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Cosa sono i fondi ESG
Sono definiti fondi ESG quei fondi, aperti o negoziati in Borsa che, in base al prospetto informativo, alle normative, alle caratteristiche e strategie, dichiarano di concentrarsi sulla sostenibilità, in particolare sulle tre dimensioni ESG: Environment, Social e Governance. I fondi ESG investono in società che mirano ad avere un impatto sostenibile e sociale nel mondo, ad esempio, startup climatech o dell’economia circolare. Si tratta di un settore ancora in via di definizione, le stesse normative di riferimento lo sono (vedi la SFDR di cui fa parte anche la tassonomia europea) e probabilmente non sempre facili da ‘inquadrare’. La prima ambiguità riguarda la differenza che corre tra un fondo ESG e un fondo che investe inserendo nei propri criteri di valutazione anche i criteri ESG. Un altro elemento di confusione riguarda i fondi ESG e gli Investimenti socialmente responsabili detti anche SRI (acronimo di Social Responsible Investments), che sono molto simili ma hanno dei meccanismi ancora più stringenti sull’etica e i valori di riferimento dell’investitore. Dice a tal proposito MorningStar: “Il nostro universo di fondi sostenibili (ndr.: quelli che ha tracciato per il report) si basa sull’intenzionalità piuttosto che sulle partecipazioni. Ad esempio, un portafoglio può ottenere un buon punteggio in base alle metriche ESG, come il Morningstar Sustainability Rating, ma se le questioni ESG non sono al centro della strategia di investimento del fondo, questo non sarà incluso nel nostro universo. Per identificare l’intenzionalità, ci siamo basati su una combinazione di nomi di fondi (un forte indicatore di intenzionalità) e di informazioni trovate nei documenti del fondo. I documenti del fondo dovrebbero contenere dettagli sufficienti a non lasciare dubbi sul fatto che le preoccupazioni ESG occupano un posto di rilievo nel processo di selezione dei titoli e di costruzione del portafoglio”.
La SFDR
Non mancano le controversie sul tema dei fondi ESG. Con la SFDR, il regolamento europeo relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, i gestori dei fondi sono tenuti a un regime di divulgazione obbligatoria: i fondi sono stati suddivisi in categorie sulla base di sfumature più leggere o decise rispetto al committment sulla sostenibilità. In particolare, gli articoli 6, 8 o 9 in base agli obiettivi di sostenibilità, sono gli articoli spesso richiamati quando si parla di questo tema. I fondi dell’articolo 6 ‘integrano i richi di sostenibilità nel processo decisionale d’investimento’; gli articolo 8 “promuovono caratteristiche ambientali o sociali”, mentre regole più severe sono previste per i fondi dell’articolo 9, che hanno un “obiettivo di investimento sostenibile”. L’applicazione della normativa non è esente da ‘scivoloni’ . Lo scorso anno, nell’ultimo trimestre del 2022, c’è stato il più grande declassamento dei fondi sostenibili mai visto da quando sono entrate in vigore le nuove regole di divulgazione nel 2021. Secondo i dati di Morningstar, negli ultimi tre mesi del 2022 circa il 40% dei fondi è stato spostato dai gestori patrimoniali dalla categoria dell’articolo 9 a quella dell’articolo 8. Questa migrazione verso categorie meno rigorose è un fenomeno che si sta verificando in questi ultimi anni ed è influenzata dalle modifiche normative e dall’incertezza sulle modalità di definizione degli investimenti sostenibili. Riflette la continua cautela dei gestori di fondi, anche se i flussi verso i fondi sostenibili continuano ad aumentare in Europa.
Il rischio greenwashing
L’aumentare delle regole per la traspararenza e l’operatività dei fondi ESG, non sembra fino a ora aver impedito una distorsione inquietante nell’uso di queste risorse economiche. Secondo il report di Common Wealth thinktank, alcuni dei maggiori fondi ESG al mondo investono centinaia di milioni di dollari in società che utilizzano combustibili fossili (petrolio, gas, carbone). Il report fa i nomi di BlackRock e State Street o la britannica Legal & General, i quali sotto l’etichetta “ambientale, sociale e di governance” continuerebbero a investire in società che sono il nemico numero 1 della sostenibilità: tra febbraio e aprile di quest’anno, solo questi tre fondi hanno investito 1 miliardo di dollari (800 milioni di sterline) in obbligazioni emesse da società di combustibili fossili. [infografica id=”123266″ class=”attachment-full infoImg infoImg-contain-width infoImg-contain-width-transform hide” caption=”Fonte: Common Wealth”] L’analisi ha evidenziato che le attività di tanti fondi che si presentano come ESG, hanno in realtà solo una minima parte di investimenti con tali caratteristiche, i capitali vanno principalmente in società tecnologiche e finanziarie, piuttosto che nel cleantech. Un altro esempio riguarda il fondo ESG statunitense di punta Vanguard, un gigante della gestione patrimoniale, le cui prime cinque partecipazioni, che rappresentano oltre il 20% del patrimonio del fondo, sono Apple, Microsoft, Amazon, NVIDIA e Alphabet (Google) – piuttosto che aziende coinvolte nell’energia pulita, nei trasporti o in altri settori che stanno portando avanti la decarbonizzazione. E’ evidente che nella gestione dei fondi ESG (non tutti ci si augura), a dispetto delle normative applicabili, del nome che portano, delle strategie che dichiarano, la cultura dell’investimento è quella di sempre: ridurre rischio finanziario e massimizzare il profitto.
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