospettive dell’economia dell’idrogeno
Secondo la la Strategia europea sull’idrogeno lanciata l’8 luglio 2020, l’idrogeno ha il vantaggio di poter essere usato come materia prima, come combustibile o come vettore energetico e di stoccaggio, e cosa di massima importanza, non emette CO2 e quasi nessun inquinamento atmosferico quando viene usato. E’ quindi la soluzione per eccellenza per decarbonizzare i processi industriali e i settori economici in cui la riduzione delle emissioni è urgente e difficile da raggiungere. Altro vantaggio è il fatto che l’idrogeno verde può essere utilizzato potenzialmente in diversi settori, nell’industria, nei trasporti, nell’energia e nell’edilizia. L’idrogeno è pertanto considerato una delle soluzioni possibili nel processo di transizione energetica. Sicuramente, deve entrare a far parte dell’energy mix che dovrebbe portare l’Europa verso la decarbonizzazione, che certamente non può essere affida tutta all’elettricità rinnovabile. L’idrogeno ha un forte potenziale anche come vettore per lo stoccaggio di energia rinnovabile, insieme alle batterie, e per il trasporto, assicurando un back up per le variazioni stagionali e collegando i luoghi di produzione a centri di domanda più distanti. Come ben spiega si spiega nel documento Hydrogen roadmap Europe del 2019, stilata dalla Fuel cells and hydrogen joint undertaking (Fch Ju), partnership pubblico-privata a supporto delle attività di ricerca e sviluppo nel campo delle celle a combustibile e all’idrogeno, la crescita del mercato dell’idrogeno potrebbe creare in Europa entro il 2050 1 milione di posti di lavoro, diretti e indiretti. Ma soprattutto, c’è una strategia precisa e una grande aspettativa riposta nell’idrogeno verde per affrancarci dai combustibili fossili, gas compreso e al contempo far fronte a una richiesta energetica in aumento nel vecchio continente. L’idrogeno verde è probabilmente l’unica alternativa che garantisca una certa scala. Certamente è una forma di energia pulita su cui la società sta indirizzando molte aspettative, come la grafica elaborata da EniData ci dice. [infografica id=”110412″ class=”attachment-full infoImg infoImg-contain-width infoImg-contain-width-transform hide” ]
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